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 2015  settembre 14 Lunedì calendario

PIUTTOSTO CHE – 

PIUTTOSTO CHE – 
È un’invasione e non pare ormai esserci salvezza. Per cattiva abitudine e pessima attitudine, “piuttosto che” è diventato quel che non è: un sinonimo di “oppure”. Una tale prassi grammaticale, semplicemente tremenda, è stata sdoganata anche in tivù. La usano tutti: giornalisti, opinionisti, statisti.
Tutta gente che, in via assai teorica, dovrebbe costituire l’élite di un paese. Il continuo abominio linguistico è stato criticato dall’Accademia della Crusca, che ha provato a spiegare come e perché si sia giunta a una tale mestizia: “Si tratta di una voga d’origine settentrionale, sbocciata in un linguaggio certo non popolare e probabilmente venato di snobismo”.
Secondo l’accademica Ornella Castellani Pollidori, quasi come una pandemia, l’uso sbagliato di “piuttosto che” è travasato dalle classi agiate settentrionali al piccolo schermo: “Conduttori e giornalisti televisivi, che insieme ai pubblicitari costituiscono le categorie che da qualche decennio – stante l’estrema pervasività e l’infinito potere di suggestione (non solo, si badi, sulle classi culturalmente più deboli) del ‘medium’ per antonomasia – governano l’evolversi dell’italiano di consumo”.
Nanni Moretti, prima di fare i girotondi e molto prima di accettare tutto (non solo grammaticalmente), schiaffeggiava chi usava “trend negativo” e formule similmente aberranti, ben conscio che chi parla male – spesso – pensa male. Ecco perché una cosa così apparentemente piccola, forse, nasconde molto di più: l’abitudine a non rispettare nessuna regola, la propensione ad assecondare qualsiasi stortura.
“Piuttosto che” vuol dire “anziché”: punto e basta. Indica una preferenza accordata a un elemento rispetto a un altro, come ha ricordato di recente anche Giornalettismo (tra i pochi a sottolineare con giusta nettezza il problema). Va bene davanti a proposizioni avversative e comparative, non va bene davanti a proposizioni disgiuntive. Appunto: non va bene se lo si usa al posto di “oppure”.
Se si afferma “Preferisco crepare sulle sabbie mobili piuttosto che cenare con Gasparri”, oltre a dire qualcosa di profondamente sensato, si usa la formula in maniera corretta. La stessa frase non può – e non deve – essere tradotta con un “Preferisco crepare sulle sabbie mobili oppure cenare con Gasparri”.
Non è la stessa cosa: non lo è per niente. Altro esempio: “Meglio una detartrasi piuttosto che guardare la Picierno in tivù”. Perfetto. Mentre è sbagliato, e tanto, dire: “Meglio una detartrasi oppure guardare la Picierno in tivù”.
Compiti per casa: ogni volta che qualcuno usa “piuttosto che” come sinonimo di “oppure”, dategli un piccolo schiaffo. Quasi come Nanni Moretti. Loro non capiranno perché, ma voi sì.