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 2015  settembre 15 Martedì calendario

IL DOLLARO CADE ASPETTANDO LE MOSSE FED

NEW YORK
La Federal Reserve riunisce da domani il suo vertice di politica monetaria e giovedì arriverà il verdetto: se Janet Yellen e i suoi colleghi del Fomc daranno o meno ascolto alle previsioni e pressioni oggi maggioritarie, che invocano tassi d’interesse americani invariati a zero temendo altrimenti scosse eccessive ai danni dei mercati come di un’economia globale incerta. E nel clima di attesa ormai spasmodica tra gli operatori, sono state ieri le piazze valutarie a offrire nuove indicazioni sui pronostici: il biglietto verde, puntando su un costo del denaro ancora inchiodato ai minimi, è rimasto sotto pressione nei confronti delle principali valute.
Dai massimi da dodici anni raggiunti in marzo, la divisa statunitense ha battuto in ritirata sotto il peso delle incognite sull’espansione e delle successive ipotesi di rinvio nel rialzo dei tassi. Il dollar index, da quei picchi, ha ceduto il 5 per cento. Ieri il dollaro ha perso un altro 0,4% sulla valuta giapponese, a 120,96 yen. Ha invece guadagnato un leggero 0,3% sull’euro, a 1,13 dollari, contro il quale ha però toccato di recente i livelli più bassi da due settimane e mezzo.
«La Fed deve preoccuparsi delle prospettive dell’economia americana», ha detto Ron Simpson, responsabile valute di Action Economics nello spiegare la discesa del dollaro a fianco del calo nelle chance di una normalizzazione delle politica monetaria. Una preoccupazione che non può che aumentare davanti alle scosse in arrivo dall’economia globale a cominciare dalla Cina. «La situazione può imporre alla Fed di riconsiderare qualunque proposito di stretta», ha aggiunto Neil Mellor, Fx strategist di Bank of New York Mellon. Gli analisti di Brown Brothers Harriman, oltretutto, hanno precisato che neppure un mini-rialzo ora potrebbe rilanciare davvero la corsa del dollaro, soprattutto se sarà accompagnato da un ridimensionamento delle aspettative per l’economia e future strette monetarie. Soltanto una estremamente improbabile decisione di manovre aggressive di rialzo dei tassi, conferma Ubs, potrebbero alterare una fascia di oscillazione per il dollaro che stima compresa tra 1,10 e 1,14 nei confronti dell’euro.
Wall Street, da parte sua, è tuttavia rimasta ieri preda di nervosismo sulla direzione dei tassi, segno che anticipare le scelte della Fed, in un clima ricco di incognite, viene comunque considerata una scommessa rischiosa. I maggiori indici sono arretrati di circa lo 0,3% nel pomeriggio. I trader danno al momento meno del 25% di probabilità ad una stretta già giovedì, che sarebbe la prima dal 2006, mentre salgono le scommesse su un rialzo fatto slittare a dicembre o all’anno prossimo.
La Fed – e i mercati – non potranno in queste ore trovare facili risposte ai loro dilemmi in nuovi dati economici chiarificatori. Prima del vertice sono in arrivo solo statistiche minori: le vendite al dettaglio di agosto, che gli analisti vedono in aumento di un modesto 0,3%, potrebbero influenzare la Banca centrale soltanto in caso di una robusta sorpresa positiva, un incremento superiore all’1 per cento. Sul fronte manifatturiero sono in programma la produzione industriale, che dovrebbe essere diminuita dello 0,2%, e l’indicatore manifatturiero della regione di New York. Giovedì, il giorno della decisione sui tassi, toccherà ai prezzi al consumo, che però appaiono destinati a esser rimasti stagnanti e aver messo a segno un lieve incremento dello 0,2% nel «core», l’indicatore depurato di volatili componenti energetica e alimentare.
Le principali statistiche domestiche alla vigilia del vertice hanno mostrato un responso misto sullo stato dell’economia e delle condizioni finanziarie che appare difficile da modificare: la disoccupazione è scesa ai minimi dalla crisi, al 5,1%, ma la creazione di posti di lavoro è stata sottotono in agosto. I prezzi alla produzione sono nel frattempo parsi invariati il mese scorso, segno di un’inflazione, la cui ripresa potrebbe legittimare esplicitamente strette monetarie, tuttora assente. Dal fronte internazionale, inoltre, continuano a sopraggiungere sintomi di debolezza della crescita cinese.
Marco Valsania, Il Sole 24 Ore 15/9/2015