Fabio Tonacci, la Repubblica 13/9/2015, 13 settembre 2015
“LI VENDE ANCHE LA CONSOLE FRANCESE”
BODRUM.
Bisogna chiedere il permesso a capitan Uncino, per entrare nell’ufficio del console onorario francese a Bodrum. Sta lì, impettito a lato della porta, barba nera, giacca nera e cappellaccio. Davanti a lui un’altra statua: un palombaro con tuta arancione e martello in mano, posizionato infelicemente proprio sotto la targa “Agence Consulaire de France”. Decorata con due piccole bandiere francesi, i colori rosso, bianco e blu, la scritta “libertè, egalitè, fraternitè”. «Madame Francoise Olcay oggi non è venuta, la trovate lunedì mattina», dice uno dei commessi del gran bazar “Alize” dove Madame Olcay vende serenamente gommoni e salvagenti ai trafficanti di uomini. I piccoli Alan e Galip, i fratellini curdi, sono morti per colpa di un canotto del genere, rovesciatosi perché inadatto a portare le dodici persone che si erano imbarcate. La spiaggia di Alan, dove il mondo l’ha visto senza vita con la faccia nella sabbia, è a meno di cinque chilometri dall’“Alize”.
L’ufficio consolare di Madame Olcay, quando fa quello per cui è stata nominata dal suo Paese e non la commerciante, è al secondo piano del suo mega negozio di articoli marini, al numero 220 di Ataturk Bulvari, la strada principale di questo porto turistico d’élite affacciato sulla costa turca. La sua porta è chiusa. L’ha fatta chiudere un servizio della Tv France 2: un giornalista ha sorpreso la donna a vendere i gonfiabili ai migranti che tentano la traversata.
L’Europa del resto è a un passo: l’isola greca di Kos si vede all’orizzonte, distante appena quattro chilometri. «Se non li avessero comprati qui, li avrebbero presi altrove», si è giustificata lei, non sapendo di essere ripresa da una telecamera nascosta. In effetti sul Bulvari e nelle strade a ridosso delle spiagge di magazzini del genere se ne trovano diversi, nonostante ai moli siano attraccati soltanto yacht e barche di lusso, e di canotti nella baia non se ne vedano. «Tutti alimentano il traffico degli esseri umani, compresi il sindaco, la capitaneria di porto e il viceprefetto. Perché lasciano fare, li lasciano passare», ha aggiunto. Nonostante l’incarico di console onorario sia volontario, non retribuito e compatibile con lo svolgimento di altri lavori, il ministero degli Esteri francese ha deciso lo stesso di sospenderla. Quindi non c’è nessuno nel suo ufficio.
Ci sono i suoi gommoni, però. Ben diciotto in esposizione, a pochi metri dalla porta di quella che dovrebbe essere la sede dell’agenzia consolare francese. Disposti sul pavimento, appoggiati al muro, con il cartellino del prezzo calcolato in dollari, ognuno munito di due remi e la pompa per il gonfiaggio. Tutti di marca Freesun, grigi, in gomma e alluminio. Alcuni sono talmente piccoli, due metri o poco più, da sembrar giocattoli. Ne vendete tanti? «Ultimamente sì, anche 3-4 al giorno», spiega uno dei commessi turchi. I prezzi variano da 700 a 2.500 dollari. Un modello molto ricercato, spiega, è il Freesun Ry-Bd da tre metri e trenta. È minuscolo, può contenere al massimo quattro persone, ma i rifugiati siriani ci fanno salire anche due, tre famiglie alla volta. Qui lo fanno pagare 977 dollari, quando in altri negozi turchi che hanno il listino prezzi online lo si trova a 692 dollari, oppure a 770 dollari. Stesso canotto, stesso modello. Perché questi sono così cari? «Non lo so», dice il commesso. Lo ha deciso Madame Olcay? «Non lo so». Li vendete anche ai trafficanti? «Non lo so». Lo sapete che sui vostri gommoni stanno morendo a decine tra Kos e Bodrum? «Non è colpa mia, noi facciamo i commercianti».
Eccola qua, la scusa buona che lava le coscienze e tutto giustifica. Sono commercianti. Lo sono anche i greci che sull’isola di Lesvos portano, nascosti nei bagagliai delle auto, gelati e panini nel campo profughi di Kara Tepe e li vendono ai siriani e agli afgani al doppio del loro prezzo. Sono a loro modo commercianti anche i privati cittadini che a Budapest, prima dell’ultima ondata di solidarietà delle scorse settimane, mettevano in vendita il passaggio in macchina fino in Germania a 800 euro a persona. E i tassisti di Catania che ai migranti fanno pagare tariffe maggiorate. È business.
Sono le sette di sera, il gran Bazar “Alize” chiude. Gli otto commessi turchi rimettono a posto gli scaffali, sistemano le canoe e gli attrezzi da navigazione. Capitan Uncino e il palombaro arancione rimangono a far la guardia all’ingresso. Il mare è calmo, a Bodrum. È una notte buona per tentare la traversata. Altri profughi saliranno sui canotti di Madame Olcay. Senza egalitè, né fraternitè.
Fabio Tonacci, la Repubblica 13/9/2015