Manuel Follis, MilanoFinanza 9/9/2015, 9 settembre 2015
PIRELLI, UN’OPA BLINDATA A 15 EURO
Il giorno del deposito del documento di offerta sull’opa Pirelli è tempo di chiarimenti. Il primo, rivolto al mercato ed espresso a chiare lettere all’interno del documento, è che il prezzo dell’offerta non salirà oltre i 15 euro. Marco Polo Holding (la cosiddetta Bidco) è ovviamente convinta che la proposta al mercato sia congrua (rappresenta un premio a un anno superiore al 25%) ma oltre a questo le procedure autorizzative cinesi, considerando che nell’opa è coinvolto il colosso cinese ChemChina, non consentirebbero in ogni caso di ritoccare al rialzo il prezzo offerto.
L’altro tema che interessava il mercato riguardava gli effetti di una mancata fusione (la soglia è il 55% delle azioni) e di un possibile diritto di recesso, ma anche in questo caso il prospetto a pagina 39 è abbastanza chiaro.
Il corrispettivo per il recesso sarà determinato «facendo esclusivo riferimento alla media aritmetica dei prezzi di chiusura nei sei mesi che precedono la pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea chiamata ad esprimersi in merito alla fusione». Ma nell’ipotesi che «il corrispettivo per il recesso spettante agli azionisti ordinari dell’emittente fosse superiore al corrispettivo dell’offerta obbligatoria» (ovvero se il recesso da pagare fosse superiore ai 15 euro dell’opa), gli accordi prevedono che «sia richiesta l’ammissione a quotazione delle azioni dell’offerente in contestualità con il perfezionamento della fusione». Tradotto, se il recesso dovesse essere superiore ai 15 euro, opzione peraltro ritenuta poco probabile dagli esperti che hanno lavorato al dossier, si procederebbe a riquotare Pirelli, una volta entrata quest’ultima in Marco Polo. E comunque, chiude il paragrafo dedicato alla fusione, «in ogni caso di quotazione dell’offerente in contestualità al perfezionamento della fusione, è opinione dell’offerente che agli azionisti ordinari e di risparmio dell’emittente che non abbiano aderito alle offerte non spetterà il diritto di recesso».
Un altro tema sul quale il mercato aveva puntato i fari riguardava la possibilità di un dividendo straordinario, legato all’ammontare del debito in caso di mancato superamento del 55% e quindi in caso di mancata fusione. Un’ipotesi che però viene ritenuta impossibile, in primo luogo perché tutte le simulazioni degli advisor hanno ritenuto il debito gestibile anche con lo stacco della cedola ordinaria, ma anche perché mancherebbero le riserve distribuibili, visto che dei 240 milioni iscritti a bilancio la maggior parte è già stata erogata sotto forma di dividendo ordinario.
Insomma, il grande segnale che ha accompagnato la pubblicazione del prospetto sull’opa riguardava le possibilità per il mercato di ottenere maggiore liquidità non aderendo all’opa nel corso dell’operazione. Ipotesi che stando a quanto scritto nel prospetto sembra molto poco probabile. A opa conclusa è previsto che l’anima italiana di Camfin (Coinv) possa aumentare la partecipazione fino al 37,3%. In quel caso i russi di Lti resterebbero al 12,6% (49,9% la somma quindi delle quota Camfin), mentre ChemChina scenderebbe dal 65 al 50,1% . I soci italiani di Camfin (Coinv) avranno 6 mesi di tempo per esercitare tale opzione nella newco. Se non lo faranno, passato un anno dalla conclusione dell’opa potrà in alternativa essere attivata una procedura di vendita forzata fino al 15% della quota detenuta da ChemChina (che quindi scenderebbe al 50,1%). In questo caso i soci italiani di Camfin (Coinv), spiega il documento d’offerta, avranno 6 mesi di tempo per trovare un investitore, fino a un massimo di tre. Se Camfin decidesse di non utilizzare tale facoltà, nei sei mesi successivi potranno essere i soci cinesi a trovarli. Tale opzione consentirebbe di far entrare un nuovo socio senza mutamenti della governance societaria.
Manuel Follis, MilanoFinanza 9/9/2015