Notizie tratte da: Vittorio Da Rold, La Grecia ferita. Cronaca di un waterboarding spietato, Asterios, Trieste, 104 pp., € 10,00., 14 settembre 2015
LIBRO IN GOCCE NUMERO 75
(La Grecia ferita)
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IL DEBITO GRECO E GLI ERRORI DELL’EUROPA –
Infelice. «Qualsiasi popolo che discendesse dagli antichi greci sarebbe automaticamente infelice. A meno che non riuscisse a dimenticarli o a superarli» (Nikos Dimou, L’infelicità di essere greci).
Debito. Tra i principali fattori della crisi del debito sovrano greco sono da annoverare «gli effetti della turbo-finanza, che hanno aiutato un piccolo paese mediterraneo di appena 11 milioni di abitanti a diventare una sorta di “Lehman Brothers” dell’Egeo, cioè a creare e occultare legalmente agli occhi degli investitori e della Ue un debito cinque volte (353 miliardi di euro, pari a 483 miliardi di dollari al cambio del 2011) quello che condusse al default l’Argentina (95 miliardi di dollari)».
Castello di carte. «Il 10 dicembre 1991 il Trattato di Maastricht venne approvato nella omonima cittadina olandese prevedendo la decisione di una “irrevocable monetary union”, un’irrevocabile unione monetaria senza un ministro delle Finanze centrale o un meccanismo esplicito per lasciare l’euro. Nell’euforia del momento nessuno fece caso, salvo alcuni economisti americani come Jeffrey Frankel, Kenneth Rogoff e Martin Feldstein, a questi due elementi di fragilità della costruzione europea, una moneta unica molto simile a rapporti di cambio fissi tra Stati con politiche fiscali autonome. Una costruzione molto simile a un castello di carte».
Erm. «La Grecia entrò nell’Erm, il meccanismo di stabilità dei cambi, nel 1998. Il primo gennaio del 1999 l’euro debuttò con i primi 11 membri fondatori. La Grecia entrò nel convoglio dell’euro il primo gennaio 2001. A quel momento i rendimenti dei bond a dieci anni erano i seguenti: 10 anni della Grecia a 5,36%, gli spagnoli a 5,09%, gli italiani 5,16%, i tedeschi a 4,85%. Sì, qui sta la sorpresa: all’inizio dell’avventura dell’euro i tassi tedeschi erano quasi simili a quelli greci».
Spread. «Il 24 febbraio 2015, il Financial Times metteva opportunamente in prima pagina la notizia relativa al bund a cinque anni tedesco passato da un rendimento dello 0,757% il 27 gennaio 2015 per la prima volta a un tasso di interesse negativo di -0,8%, cioè i risparmiatori avevano deciso di comprarlo pur con interesse negativo, entrando così in un mondo fino ad allora sconosciuto. (…) I bond greci a cinque anni avevano lo stesso giorno un rendimento dell’11,37 per cento. Avere la stessa moneta in tasca non significava affatto avere gli stessi tassi di interesse sul debito: questa era l’amara lezione di Maastricht, 24 anni dopo. Lo spread sui tassi si era sostituito al differenziale sui cambi».
Bond.«Che qualcosa sia andato storto nel salvataggio della Grecia lo pensano in molti. Al punto che lo ha ammesso anche il Fondo monetario internazionale, uno dei tre partecipanti alla cosiddetta Troika [insieme a Ue e Bce – ndr], l’organismo di controllo in rappresentanza dei creditori internazionali. (…) Anche l’Fmi dunque punta il dito sui tempi e i modi di un salvataggio che invece di permettere alla Grecia di fare un haircut [taglio del debito – ndr] volontario ed ordinato nel 2010, come poi avvenuto nel 2012 ma a costi maggiori, è stata salvata senza taglio del debito per consentire alle banche francesi e tedesche di liberarsi dei bond greci che avevano in pancia».
Euro.«Il premier greco, Giorgos Papandreou, si reca al vertice di novembre 2011 del G20 a Cannes e propone un estemporaneo referendum sull’accordo appena siglato a Bruxelles, in pratica sulla permanenza dei greci nell’eurozona. Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, si infuria e tra i due volano insulti. Alla fine secondo la ricostruzione del Financial Times il presidente della commissione europea José Manuel Barroso si incarica, a titolo personale, di risolvere l’impasse. (…) Sette giorni dopo Papademos [Lucas Papademos, ex vice presidente della Bce – ndr] era il nuovo premier greco. Un “tecnico”, frutto di un accordo tra un ministro delle Finanze del Pasok, il leader dell’opposizione greca fino a quel momento ostile alle politiche propugnate dalla Ue e pochi leader europei, sostituì un primo ministro democraticamente eletto, il quale voleva sentire la voce del popolo attraverso un referendum sulla permanenza o meno nell’euro».
Giorgio Dell’Arti, Il Sole 24 Ore 14/9/2015