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 2015  settembre 16 Mercoledì calendario

ESTONIA, LETTONIA, LITUANIA: COME VIVERE FRA I GIGANTI


Da un articolo del Corriere ho appreso che The Moscow Times si domanda se la dichiarazione d’indipendenza dei Paesi baltici dall’Urss sia legale. Vuole riepilogare le vicende che portarono i Paesi baltici nell’orbita russa
e come si arrivò alla indipendenza? A quanto sembra, è un’area ancora contesa, viste le provocazioni russe denunciate e le richieste all’Occidente di potenziare i sistemi di difesa.
Valentina Micillo
micillovalentina@gmail.com

Cara Signora,
Non credo che gli argomenti giuridici del giornale russo siano convincenti e non saprei riassumere, nel breve spazio di questa pagina, la complicata storia delle popolazioni baltiche che hanno abitato queste terre nel corso dei secoli. Posso dirle tuttavia che i lituani, i lettoni e gli estoni hanno avuto una sorte comune: quella di vivere all’incrocio fra grandi imperi e gruppi nazionali più importanti e numerosi: i polacchi, i tedeschi, gli svedesi e i russi. La storia dei baltici è stata quindi per molto tempo un capitolo in quella dello Stato o gruppo nazionale che esercitava nella regione una maggiore influenza.
Soltanto i lituani furono per qualche generazione un ducato indipendente e per un breve periodo estesero addirittura il loro potere sino al Mar Nero. Ma il matrimonio, nel 1386, fra un principe lituano e la regina polacca, creò una unione personale in cui la Polonia divenne rapidamente il «fratello maggiore». I lituani furono convertiti al cattolicesimo, l’aristocrazia lituana divenne un ramo dell’aristocrazia polacca e molti scrittori lituani, fra cui Adam Mickiewicz, scelsero di scrivere in polacco le loro opere. Legata così strettamente alla Polonia, la Lituania ne condivise il destino e divenne, alla fine del XVIII secolo, una provincia russa.
L’Estonia e la Livonia (oggi parte integrante della Lettonia) furono province svedesi fino al trattato di Nystad, nel 1721, quando divennero russe. Le popolazioni erano in buona parte di origine finnica, ma i proprietari terrieri appartenevano alla piccola nobiltà della Prussia orientale, mentre la borghesia mercantile, anch’essa prevalentemente tedesca, aveva stretti rapporti con le città anseatiche.
Il «risveglio» nazionale, come tutti i Risorgimenti del XIX secolo, fu un fenomeno romantico e culturale. Si formarono circoli politici che rivendicavano l’uso della lingua locale e chiedevano maggiore autonomia per la loro piccola patria nell’ambito dell’impero zarista. La Grande guerra, i 14 punti di Wilson e la rivoluzione russa del febbraio 1917 autorizzarono maggiori speranze. Ma l’esercito tedesco, benché sconfitto in Occidente, continuava a presidiare combattendo i territori conquistati in Ucraina e nel Baltico; mentre la Polonia, nuovamente indipendente, rivendicava il possesso della Lituania. Gli Alleanti si divisero . La Francia era favorevole alla costituzione di tre repubbliche indipendenti — Estonia, Lettonia e Lituania — per arginare l’avanzata del comunismo verso l’Europa centro-occidentale. La Gran Bretagna avrebbe preferito attendere la fine della guerra civile in Russia fra i rossi e i bianchi, per trattare la sorte del Baltico con il vincitore. Prevalse alla fine la linea francese e le tre repubbliche ottennero l’indipendenza nel 1920. Con il senno di poi non è difficile immaginare perché Stalin, nel momento in cui la Germania s’impadroniva di una larga parte della Polonia, abbia deciso di rafforzare le sue frontiere occidentali annettendo Estonia, Lettonia e Lituania. L’esperienza insegna che la migliore garanzia d’indipendenza per le repubbliche del Baltico è la neutralità, non l’appartenenza alla Nato.