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 2015  settembre 08 Martedì calendario

MASTRANDREA: «CALIGARI CI HA MOSTRATO LA FINE DELL’ERA PASOLINIANA»


A volte si incontrano film di fronte ai quali il critico è felice di fare un passo indietro, e di farli raccontare a qualcun altro. Perché nascondono una storia che è troppo bella, o troppo profonda, o in questo caso troppo toccante per limitarsi a parlare “solo” di cinema.
Non essere cattivo, a Venezia fuori concorso, è il terzo film in 32 anni di Claudio Caligari. Nato ad Arona nel 1948 ma innamorato di Ostia e della periferia romana, Caligari aveva girato Amore tossico nel 1983 e L’odore della notte nel 1998. Non essere cattivo è stato rifiutato da quasi tutti i produttori del cinema italiano prima di trovare un aiuto decisivo da parte di Valerio Mastandrea, attore (era protagonista di L’odore della notte) ma in questo caso produttore testardo e coraggioso. Caligari è riuscito a girarlo, ma non a finirlo: è morto lo scorso 26 maggio, lavorando al film fino all’ultimo, sapendo benissimo che il tempo non sarebbe bastato.
Valerio Mastandrea, nel film, non c’è: «Avevamo pensato a un piccolo ruolo, ma non c’era quello giusto». Ma il suo sostegno a Claudio è stato decisivo ed è lui la persona alla quale vorremmo far raccontare Non essere cattivo. Apriamo le virgolette.
«Il film è la storia piccola di un’amicizia immensa, quella tra Cesare e Vittorio, due ragazzi proletari di Ostia, sullo sfondo di un contesto che la stritola. Un giornalista, in questi giorni, mi ha fatto riflettere sul fatto che le ‘latitudini’ raccontate da Claudio erano sempre le stesse. Amava gli esclusi, li rintracciava in quello strano territorio extra moenia che è il litorale romano. Ecco, qui si racconta come si distrugge una latitudine riempiendola di nuove droghe, e imponendole il lavoro come valore assoluto, acritico. Claudio lo diceva di continuo: questa è la fine dell’era pasoliniana, la fine di una certa purezza del sottoproletariato. Finisce una partita, e si vede chi ha vinto e chi ha perso. Sicuramente nessuno ha pareggiato, perché Claudio ci ha insegnato che il pareggio non esiste».

Nessuno voleva produrre il film
Questo film nessuno voleva produrlo. «Vero, non lo voleva fare nessuno – risponde –. Ci siamo presi un sacco di porte in faccia. Ma per i rimpianti è tardi, oggi non è il giorno dei pensieri negativi. Anzi, mi sento in un momento di ottimismo, tranquilli che poi mi passerà: voglio pensare che Claudio ha fatto comunque tre film e anche i ragazzi di oggi, quelli che vorranno fare cinema fra dieci o vent’anni, potranno vederli e li vedranno; voglio pensare che Claudio aveva cinque sceneggiature pronte nel cassetto e noi le tireremo fuori; non le produrrò io perché non voglio impazzire, ma le faremo. Voglio pensare che Claudio, qui a Venezia, c’è: ci sono tutti coloro che l’hanno accompagnato in questa avventura, e c’è il film. Molti anni fa eravamo qui insieme con L’odore della notte e quindi Venezia, per Nono essere cattivo, è un punto d’arrivo. Per liberare il campo da ogni polemica, il direttore della Mostra Alberto Barbera aveva anche pensato di metterlo in concorso, ma poi sono state fatte valutazioni diverse e nessuno è qui per recriminare. Un piccolo rimpianto c’è, perché mi sarebbe piaciuto che il film fosse visto da una giuria internazionale e credo che i due attori protagonisti, Luca Marinelli e Alessandro Borghi, se la sarebbero giocata con chiunque. Ma è un ‘rimpiantino’, davvero. A proposito degli attori, vi racconto questa: Luca era stato scelto per il ruolo di Vittorio, e non si trovava Cesare, abbiamo fatto provini a chiunque. Poi un giorno, proprio durante un provino, Claudio ha fatto un gesto che voleva dire ‘scambiamoli’. Marinelli provava Vittorio da mesi ed era terrorizzato, ma credo che proprio la paura l’abbia aiutato a trovare Cesare dentro di sé: si è trasformato in 30 secondi, e Claudio ha fatto un altro gesto che voleva dire ‘hai visto? Te l’avevo detto’, e non ce l’aveva detto per niente ma quando l’ha detto era come se l’avesse già detto davvero... Scusate, mi sono incartato. Claudio era uno di poche parole. Era un cinefilo pazzesco ma voleva parlare alla gente vera, non ai cinefili. Davanti al monitor, al montaggio, per ogni inquadratura ti diceva a quale classico faceva riferimento. Ti diceva: Giungla d’asfalto, e poi silenzio. Capiva che tu non l’avevi mai visto, e ti faceva sentire una merda».
Qui accanto vi diciamo cosa pensiamo del film (tutto il bene possibile). Ma ci tenevamo a dar la parola a Valerio Mastandrea. Dopo di lui, è giusto che parli solo la signora Adelina, l’anziana mamma di Caligari, ieri al Lido: «Mio figlio era molto dolce ma sul lavoro era molto energico. Ha insegnato a me, a tutti noi e a chiunque l’abbia conosciuto uno stile di vita».
Fine delle chiacchiere, da oggi il film è nei cinema, tocca a voi.