Giacomo Papi, il venerdì 18/9/2015, 18 settembre 2015
2015: LA CARICA DEI TURISTI SALVA IL PIL
MILANO. Pescoluse, Puglia, «le Maldive del Salento»: pur di conquistare un metro quadrato di spiaggia, la gente stende l’asciugamano sulla battigia, praticamente nel mare, e si sdraia sulla stoffa bagnata. Manarola, Liguria, Cinque terre: dall’alba al tramonto il trenino locale scarica armate di giapponesi spaesati che, prima di essere ricaricati sul treno e sparire chissà dove, si fermano a guardare i versi finali di Liguria di Vincenzo Caldarelli che campeggiano in lettere cubitali nel cimitero del borgo: O aperti ai venti e all’onde / liguri cimiteri! / Una rosea tristezza vi colora / quando di sera, simile ad un fiore /che marcisce, la grande luce / si va sfacendo e muore. Dati ufficiali non ce ne sono, solo sensazioni e numeri sparsi, ma tutti i segni convergono nel dire che in Italia, da mesi, è in atto un assalto di turisti italiani e stranieri.
In attesa che Istat e Banca d’Italia certifichino il boom (accadrà in autunno), bisogna affidarsi a dettagli e indizi parziali: Federalberghi parla di 4 milioni di italiani in vacanza a settembre (1 milione in più dell’anno scorso), e di 30 milioni tra luglio e agosto (+9 percento rispetto al 2014), la Cna Balneatori calcola un aumento medio sulle spiagge del 20 per cento, la lega Bed&breakfast una crescita del 10 per cento nazionale. A Milano e provincia, nel mese di agosto, si è registrato un 20 per cento in più di arrivi e un incremento del 34 per cento per gli alberghi, dovuti all’Expo che ha avuto punte di 130 mila visitatori al giorno. Alla ricerca dell’indizio perfetto, ho perfino interpellato la catena di materiale sportivo Decathlon che ha confermato che in effetti, sì, sono aumentate anche le vendite di maschere e boccagli.
Un boom del turismo in Italia non è una notizia economica tra le altre. E non è neppure un indicatore dell’umore del Paese, la prova di una generica voglia di ripartire, che pure ci sarebbe. È qualcosa di più. Perché il turismo è l’attività che da due secoli a questa parte, ha raccontato con più precisione e fantasia il Paese, dandogli una forma e mettendolo in scena nel mondo. Dai Gran Tour dell’Ottocento alle Vacanze romane di Gregory Peck e Audrey Hepburn fino alle ferie di massa degli anni Sessanta – con il loro apparato pop di pinne, fucili ed occhiali, sapori di sale e rotonde sul mare e il loro orribile lascito di cemento – dalle vacanze enogastronomiche in stile Slow Food degli anni Duemila fino alla Costa Concordia sdraiata tra gli scogli del Giglio, l’immagine dell’Italia è stata scandita dal modo in cui i viaggiatori l’hanno vissuta, voluta e immaginata. Le serenate in gondola, per esempio, furono la trovata di un impresario tedesco, Louis Stangel, che a fine Ottocento convinse i gondolieri veneziani a cantare anche in napoletano pur di fare felici i suoi clienti tedeschi. La terra dove fioriscono i limoni è il fortunato slogan di Goethe per la Sicilia. Le «camere con vista» sulle incantevoli colline toscane un’immagine di E.M. Foster. E le crociere un’idea di un altro tedesco, l’armatore ebreo Albert Ballin, che nel giugno 1833 fece salpare da Napoli «la prima nave turistica del mondo», battente bandiera del Regno Due Sicilie. «Il Francesco I è il più grande e il più bello di quanti piroscafi siansi veduti fin d’ora nel Mediterraneo!», proclamò entusiasta un quotidiano. Insomma, l’Italia è da sempre anche un’idea straniera. Delineare i tratti di un nuovo turismo potrebbe aiutare a intuire la forma che sta prendendo il Paese, e il suo modo di vivere e concepirsi.
I centri studio delle Camere di commercio sostengono che sia un fenomeno congiunturale, determinato soprattutto dal crollo del Nord Africa. La paura di attentati come quelli avvenuti in Tunisia ed Egitto, il drammatico spettacolo dei barconi che affondano e l’orrore dei video dell’Is hanno dirottato su Italia, Grecia e Croazia buona parte dei turisti low cost italiani e dell’Europa del nord che qualche anno fa avrebbero affollato villaggi vacanze come quelli di Djerba o Sharm el Sheik. Data la situazione, si può prevedere che, purtroppo, la congiuntura si riproporrà anche nella prossima stagione.
