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 2015  settembre 13 Domenica calendario

QUELLE DUE PALME PIANTATE DA GOETHE

Il primo viaggio in Italia di Johann Wolfgang von Goethe (1749 - 1832), immenso scrittore tedesco e tra i massimi interpreti del «Grand Tour», avviene nel 1776, e dura due anni. Conosce qualcosa del paese d’allora già a Torbole, in provincia di Trento: entra alla Locanda «La rosa», e chiede dove è la toilette. Gli dicono: nel cortile. Domanda: più precisamente, dove? E gli rispondono: «Dove preferisce». A Roma, entra da Porta del Popolo il 1° novembre. Nessuno lo aspetta: la prima notte, alla Locanda dell’Orso, lungo il Tevere, davanti a Ponte Umberto. Il giorno dopo, convoca Johann Heinrich Wilhelm Tischbein: non si conoscono, se non per lettera. Questi lo ospita a casa, via del Corso 18 dove già dormivano altri due pittori tedeschi: presto gli farà il più intenso ritratto che sia rimasto. L’aspirazione a conoscere «la terra dove fioriscono i limoni», in Goethe «era diventata come una malattia»: non ci dormiva sopra.
I SUOI LUOGHI
Già il primo giorno, visita il Foro, il Colosseo, l’Arco di Tito, le Terme di Diocleziano; nel pomeriggio, San Pietro e Castel Sant’Angelo. Un «tour de force». Il 2 novembre è al Quirinale: il giorno dei Morti, Pio VI Braschi celebra nella cappella privata, aperta a tutti. Goethe è laico e massone: resta deluso; esce dalla cappella, va a vedersi i quadri e le sale. È travolto dalla città: «Solo a Roma ci si può preparare a Roma. Non faccio che spalancare gli occhi, e guardare; e andare e venire. L’opera più immensa quanto a ampiezza è la Rotonda; la più immensa quanto a mole, San Pietro; la più geniale, l’Apollo del Belvedere». Viveva in incognito, per evitare scocciature (ma «appena si è sparsa la voce, molti cominciarono ad assillarmi»): al parroco, si denuncia come Philipp Moeller, pittore, più giovane di lui di sei anni. Così, nella città eterna, molti lo chiameranno «il signor Filippo».
LA GIUNONE
Si spinge fino al mausoleo di Cecilia Metella: «Bisogna vederlo, per avere l’idea di una costruzione solida»; e al Colosseo, allora ancora terra di malaria: «Quando lo si è visto, tutto il resto sembra meschino; l’immaginazione non può contenerlo tutto nello spirito». Due settimane dopo il suo arrivo, scrive ad un amico: «Acquedotti, terme, teatri, anfiteatri, circhi, templi, palazzi imperiali, i sepolcri dei Grandi: con queste immagini nutro e rinfranco il mio spirito». Dopo due mesi, vuole comperarsi «una copia della colossale testa di Giunione esposta a Villa Ludovisi», già del cardinale Federico Cesi e ora a Palazzo Altemps, eseguita tra il I e il IV secolo: se la terrà accanto per tutto il periodo romano, ed è rimasta nella casa di Tischbein; ora si chiama «di Goethe», ed è l’unico museo tedesco in tutta Roma. Non si nega le passeggiate al Pincio e a Villa Borghese: erano quasi sotto (o sopra) casa. Va nella Cappella Sistina, le cui chiavi, incredibile, erano affidate a un ciabattino, racconta; una volta, sembra, si sedette perfino sul trono papale, e si addormentò: lo racconta Paola Giovetti. Resta estasiato dall’«immenso capolavoro»: così conquistato da Michelangelo, che «dopo lui, non apprezzo nemmeno più la natura». Una volta, attraversa il Tevere su un traghetto, con degli amici: tanto impegnati a discutere, che il povero barcarolo «va avanti e indietro per ore», li credeva pazzi; ma, si intende, era debitamente pagato per il suo tempo.
I SOSPIRI
Il soggiorno a Roma è interrotto soltanto da una breve capatina a Napoli. Finché non è il momento della partenza, il 24 aprile 1788. Pochi giorni prima, il grande letterato compie un rito. Va a via di Porta Pinciana, a Villa Malta allora parte di un vasto giardino, dove la domenica andava sospirare con la bella pittrice Angelika Kauffmann, e vi pianta due palme. In seguito, si informerà: sono cresciute bene. A un certo punto, per qualcuno, erano le più alte di Roma. Ormai, a Villa Malta ci sono i Gesuiti della rivista Civiltà Cattolica. Qualche anno fa, hanno dovuto tagliare quelle palme. Al loro posto, c’è una piccola iscrizione. E l’eco dei sospiri domenicali per la Kauffmann del massimo viaggiatore, in Italia e a Roma, di tutto il Gran Tour.