Elisabetta Colombo, Playboy 9/2015, 16 settembre 2015
QUANDO IL POTERE HA I TACCHI A SPILLO
È la preferita dai camionisti. L’avreste mai detto con quella sua aria snob che si ritrova? E non solo la loro, a dirla tutta. C’è, infatti, addirittura chi – abbiamo verificato in prima persona – la vede, nelle sue fantasie erotiche, anche in stuzzicanti mise sadomaso. Ma forse è proprio questo che intriga. Quella sua aria da perfettina che apparentemente nulla o forse molto ha a che vedere con l’immaginario generale che ruota attorno al “rude” mondo dei truckers. Personalmente, da donna a donna, Laura Boldrini non mi piace, perché, a prescindere dalla politica, penso che sia quel tipo di donna lontano anni luce dalla maggior parte di noialtre, comuni mortali: l’aria perfettina, il nasino impertinente, il sorrisetto accattivante che va bene per ogni occasione, i tailleurini senza tempo, nessuna sbavatura di stile, il capello sempre in ordine, le pose da principessa “tumistufi”. Insomma miss perfezione fatta persona! Eppure un sondaggio di qualche tempo fa lanciato dal sito MarieClaire.it proprio fra gli autotrasportatori l’ha vista conquistare addirittura il primo posto nelle preferenze, a notevole distanza da donne come la Ferilli o la Marcuzzi.
Che è successo? È successo che lei gli uomini “li turba” con quella sua aria apparentemente docile, in realtà dominatrice. Il potere, l’esercizio del potere da parte di una lei ha sempre il suo fascino e a ciò si aggiunge il fatto che il 30% di coloro che l’hanno messa in testa alla classifica lo hanno fatto perché è “una donna bella e intrigante, perché è da scoprire, con i suoi completi che non lasciano intravedere le forme”. Chiaro, no? Appunto, cosa c’è dietro? Oggi difende le donne, si scandalizza per quelle che definisce “aggressioni sessiste” sul web che scattano “quando una donna riveste incarichi pubblici”, e lancia campagne contro lo sfruttamento dell’immagine femminile negli spot e nei programmi, felice di aver cancellato Miss Italia dai palinsesti Rai. Eppure nel 2013 quelli di Striscia le hanno affibbiato un bel Tapiro per la sua partecipazione, nel lontano 1988, come assistente di produzione al programma Cocco firmato da Pier Francesco Pingitore, lo stesso del Bagaglino, quello in cui le “Spogliatelle” (e il nome dice tutto) cantavano in coro: “Cocco, cocco de mi vida la mia bocca ancora grida”.
UN PO’ SANTA E UN PO’ PECCATRICE
Detto questo a me sembra una donna di forma più che di sostanza. Oddio, è la mia opinione, ma curiosando tra i commenti della sua pagina Facebook mi sembra di essere in buona compagnia. Andiamo con ordine. Quando spunta sulla scena politica italiana, nel 2010, pochi sanno chi è davvero. Lei vuole proporsi come la salvatrice dell’umanità: profughi, derelitti, minoranze, emarginati sono il suo pane quotidiano. Le manca solo una bella aureola.
Però il mondo è crudele, si sa, e subito c’è chi va a scavare dietro le apparenze per concludere che la Boldrini la sua carriera se l’è ben costruita, non certo mangiando alle mense della Caritas ma piuttosto cenando nei salotti che contano. Politicamente proviene dalle fila del Sel di Nichi Vendola, cosa che in quel momento dà al suo impegno quel tocco di enfasi in più. Considerati i guai in cui anche Vendola è finito forse oggi si sarebbe scelta un altro pigmalione. Dunque, prima di arrivare alla Camera ha avuto una rapida e folgorante carriera internazionale, sulla quale i maligni hanno insinuato parecchio, ma proprio lei che è stata portavoce all’Unhcr, Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, una volta insediata alla Camera scivola sulla nomina del suo portavoce, Roberto Natale, giornalista Rai, sindacalista Usigrai di lungo corso ma, guarda caso, trombato eccellente proprio nelle liste di Sel, le stesse in cui la Boldrini è stata eletta. Ecco, la Boldrini piace perché è un po’ santa e un po’ peccatrice e non piace per lo stesso identico motivo.
UNA CARRIERA SUL VELLUTO
Nata a Macerata, classe 1961, laurea in Giurisprudenza, giornalista, la Boldrini lavora in Rai, poi dal ‘93 al ‘98 è portavoce per l’Italia del Programma Alimentare Mondiale (WFP) e nel 1989 comincia la sua carriera all’Onu: quattro anni alla Fao, dove si occupa della produzione video e radio, poi portavoce Unhcr (carica, sostennero i più maligni a suo tempo, creata apposta per lei) con diverse missioni in luoghi di crisi. È in quel periodo, quando fa sottili disquisizioni semantiche sulle parole immigrati, profughi e clandestini, con quel tono da maestrina che non ha mai abbandonato e nel quale gli uomini trovano grandi note di seduzione, che viene duramente attaccata dall’allora ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che durante una manifestazione elettorale a Milano, parlando di respingimenti, la bacchetta: «O è disumana, e io l’accuso, perché pretende che li teniamo per mesi rinchiusi nei centri per poi espellerli, oppure è criminale perché vuole eludere la legge e vuole che una volta in Italia scappino e si sparpaglino sul territorio».
