Claudio Del Frate, Corriere della Sera 13/9/2015, 13 settembre 2015
L’INNO RIVISTO DEGLI SVIZZERI
Nel Paese della democrazia diretta, anche l’inno nazionale viene scelto con un referendum tra i cittadini. Nel medesimo Paese, dove quasi un residente su quattro è nato fuori dei confini della patria, dal nuovo testo spariscono gli ottocenteschi riferimenti a Dio che bacia il sacro suolo per far spazio a parole come solidarietà e pluralità. Da ieri la Svizzera ha un nuovo inno nazionale, scaturito fra tre candidati grazie a una votazione via web; e il nuovo testo, anche se difficilmente vincerà il Nobel per la letteratura, dice molto su come il Paese è cambiato e su come si percepisce.
Il governo di Berna, circa un mese fa, si era reso conto che l’orgoglio nazionale non era sufficientemente sollecitato dalle parole e dalla musica del brano composto nel 1841 dal monaco cistercense Alberik Zwyssig, l’equivalente elvetico di Goffredo Mameli: pochissimi cittadini lo conoscevano, ancor meno quelli che erano in grado di intonarlo. La ragione? Un testo ritenuto troppo datato e non al passo con l’immagine della nazione. È stato perciò indetto un concorso nazionale per scrivere il nuovo inno che evidentemente ha toccato una corda sensibile: nel giro di poche settimane sono piovute oltre 200 proposte. Precisazione: la richiesta riguardava la sola riscrittura del testo mentre la musica resta quella composta dall’abate Zwyssig.
La rosa si è ridotta a tre proposte, il referendum via internet ieri ha decretato vincitrice quella firmata dallo zurighese Werner Widmer. «Sia la nostra società luogo di pluralità» proclama la canzone, laddove fino a ieri riecheggiava «l’Alpe che rosseggia che a pregar t’atteggia..». Del resto la Svizzera è o non è il Paese con il più alto tasso europeo d’immigrati (22,7%)? È o non è la nazione che fin dalla sua origine ha riunito sotto la stessa legge genti di lingua e religioni diverse nel cuore dell’Europa che si scannava in nome di Dio? Il melting pot elvetico è in piena evoluzione: se nell’immediato dopoguerra la spinta arrivò da italiani, portoghesi e greci, adesso i nuovi cittadini approdano dalla Turchia, dal disgregarsi dell’ex Jugoslavia, dall’Africa. E il cambiamento non è finito: nel corso del 2015 il governo prevede di dare ospitalità a 29mila richiedenti asilo politico, un’enormità in un Paese di 8 milioni di abitanti (l’Europa, che di residenti ne ha 240 milioni, è in lite per dividersene 160mila).
Insomma, ci sarà bisogno di note e di versi in grado di spronare la coesione e l’unità nazionale visto che il nuovo inno non sembra nascere sotto la stella più fortunata: ieri pomeriggio, nel centro di Berna, la polizia ha dovuto sedare disordini scoppiati tra attivisti curdi e rivali turchi. Tutti regolarmente residenti in Svizzera.