Claudio Rendina, Roma – la Repubblica 13/9/2015, 13 settembre 2015
OCCUPAZIONE E TERRORE NAZISTA NOVE MESI NELLA CITTÀ APERTA
Il comando della città aperta di Roma comunica: “Sotto la data del 13 settembre 1943, il generale Riccardo Maraffa ha assunto il comando di tutte le forze di polizia della città aperta, con pieni poteri per il mantenimento dell’ordine pubblico, rimanendo alla diretta ed esclusiva dipendenza di S.E. il Comandante della città aperta di Roma generale G. Calvi di Bergolo”. Un annuncio già anticipato dal ministro degli esteri, Raffaele Guariglia, il 31 luglio, al Vaticano; un mese dopo, la Sante Sede aveva fatto pervenire la comunicazione del governo Badoglio ai governi di Londra e Washington. Il Comando Supremo italiano, in seguito a tale comunicazione, ordina immediatamente alle batterie antiaeree della zona di Roma di non reagire in nessun modo in caso di passaggio aereo nemico sulla città; prescrive poi lo spostamento di sede dei comandi italiani e delle rispettive truppe; si impegna a trasferire gli stabilimenti militari e le fabbriche di armi e munizioni e a non utilizzare il nodo ferroviario romano per scopi militari, né di smistamento, né di carico o scarico, né di deposito.
Ma tutto questo non è sufficiente a risparmiare Roma da bombardamenti o azioni belliche. Infatti, mentre l’Italia smilitarizza, la Germania ignora ogni impegno in merito, così da indurre i governi alleati a non prendere in considerazione la dichiarazione unilaterale, riservandosi “piena libertà di azione nei riguardi di Roma”. Si ha pertanto l’occupazione di Roma da parte dei tedeschi, già presenti nella città come alleati, del generale Albert Kesserling, oltre all’operato poliziesco della Gestapo sotto il comando di Herbert Kappler e del comandante delle SS Karl Wolf; ci sono arresti e torture nella prigione di via Tasso, con le successive deportazioni di militari italiani e di ebrei. A questi ultimi il governo tedesco impone la consegna di una taglia di 50 chili d’oro, nonché il rastrellamento del Ghetto e successiva deportazione di 2091 ebrei nei lager tedeschi.
La dichiarazione di “Roma città aperta” è unilaterale e non viene riconosciuta dagli Alleati nonostante la presenza del Vaticano, che può conferire alla capitale italiana il privilegio di “città santa”, perché i Tedeschi oppongono resistenza estrema all’ingresso di truppe nemiche nella città. Di conseguenza prima dell’entrata delle forze alleate nella capitale, avvenuta il 4 giugno 1944, Roma subirà 51 bombardamenti tra gennaio e maggio del 1944; quattro bombe hanno colpito anche il Vaticano il 5 novembre del 1943. I partigiani romani il 23 marzo 1944 portano a compimento l’attentato contro i militari tedeschi in via Rasella; restano uccisi 33 soldati e molti rimangono feriti. Le conseguenze sono terribili; la Gestapo arresta 335 cittadini romani, che vengono uccisi alle Fosse Ardeatine, l’antica cava di marmo sulla via Ardeatina, tra le catacombe di Domitilla e quelle di San Callisto. E ancora, il 3 aprile a Forte Bravetta viene fucilato don Giuseppe Morosini, per aver fornito assistenza a “ combattenti clandestini”. Nonostante questi tragici avvenimenti, il primo giugno inizia le pubblicazioni il giornale “Il Tempo”, mentre tre giorni dopo i tedeschi in ritirata uccidono il socialista Bruno Buozzi con quattrordici compagni a La Storta.
Nello stesso giorno entrano nella capitale le avanguardie alleate. I giorni di “Roma città aperta” sono stati rievocati nell’omonimo di Roberto Rossellini del 1945; l’opera venne presentato in concorso al Festival di Cannes 1946, dove ottenne il Grand Prix come miglior film, e vinse due Nastri d’Argento al Premio Oscar, per la miglior regia e per la migliore attrice non protagonista: Anna Magnani.
La pellicola “Roma Città Aperta” è stata in seguito inserita nella lista dei “100 film italiani da salvare”, nata con lo scopo di segnalare “100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978”. Il film in versione restaurata dal “Progetto Rossellini” è stato proiettato in oltre 70 cinema nel mese di aprile 2014 per la Festa della Liberazione.
Claudio Rendina, Roma – la Repubblica 13/9/2015