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 2015  settembre 18 Venerdì calendario

COSI’ LA FED ALIMENTA L’INCERTEZZA

La banca centrale statunitense, dopo aver consentito settimane di incertezza quasi senza precedenti, ha lasciato invariati i tassi e non ha deciso di riassorbire dai mercati la liquidità che sovrabbonda. Lo ha fatto con un comunicato e una conferenza stampa molto vaghi, dove non c’è sforzo per orientare le aspettative dei mercati. Nonostante il buon tasso di crescita americano, si accenna a residue debolezze dell’economia che potrebbero giustificare il non rialzo dei tassi solo se questi fossero oggi a livelli normali, mentre sono a zero. Ma, anche senza alzare i tassi, ieri si poteva preannunciare con chiarezza un prossimo graduale percorso per normalizzarli. La Fed continua invece a riservarsi la libertà di decidere a seconda dei dati congiunturali che verranno, senza spiegare come li leggerà. Libertà di navigazione a vista, e con una vista corta. Questa non è una banca centrale indipendente: è un’istituzione che non è in grado di prendere impegni.
Da tempo la politica monetaria americana si muove senza una regola chiara e fa annunci che poi non mantiene. Non si capisce quanto decida guardando all’inflazione, quanto al tasso di crescita dell’economia, alla disoccupazione, ai prezzi di borsa, alle bolle speculative, al cambio del dollaro, alle ripercussioni delle sue mosse sulle altre monete e sull’economia globale. Si intuisce che subisce pressioni dagli esportatori americani che preferiscono il dollaro debole, dagli operatori finanziari che non disprezzano prezzi di borsa rigonfi, e dai politici che vogliono finanziarsi a buon mercato e regalare credito facile a tutti.
In questo caso c’è stata anche la scusa di non voler peggiorare l’economia cinese, nei confronti della quale è ben nota la … solidarietà degli Usa. Quando una banca centrale decide in modo opaco e perde credibilità, la sua efficacia nell’influenzare l’economia diminuisce.
Ciò è tanto più grave nell’attuale situazione monetaria del mondo, che è anomala; gli operatori hanno bisogno di sapere quando e come verrà normalizzata. C’è un’eccessiva quantità di liquidità, che ristagna in modo inutile o alimenta speculazioni pericolose. I tassi di interesse a breve termine sono vicini allo zero o, addirittura, negativi. La liquidità gratuita non è un incentivo a trovare investimenti reali con elevata produttività. Infatti la produttività ristagna quasi dappertutto e le prospettive di crescita a medio-lungo termine peggiorano. I debitori sono favoriti, mentre i creditori-risparmiatori hanno difficoltà a trovare impieghi che diano un rendimento decente senza costringerli a correre rischi imprudenti. Stampare più moneta e abbassare i tassi può servire a stimolare l’economia per un breve periodo, ma è un’arma che si spunta presto e si trasforma in una droga che addormenta la crescita, rallenta le ristrutturazioni e le riforme, peggiora l’allocazione delle risorse.
In questa «trappola della liquidità» siamo caduti perché la crisi del 2008 ha richiesto una violenta espansione della liquidità e un abbattimento del suo costo. Ma la cura doveva durare poco e dovevano subentrare le politiche «reali», quelle davvero in grado di curare i mali della crescita instabile e diseguale: nuove regolazioni dei mercati finanziari, dei beni e del lavoro, correzioni di una distribuzione dei redditi da tutti giudicata ingiusta e insostenibile, riforme radicali delle tassazioni e delle finanze pubbliche, ristrutturazioni aziendali, incentivi all’innovazione e strategie di investimento, nuova cooperazione internazionale. Invece abbiamo insistito troppo a lungo con la moneta facile. La politica della Fed americana è stata senza dubbio quella che ha finito per trascinare nella trappola tutte le altre.
Sarebbe ora suo il difficile compito di guidare, con prudenza ma con coraggio e chiarezza, il graduale cammino di uscita dalla trappola. Dovrebbe indicare la regola con cui muoversi in questa marcia verso la normalità. E dovrebbe poi seguire davvero la regola, in modo da recuperare la credibilità quando preannuncia le sue intenzioni. Non dev’essere una regola rigida e, probabilmente, fino a che la situazione non si normalizzerà, non può nemmeno essere la regola perfetta. Ma deve guardare lontano e non lasciare la banca centrale in completa balia dei dati di breve, senza predeterminare il modo con cui interpretarli. Il compito principale della politica monetaria è assicurare un’ancora alla stabilità monetaria e finanziaria. Purtroppo la decisione di ieri contribuisce invece ad alimentare l’incertezza e perciò l’instabilità.