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 2015  settembre 16 Mercoledì calendario

ASSICURAZIONI E LIQUIDI ALL’ESTERO COME SI PROTEGGONO LE IMPRESE


Le nuove regole sul salvataggio delle banche, vale a dire il bail in, stanno suscitando interesse di lettori e clienti di banca. Da gennaio 2016 entra in vigore anche in Italia la riforma europea che prevede il coinvolgimento di azionisti, obbligazionisti e correntisti degli istituti. Ecco un’altra serie di domande e risposte.

Quali rischi corrono le imprese con il bail in?
Sulla carta, le nuove procedure di risoluzione delle crisi bancarie non fanno differenza tra tipologie di clienti. Tuttavia, tenendo conto che i conti correnti eventualmente chiamati a contribuire al risanamento di un istituto sono solo quelli con saldo superiore a 100.000 euro (e per la parte eccedente tale soglia), si comprende facilmente che «salvadanai» così ricchi sono in buona parte delle aziende e non delle famiglie.
Le imprese hanno qualche via per proteggersi?
Quelle più grandi possono valutare forme di assicurazione oppure scegliere di portare parte della liquidità Oltreconfine.
Esistono Paesi e ordinamenti con regole meno severe?
Regole più soft sono presenti in Montecarlo, Liechtenstein e Svizzera: di fatto sono in vigore le vecchie regole italiane ed esiste un articolato sistema di tutele dei depositi, cioè un fondo che copre fino al tetto di 100.000 euro i correntisti di una banca, in caso di default. Superato quel limite non esistono protezioni specifiche. Ma da quelle parti la regolamentazione «locale» non fa nemmeno scattare le pesanti tagliole che a Bruxelles hanno deciso di introdurre per gli istituti di credito europei. Anzi. Le banche di quei Paesi assicurano comunque garanzie ulteriori: obiettivo, del resto, è incentivare i clienti, specie quelli più facoltosi.
E le pmi cosa possono fare?
Per chi ha fino a 1 milione di euro, a esempio, la soluzione più semplice è suddividere la liquidità in più conti correnti in diverse banche in modo da non superare (o superare di poco) la soglia dei 100.000 euro. Una alternativa è acquistare quote di fondi monetari, solitamente liquidabili in pochissimo tempo.
A quanto ammonta il totale dei fondi delle imprese nei conti correnti bancari?
Gli ultimi dati della Banca d’Italia dicono che a luglio 2015, l’ammontare complessivo dei conti correnti intestati ad aziende era pari a 263 miliardi di euro: circa 48 miliardi miliardi sono delle aziende familiari e altri 215 miliardi delle imprese. Tale cifra è in aumento di oltre 13 miliardi rispetto al 2014 (+5%). Non si tratta, ovviamente, di soldi a rischio.
Parecchi quesiti arrivati in redazione riguardano ancora l’impatto sulle persone fisiche delle nuove norme europee sui crac degli istituti. Eccone uno: in caso di fallimento delle banche vengono coinvolti anche i titoli di Stato di proprietà del cliente?
No. Il meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie riguarda due categorie di titoli e prodotti: da una parte le azioni e le obbligazioni di un istituto in fallimenti, dall’altra conti correnti (oltre la soglia dei 100.000 euro) detenuti nel medesimo istituto. I titoli di altri emittenti (Stato, imprese o altre banche) sono al sicuro.
Chi gestirà le procedure di crisi bancarie in Italia?
Il decreto legislativo messo a punto dal governo ha designato la Banca d’Italia: sarà dunque l’istituto guidato dal governatore Ignazio Visco a occuparsi delle risoluzione delle crisi.
Bankitalia avrà poteri speciali?
Valutate le circostanze specifiche, l’istituto di via Nazionale potràdi fatto «graziare» alcuni titoli dalle procedure di bail in. Tali deroghe potrebbero essere motivate con la necessità di salvaguardare l’intero settore bancario e metterlo al riparo da crisi sistemiche. Ieri proprio da Bankitalia è arrivato un monito agli istituti: i titoli rischiosi andranno venduti solo a investitori istituzionali o esperti, non più ai piccoli risparmiatori.
Le azioni e le obbligazioni di una banca sono diventate più rischiose di prima?
Le caratteristiche sono le stesse. Si tratta in tutti e due i casi di titoli che presentano, salvo casi specifici, alcuni margini di rischio. Già oggi, in teoria, il capitale non è garantito al 100 per cento. Tuttavia, il bail in impone a chi investe un grado di informazione superiore e una maggiore consapevolezza.
Che cosa accade, in particolare, ai bond di una banca in bail in?
Chi possiede un’obbligazione bancaria spiega la Banca d’Italia «potrebbe veder convertito in azioni e/o ridotto (in tutto o in parte) il proprio credito, ma solo se le risorse degli azionisti e di coloro che hanno titoli di debito subordinati (cioè più rischiosi) si sono rivelate insufficienti a coprire le perdite e ricapitalizzare la banca, e sempre che l’autorità non decida di escludere tali crediti in via discrezionale, al fine di evitare il rischio di contagio e preservare la stabilità finanziaria».
Esistono banche già oggi sotto procedura di salvataggio degli istituti in difficoltà?
No, perché le nuove regole entrano in vigore a gennaio 2016. Al momento, risultano 19 intermediari in situazioni di crisi. Si tratta di 15 banche (Istituto per il credito sportivo, Cassa di risparmio di Ferrara, Banca delle Marche, Bcc Irpina, Cassa di risparmio di Loreto, Banca popolare dell’Etna, Banca padovana credito cooperativo, Cru di Folgaria, Credito trevigiano, Banca popolare delle province calabre, Cassa di risparmio della provincia di Chieti, Banca di Cascina, Bcc Banca Brutia, Bcc di Terra d’Otranto, Banca popolare dell’Etruria e del Lazio) e 4 soggetti non bancari (Medioleasing, Commercio e finanza, EstCapital sgr, Prisma sgr).
Quando viene attivato il nuovo sistema di risoluzione delle crisi bancarie?
L’autorità di risoluzione, dà il via al bail in come spiegato dalla Banca d’Italia in quattro circostanze: «quando la banca è in dissesto o a rischio di dissesto (a esempio, quando, a causa di perdite,
l’intermediario abbia azzerato o ridotto in modo significativo il proprio capitale); quando non si ritiene che misure alternative di natura privata (quali aumenti di capitale) o di vigilanza consentano di evitare in tempi ragionevoli il dissesto dell’intermediario; quando sottoporre la banca alla liquidazione ordinaria non permetterebbe di salvaguardare la stabilità sistemica, di proteggere depositanti e clienti, di assicurare la continuità dei servizi finanziari essenziali e, quindi, la risoluzione è necessaria nell’interesse pubblico».
Il bail in è la prima alternativa alla risoluzione delle crisi?
Il bail in è di fatto l’opzione estrema. Come si legge nei documenti di Bankitalia, prima di svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali, l’autorità di risoluzione, cioè la Banca d’Italia, ha tre alternative: «vendere una parte dell’attività a un acquirente privato; trasferire temporaneamente le attività e passività a un’entità (bridge bank) costituita e gestita dalle autorità per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato; trasferire le attività deteriorate a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli».