Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  settembre 16 Mercoledì calendario

VIGNETTE SU AYLAN: ORA NESSUNO È PIÙ CHARLIE

PARIGI Erano in prima fila alla grande marcia per la difesa della libertà d’espressione, svoltasi l’11 gennaio a Parigi. Erano lì a gridare «Je suis Charlie» per manifestare la loro prossimità con i superstiti della strage islamista perpetrata dai fratelli Kouachi. Continuate con la vostra satira estrema, borderline, provocatoria, noi siamo con voi, dicevano. Ma sono bastati soltanto otto mesi ai grandi sostenitori di Charlie Hebdo, anche ai più oltranzisti, per cambiare sponda e tappezzare le loro bacheche Facebook e i loro profili Twitter con l’hashtag #JenesuispasCharlie. Ma come, è già finito il solidarismo e la difesa della libertà di satira sempre e comunque anche quando vengono toccati temi infiammabili come la critica all’islam?
Pare proprio di sì, stando a vedere le reazioni scomposte scatenate dalle ultime vignette pubblicate dal settimanale satirico francese. All’interno del numero uscito il 9 settembre scorso, Riss (Laurent Sourisseau, direttore della rivista) e compagni hanno pensato di consacrare una serie di vignette alla morte del piccolo Aylan Kurdi, il bambino di tre anni in fuga dalla Siria trovato morto sulla spiaggia di Bodrum, la cui foto ha fatto il giro del mondo. In tutto sono dodici, una più pungente dell’altra, presentate dal giornale con il titolo: «Benvenuti ai migranti!». Su una di esse, firmata
dal direttore Riss, si vede il cadavere di Aylan con accanto la scritta: «Così vicino all’obiettivo...». Poco più in là, sullo sfondo si staglia l’obiettivo: «Promozione! Due menù per bambini al prezzo di uno», una pubblicità di McDonald’s con il faccione del celebre clown della multinazionale americana. Un’altra vignetta mostra il piccolo Aylan con la faccia riversa sulla sabbia e la cartella sulle spalle sovrastato dal titolo: «C’est la rentrée», è il rientro scolastico. Ma la caricatura che ha suscitato maggiori polemiche è quella che raffigura Gesù con le
braccia aperte accanto a un bambino che sta affogando. La leggenda è tranchant: «La prova che l’Europa è cristiana. I cristiani camminano sulle acque, i bambini musulmani affogano». Tutto molto Charlie Hebdo, tutto in linea con la politica della redazione, secondo cui non esistono limiti, né tabù nell’ambito della satira. Ma sui social network, tanto in Francia quanto al di fuori dei confini è scoppiata la rabbia, al punto da far scrivere a molti internauti #JeNeSuisPasCharlie (che hanno anche accusato la rivista di «razzismo» e «xenofobia»), come se fosse la prima volta che Charlie Hebdo supera i limiti del sopportabile. Dall’Inghilterra le critiche più virulente. Il Daily Mail ha scritto ieri mattina che Charlie Hebdo è già stato denunciato per “razzismo”, senza precisare l’autore della denuncia. Un’organizzazione britannica, la Society of Black Lawyers, conta anch’essa di portare la rivista dinanzi al giudice per «incitamento all’ intolleranza e alla persecuzione». Il presidente dell’organizzazione, Peter Herbert, ha definito Charlie Hebdo «razzista e xenofobo (...) rappresentativo della depravazione dei costumi nella società francese».