Gabriele Romagnoli, la Repubblica 13/9/2015, 13 settembre 2015
IL PARADISO IN TERRA DI BROOKLIN (SENZA Y)
Poi, eventualmente, tutti spariamo e andiamo chissà dove (nessuno è mai tornato a riferire). Le religioni più diffuse prevedono una sorta di tribunale che distribuisce premi o castighi a seconda della vita che si è condotta. Nel caso qualcosa di simile a paradiso e inferno esistano, temo che l’assegnazione a questa o quella sede sia piuttosto affidata al criterio indicato da Dino Buzzati e Federico Fellini nella sceneggiatura del film fantasma Il viaggio di Mastorna: si decide per sorteggio. La convinzione mi si è rafforzata visitando la cittadina di Brooklin, Maine. Basta un cambio di lettera per farne l’opposto di Brooklyn, New York: né ponti né palazzi, solo case basse in legno; all’orizzonte niente skyline, ma la linea dell’orizzonte al termine dell’oceano. Brooklin ha poco più di 800 abitanti, che raddoppiano in estate. Come ogni villaggio del Maine, anche più piccolo di così, ha una graziosa biblioteca, con un gazebo bianco all’aperto dove arriva il wifi. Ci sono bandiere americane ovunque e solo un inglese di passaggio può commentare: «È obbligatorio, come in una dittatura sudamericana?». È spontaneo, è bello, è bella la bandiera. Punto. Chi l’ha copiata è esposto al museo. Al fondo della strada, prima dell’acqua, c’è un cantiere navale. Produce barche di legno. La barca di legno è il simbolo, la sineddoche di Brooklin. Qui si pubblica perfino una rivista bimestrale chiamata Woodenboat Magazine e ti chiedi, dato che l’oggetto è un classico, che cosa mai potranno ancora scriverne. Ma a Brooklin la metà dei residenti è composta da artisti, poeti, pittori, angeli. L’altra metà: demoni. E qui arriva la teoria: se questo è il paradiso in terra ci si finisce per merito, o perché devi scontare una colpa, ma nessuno te la fa pagare e aspetti. Invano.
In un pomeriggio di puro splendore Bill Mahyer, che scriveva, insegnava storia, ma ha scelto di ritirarsi qui, fare l’intagliatore e pilotare la sua Sparkle, mi porta al largo con un soffio di brezza, mi indica le altre barche e sfoglia un libro di racconti che non pubblicherà mai: i peccati di Brooklin.
Passa una barca per la pesca di aragoste, la Cool change (bel Cambiamento). Al timone Mark, che saluta allegro. Cinque anni fa aveva una diversa barca e se ne stava a pesca con la tempesta dentro. Aveva scoperto che la moglie lo tradiva con il suo migliore amico. Era furibondo, incapace di prendere una decisione. Scese sottocoperta senza assicurare la porta. Il vento la fece richiudere di scatto, con uno schiaffo che provocò il movimento del chiavistello. Mark era prigioniero. La barca procedeva a tutta velocità senza nessuno ai comandi. Altri pescatori la videro passare, apparentemente vuota e si misero all’inseguimento. Mark era finito dove il suo inconscio l’aveva guidato: in trappola. Il sole splendeva, i pescatori urlavano, le foche facevano il controcanto, la barca filava. Puntò un’isola e per un miracolo senza preghiere si infilò nell’unico tratto privo di rocce, arrestandosi nel tratto in salita. Danneggiato lo scafo, illeso il passeggero. Mark cambiò moglie e barca. Cool change. Sulla fiancata, almeno. La sua nuova compagna è un’attivista del tea party che passa le giornate davanti a Fox tv e alla sera maledicono insieme Obama e i radicali per ogni cosa, compresa la crisi dell’aragosta.
Bill scuote le spalle, gli basta il vento per risalire la corrente. Ha 73 anni, sposato con la stessa donna da 47, padre e nonno, che cosa può preoccuparlo? Il passato è schiuma che non si ricompone. Passa una barca chiamata oblìo, Oblivion. L’uomo al timone è vestito di scuro, con un cappello da baseball calato sulle lenti nere. Non saluta, scivola via. Non ha rapporti con nessuno. Vive in una casa sulla collina, che ha comprato cinque anni fa. Soltanto il mediatore immobiliare ha saputo qualcosa di lui e l’ha raccontato. Si chiama Ted, era un agente della Cia, è stato ovunque, ha fatto di tutto. Non ha famiglia. Ha molti rimorsi. Non parla mai di quel che è stato. Non ha progetti per il futuro. Soltanto uscire in barca nella baia perfetta, curarsi con la bellezza e aspettare il conto che qualcuno prima o poi presenterà. Perfino “l’uomo irrazionale” dell’ultimo film di Woody Allen incontra il suo destino, dopo che gli autori di tanti altri crimini e misfatti l’avevano scampata con la complicità del regista.
Ma ecco la principessa, la barca più bella, giù il cappello, passa la Sonny: blu oltre il mare, legno dorato a diciotto carati, un omino bianco in cabina. È un milionario di Boston. Si fece costruire Sonny a ottant’anni, pensando di meritarsela, per il gran finale della sua vita fortunata. A 89 anni decise che aveva avuto abbastanza e la vendette. L’anno dopo telefonò allo stesso cantiere di Brooklin disse: «Mi ero sbagliato, ho ancora quel desiderio. Devo arrivare in fondo. Rifatemi Sonny, uguale». Eccolo lì a 91 anni, il capitano solo e felice. Vieni al largo del Maine e impara questo: non si finisce mai di desiderare.
Gabriele Romagnoli, la Repubblica 13/9/2015