Ma oltre al turismo di massa continua a crescere molto al di sopra del 10 per cento anche il settore del lusso, nonostante la crisi della Russia. I miliardari russi, che lasciavano mance da 4.200 euro nei ristoranti della Versilia, oggi sono scomparsi, rimpiazzati da arabi e cinesi. Il secondo fattore è l’Expo di Milano, che ha avuto un effetto positivo trainando i movimenti interni, ma che dispiegherà i propri benefici soprattutto negli anni a venire come sempre accade con i grandi eventi. Nel prossimo anno si prevede un effetto intorno al 10 percento, come già è stato per il Giubileo del 2000. Il fatto che ne stia per incominciare un altro darà ulteriore spinta.
Ma accanto al turismo tradizionale e quello indotto dai grandi eventi, si intravede una trasformazione più strutturale che, in qualche misura, sta ridisegnando il Paese. L’impatto del turismo enogastronomico, per esempio, che cresce ininterrottamente da vent’anni, e la diffusione di strutture di ricezione private e capillari, stanno diffondendo il turismo anche in posti marginali, un tempo inesplorati e inesplorabili. Da una parte c’è il recupero dei borghi abbandonati, dall’altra la nascita di grandi ristoranti in zone poco battute (per dire: l’ultimo stellato, il Ristorante Reale di Niko Romito, si trova a Castel di Sangro, in Abruzzo, non certo una meta affollata). Oltre a una maggiore distribuzione sul territorio, accade che le stagioni non siano più quelle di una volta. Per fortuna. Si allungano e polverizzano, soprattutto grazie alle presenze straniere meno legate alle vacanze di luglio e agosto, ma anche ai cambiamenti nell’organizzazione del lavoro in Italia.
Ma il segno più lampante della trasformazione in corso, è il successo di Airbnb, che in Italia continua a crescere del 100 per cento all’anno ed è ormai al terzo posto nel mondo, dopo Stati Uniti e Francia. In Italia a lavorarci sono soltanto in dieci (più un altro centinaio a Dublino), ma le abitazioni che ha attratto sono già 180 mila case, dando da dormire a 3 milioni di persone. Il country manager si chiama Matteo Stornelli, è nato a Galatina nel Salento 29 anni fa. Nella sua vita precedente si è laureato in lettere e specializzato in restauro cinematografico. Osservata dalla sua prospettiva, l’Italia appare ancora da esplorare e inventare, nonostante l’affollamento demografico e gli scempi edilizi da cui è stata funestata.
«Oggi il turismo in Italia vale il 10 per cento del Pil», dice Stifanelli «e di certo la politica può sostenere il settore, ma per me un approccio centrale è sbagliato. La strada è delegare e dare responsabilità alle persone. Soltanto così si può raggiungere una capillarità vera, valorizzando anche zone al di fuori dei normali circuiti». Gli ultimi dati di Airbnb raccontano, per esempio, che nelle città, frequentate soprattutto da stranieri, i nuovi host nascono soprattutto nei quartieri ai margini, dove gli alberghi non ci sono. Ma la crescita maggiore avviene per il mercato interno, in regioni come la Liguria, il Trentino, la Puglia e la Sicilia, ma in località meno conosciute, spesso non proprio al centro o sulla via del grande flusso. «Ed è evidente», spiega Stifanelli, «che più si distribuiscono le presenze, sul territorio e durante l’anno, meno stress turistico si avrà sulla zona». Lo spazio si allarga e il tempo si allunga, senza posare altri metri cubo di cemento. È una buona notizia. Ma se l’Italia sta progressivamente abbandonando la propria vocazione industriale, per farsi attrarre dall’orbita dei servizi, e del turismo in particolare, non può adagiarsi sul fatto che tanto i turisti verranno comunque.
«Quest’estate ho portato in Toscana i genitori della mia fidanzata, che è coreana», racconta Stifanelli. «E siccome in Corea sono abituati a mangiare frutta al mattino, ho chiesto alla padrona di casa se avesse delle mele. Mi ha risposto che potevamo andare nell’orto e cogliere tutto quello che volevamo. C’erano fichi, pesche, melograni, roba che in Corea non esiste o costa tantissimo. Per i miei suoceri è stato indimenticabile. Ma la signora non si era neppure resa conto che il suo giardino fosse una cosa così bella e preziosa». L’Italia le assomiglia. Non sa ancora ciò che possiede.
Giacomo Papi