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 2015  settembre 09 Mercoledì calendario

BELLOCCHIO: «ECCO IL MIO RITRATTO DELL’ITALIA» – 

«Libero». Ripete la parola più volte, Marco Bellocchio, quando parla di Sangue del mio sangue, accolto con 8 minuti di applausi ieri al Lido e da oggi nelle sale con 01. «È un film libero perché può permettersi di andare avanti e indietro nel tempo senza preoccuparsi che tutti i tasselli narrativi siano a posto, come succederebbe invece in un film americano».
Libero, come la sua voglia mai attenuata di fare cinema: «Alla mia età, 75 anni», dice con autoironia, «un regista ha due opzioni: o si rimbambisce o continua a divertirsi. Io ho scelto la seconda».
In gran forma, Bellocchio ha appena finito le riprese di un altro film, Fai bei sogni ispirato al romanzo omonimo di Massimo Gramellini. Intanto, ieri sera, ad applaudire al Lido Sangue del mio sangue c’era anche il Presidente Emerito Giorgio Napolitano.
Bellocchio, perché ha accettato di venire in concorso?
«Siamo tutti contro le istituzioni, ma c’è poco da fare: la gara regala una maggiore visibilità al film che esce nelle sale. Non ho avuto scelta».
Com’è nata l’idea?
«Da vent’anni tengo dei corsi di cinema a Bobbio, la mia città: cercando i potenziali scenari per un film, ho scoperto le vecchie prigioni e la storia della suora murata viva, vagamente ispirata alla Monaca di Monza».
Sente il bisogno di tornare alle sue origini?
«Bobbio è il luogo in cui, da ragazzo, ho vissuto la dimensione paesana, piuttosto chiusa. E oggi che il mondo si è frammentato, per non usare l’abusatissima parola ”globalizzato”, quel luogo si è aperto».
Ce l’ha sempre con la religione?
«Resto un anarchico, sempre più moderato a dire la verità. Non mi vedrete mai a lanciare pietre con i no-tav, ma il potere continua a darmi fastidio. Papa Francesco è più a sinistra della sinistra, ma non fatemi passare per un convertito. Anche se non mi trovo d’accordo con lui su molte questioni, soprattutto in materia di famiglia, parlar male della Chiesa oggi non mi viene naturale».
Nel film recitano i suoi figli Piergiorgio e Elena e suo fratello Alberto, mentre sua moglie Francesca Calvelli ha curato il montaggio. Che effetto fa lavorare in famiglia?
«L’ho vissuto come un fatto naturale. Con i figli bisogna sempre fare i conti, sono sangue del tuo sangue. Hai vissuto insieme con loro, negli stessi luoghi, consumato gli stessi pranzi e le stesse cene. Il sistema sovietico ha fallito perché pensava che i figli potessero essere gestiti dallo stato».
Perché le donne sono sempre al centro dei suoi film?
«Non per una scelta ideologica, ma perché risultano oggettivamente più vitali. Gli uomini, lasciatemelo dire, sono dei poveracci».
Come definirebbe ”Sangue del mio sangue”?
«La storia racconta le spietate regole della Chiesa del Seicento in piena Inquisizione e si ricongiunge al presente caotico della truffa e della mafia. Il film è un apologo dell’Italia di oggi».