Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  settembre 13 Domenica calendario

LE MANI DI CORBYN SUL LABOUR “ADESSO BASTA DISEGUAGLIANZE”

Lotta all’austerity, sostegno ai sindacati, appelli all’unità. Jeremy Corbyn rispolvera i temi classici mentre si rivolge al Labour attimi dopo essere stato eletto alla guida di un partito che ha improvvisamente virato a sinistra. La sua vittoria è stata schiacciante, il 59,5% al primo turno contro il 19% del rivale più vicino, ed è stata accolta dall’inno socialista e le grida entusiaste dei sostenitori. Corbyn ha festeggiato con una puntata al pub, anche se non beve, e la partecipazione ad un corteo a Londra a favore dei rifugiati. Ora comincia il difficile per il neo-segretario: riappacificare un partito diviso e creare una forza di opposizione mentre già cominciano le defezioni dei centristi.
BLAIRIANI BATTUTI
Da outsider a favorito, l’ascesa di Corbyn è stata tanto sorprendente quanto inarrestabile. Oltre 420mila hanno votato nell’elezione interna al partito, una base elettorale allargata proprio grazie all’entusiasmo che Corbyn ha generato. Al neo-segretario sono andate ben 251mila preferenze e l’ovazione della folla. Le facce dei rivali sconfitti a stento celavano la delusione: Andy Burnham (19%), passato dal ruolo di favorito a distante secondo; Yvette Cooper (17%), che ha sperato fino all’ultimo nonostante i sondaggi a senso unico; e il fanalino di coda, la blairiana Liz Kendall (4.5%). Corbyn ha ringraziato i sostenitori in un discorso povero di sostanza programmatica, in attesa della conferenza di partito a fine mese. I cittadini «sono stanchi dell’ineguaglianza, delle ingiustizie, della povertà», ha detto.
LE DIVISIONI INTERNE
Dietro i sorrisi di circostanza e le foto di rito, il Labour è un partito spaccato. I big del passato, da Tony Blair a Gordon Brown, ritengono che le politiche di Corbyn rendano il partito poco credibile nella politica economica e dunque ineleggibile. Il ministro ombra della Sanità si è già dimesso, Cooper e Kendall hanno detto che non faranno parte del nuovo governo ombra così come l’astro nascente Chuka Umunna, l’Obama britannico. Già si parla di una scissione del Labour e di un piano per defenestrare Corbyn prima delle elezioni del 2020. Intanto i conservatori gongolano. E il ministro della Difesa Fallon affonda il colpo: «E’ una seria minaccia alla sicurezza nazionale»
Alessandra Rizzo, La Stampa 13/9/2015