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 2015  settembre 14 Lunedì calendario

LA FALLACI E L’ISLAM, QUEL LUNGO VIAGGIO ALLA RICERCA DELLA VERITA’

«L’Etica non è una moda che cambia come i vestiti e le stagioni. E’ un codice di comportamento che vale ovunque e per sempre». In questo passaggio scritto in merito alla liceità della procreazione assistita, c’è in fondo il comandamento supremo di Oriana Fallaci. Quel comandamento professionale e umano che l’ha guidata tra Orgoglio e Rabbia per la sua intera parabola di donna, giornalista, “combattente” sul campo e testimone scomoda di oltre mezzo secolo di Storia. Il libro pubblicato ora da Rizzoli Oriana Fallaci, le radici dell’odio. La mia verità sull’Islam potrebbe sembrare uno dei tanti album-collezione di articoli, riflessioni, interviste della celebre giornalista scomparsa nel settembre del 2006: in realtà, rileggendo le sue “verità”, ciò che più colpisce è proprio l’orgoglio della Fallaci di non possederne alcuna, di verità. E’ il segreto della sua passione, il fuoco che ogni volta accende la miccia non solo della curiosità professionale ma della profondità dell’essere Oriana.
Dal dopo Vietnam al 2005, il suo lungo e tortuoso viaggio mediorientale andrebbe ripercorso partendo dalla fine, da quella rabbia, dall’odio senza appello contro l’Islam che diventa distanza incolmabile dopo la tragedia dell’11 settembre: un ideale viaggio a ritroso che è l’unica strada per poter capire “come” la Fallaci arrivi nel finale ad un appello quasi antistorico letto con gli occhi di oggi, o comunque adattabile ad una ideologia di destra, pubblicato su Il Foglio del 30 novembre 2005: «Cari amici: è l’immigrazione, non il terrorismo, il cavallo di Troia che ha penetrato l’Occidente e trasformato l’Europa in ciò che chiamo Eurabia». Come scrive Lucia Annunziata nella prefazione al libro «La Rabbia si insinua lentamente nel discorso che la Fallaci sviluppa con questo mondo. La Rabbia è figlia della profondità della conoscenza che si accumula, e anche della piega che le cose prendono».
LACERAZIONE
Basta rileggere la lacerazione provata dalla giornalista quando scrive sulla condizione della donna in quello che lei definisce “il mondo dell’Islam”: «...Attraverso quei buchi, quel graticcio del burka, esse guardano il cielo e la gente: come attraverso le sbarre di una prigione». Quando si chiederà, ripetutamente nel corso degli anni, da che parte sta la verità nell’infinita guerra tra israeliani e palestinesi («Chi ha ragione, chi ha torto, chi scegli? Gli ebrei li conosci. Perché hai sofferto per loro, con loro, fin da bambina. Li hai visti braccare, arrestare, massacrare a migliaia, a milioni. Li hai difesi, aiutati, amati...Però un giorno hai letto che centinaia e centinaia di migliaia di creature, di palestinesi, eran fuggiti e ora sono stati cacciati dal paese che si chiamava Palestina e ora si chiama Israele...».
Incontra i potenti della terra e di ognuno riesce a carpire verità celate al mondo, all’informazione: che si tratti di Arafat o re Hussein, di Golda Meir o di Khomeini che messo alle strette sulla parola “democrazia”, tuona: «Non possiamo permetterci di infilare nella nostra costituzione un concetto così equivoco». Si accalora con Gheddafi su un altro concetto cardine, l’ “opposizione”: «Che c’entra l’opposizione» risponde il colonnello «quando tutti fanno parte del congresso del popolo, che bisogno c’è dell’opposizione?». Ecco: ciò che rimane scolpito nella mente rileggendo la Fallaci è l’accorato grido all’attenzione e al sacro valore della modestia. Quello che non ha mai sfiorato il gigante-bambino Mohammed Alì che le rispose così: «Che vuol dire? Io sono stato un po’ a scuola ma non ho mai sentito questa parola umiltà, forse vuol dire come modestia e allora guardi, io sono tanto modesto che nemmeno io realizzo quanto sono grande, quanto sono straordinario...».
Leonardo Jattarelli