Elisabetta Del Soldato, Avvenire 9/9/2015, 9 settembre 2015
LA NUOVA «ERA ELISABETTIANA» DELLA SESTA DONNA DEL REGNO
«Quando il 6 febbraio del 1952 Elisabetta II salì al trono, diventando così la sesta donna a regnare dalla conquista normanna», racconta Kate Williams, professoressa di Storia all’Università di Reading, autrice e presentatrice di documentari televisivi, «il Paese l’accolse con grande entusiamo». «Clement Attlee, cui successe Winston Churchill come primo ministro solo un anno prima, dichiarò: “Speriamo che questo sia l’inizio di una nuova epoca elisabettiana, e che sia tanto influente quanto la prima”».
Nel 1953, l’anno dell’incoronazione, sembrava che l’ascesa della Gran Bretagna fosse inarrestabile. Nello stesso anno, un britannico, Sir Edmund Hillary conquistò la vetta dell’Everest. «La gente era euforica e ottimista. In realtà l’impero era in forte declino. Dal 1945 al 1965 il numero di sudditi delle colonie scese radicalmente da 700 milioni a cinque. Nel 1956, tre anni dopo l’incoronazione, la crisi del Canale di Suez e l’umiliazione subita da Anthony Eden, che fu costretto al ritiro per le pressioni contrarie di Stati Uniti e Unione Sovietica, sancì una volta per tutto la fine della reputazione della Gran Bretagna come superpotenza ». E il declino è andato avanti fino ai giorni nostri: nel 2012 il primo ministro giamaicano ha dichiarato che il suo Paese spera di avere presto un capo di Stato giamaicano, e il primo ministro della Nuova Zelanda, durante la visita del duca e della duchessa di Cambridge nel 2014, non ha nascosto come sia «inevitabile» che un giorno il Paese diventi una repubblica. E non è ancora detto che la Scozia non possa diventare indipendente durante il regno di Elisabetta. «La Gran Bretagna è uno dei Paesi più ricchi al mondo – continua la professoressa –, eppure un quarto dei minori del Regno vive nella povertà. Abbiamo ancora una forte influenza globale, ma è difficile dire cosa succederà se il Commonwealth continuerà a restringersi, e se decideremo di lasciare l’Europa». «Di certo niente – spiega la Williams – può offuscare l’immagine della famiglia reale più degli eventi che la colpirono negli Anni Novanta, quando la crisi matrimoniale di Carlo e Diana divenne una pura ossessione nazionale».
La pubblicazione del libro di Andrew Morton «Diana, Her True Story», nel giugno del 1992, scatenò forti critiche verso la famiglia reale accusata, anche dai monarchici, di essere diventata fredda e distante. «Alla fine dell’anno il libro aveva venduto più di quattro milioni e mezzo di copie, una realtà che costrinse la regina ad accettare l’inevitabile, e a concedere a Carlo e Diana il permesso di separarsi». Nello stesso periodo anche l’Economist descrisse la monarchia come «un ideale il cui tempo è ormai passato». La nuova generazione di reali ha portato una ventata di freschezza e la decisione della regina di prestarsi ai giochi dei media, fingendo addirittura di gettarsi dall’elicottero alla cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi del 2012, «hanno senz’altro aiutato a farla crescere in popolarità. Anche se la questione dei costi esorbitanti di mantenimento della famiglia reale è una nota dolorosa per i contribuenti, appena usciti da una delle recessioni più difficili nella storia del Paese».
«Le donne possono e devono giocare un ruolo molto importante nella creazione di una gloriosa era elisabettiana», disse una ventisettenne Margaret Hilda Robert, divenuta poi Margaret Thatcher, alla vigilia dell’incoronazione. Le donne, conclude la Williams, «hanno senza ombra di dubbio giocato un ruolo sempre più importante nella società britannica degli ultimi sessant’anni, ma la parola che riassume la seconda epoca elisabettiana è senza dubbio “cambiamento” più che “gloria”».