I ruoli sono rimasti tali e quali: lei non si è mossa di una virgola, svicolando dai problemi sempre più grossi che i flussi migratori stanno provocando; la destra non ha smesso di attaccarla per quel tono da santa protettrice di tutti tranne che dei “poveri cristi” italiani senza lavoro, senza casa e senza soldi.
In ogni caso c’è in donna Laura un non so che di contraddittorio: come si fa a essere così perfettine mentre si difende la causa dei profughi, o immigrati, o clandestini che dirsi voglia? Insomma, non ha l’aria di una che si mescola, condivide, soffre, appoggia, abbraccia. Lei ha sempre l’aria di una che guarda dall’alto in basso, giudica, comprende, ma con distacco.
È l’aria del potere e il potere, si sa, è sexy. Del resto miss Laura arriva da una famiglia tradizionale, solida, padre avvocato e molto religioso, fa esperienze di volontariato, quelle che piacciono tanto a certi circoli radical snob, dopo la maturità vola nelle risaie del Venezuela e poi si regala un lungo viaggio in tutto il Centroamerica. Insomma. cose che ai più sono precluse. In sintesi: la accusano di essere privilegiata.
Quando arriva alla Camera con quella giacchetta nera un po’ striminzita (noi donne siamo fatte così: notiamo tutto) sembra che voglia dire: non me ne frega del look, ora sono una donna di potere. Potere raggiunto con una bella strada spianata, fomentano i maligni, ma gli ammiratori la trovano intrigante. Così, terza donna dopo Nilde Iotti, un’icona, e Irene Pivetti, la pasionaria, Laura Boldrini conquista lo scranno di presidente della Camera, terza carica dello Stato.
PIOGGIA BATTENTE SU LAURA
Di critiche la Boldrini, come ne riceve d’altronde sempre chi è in politica (non si può piacere a tutti, è una delle poche certezze a questo mondo!), ne piovono. Ma lei, imperterrita, continua a mantenere il suo ruolo, come quando, nel 2014 si presentò alla Grande moschea di Roma con un velo in testa e un saluto arabo, dichiarando «Qui mi sento a mio agio e non ho paura». Gran colpo a effetto e inevitabili polemiche.
È sempre lei a condurre il gioco, con grande abilità e furbizia dietro agli occhi da cerbiatta (quelli che piacciono tanto agli uomini).
Di recente, intanto, la Presidente è apparsa, facendo peraltro una gran bella figura, in bikini sulle pagine dei giornali durante una vacanza in Grecia: in forma, con una scollatura generosa, esce dall’acqua con la stessa apparente noncuranza che esibisce in altre situazioni, un altro elemento che intriga, e non poco, il sesso maschile. Piccola parentesi in una vita privata molto abbottonata. Smesso il bikini e rimesso il tailleur, continua a voler sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema caldo di questo periodo, quello dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Ma è passato poco più di un anno da quando sollevò l’indignazione del Coisp, sindacato della Polizia di Stato per la sua scorta: 27 uomini impegnati a garantire la sua incolumità le fecero conquistare un altro record, quello di donna più scortata d’Europa, con un costo per i contribuenti italiani di oltre un milione e centomila euro l’anno. “Un’offesa allo Stato, alle Istituzioni e a tutti gli italiani” denunciò il sindacato, facendo notare anche che le forze dell’ordine sono chiamate non solo a proteggere la Presidente Boldrini ma pure il compagno e, quando si trova sul territorio italiano, persino la figlia che studia all’estero. Non sappiamo se oggi la sua scorta sia aumentata o diminuita, ma sappiamo che il compagno è il giornalista Vittorio Longhi, undici anni più giovane di lei (guarda caso il secondo giornalista della sua vita, dopo il marito da cui ha avuto la figlia Anastasia), lo stesso che la accompagnò in Sudafrica per i funerali di Mandela, scatenando qualche illazione sull’uso del volo di Stato, bollata dalla presidente come “arretratezza sessista”.
La Boldrini insomma, piaccia o non piaccia, incarna le contraddizioni della politica: sta con i rifugiati ma vive in un bell’appartamento spazioso, lontano anni luce dalla realtà di quei poveracci, oppure tesse le lodi, com’è anche giusto che sia per carità nei confronti dei personaggi che nobilitano il nome dell’Italia nel mondo, di personaggi come Giorgio Armani. Che, raccontando di aver ricevuto di recente una sua telefonata, ha detto: «Mi ha ringraziato per il mio lavoro per l’Italia, mi ha chiamato per dirmi che apprezza quello che faccio e mi ha detto “come lei vorrei averne tanti”. L’ho apprezzato molto». Certo, una donna come lei chi poteva chiamare a simbolo dell’Italia che lavora, un anonimo operaio? Chiamare Giorgio è molto più chic, e sensuale...