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 2015  settembre 09 Mercoledì calendario

VITTORIA, MARGARET, KATE: MEGLIO STARE SUL TRONO CHE VIVERE DA PRINCIPESSE

«L’incoronazione (di Elisabetta II, nel 1953, ndr) fu un momento mitologico. Sembrava che le cose potessero solo migliorare», raccontava anni dopo la sua sorella minore, la principessa Margaret. Per la quale le cose non migliorarono: alla fine della cerimonia, mentre aspettava la sua carrozza, fu fotografata mentre toglieva pelucchi dal bavero del capitano Peter Townsend, cattolico e divorziato e successivamente bocciato come pretendente dalla casa reale. Il seguito è noto: la sorella maggiore, oggi 89enne, ha regnato per decenni con grande autodisciplina, stimata dalla maggioranza dei sudditi (i britannici repubblicani tendono a definirla, come ha scritto Polly Toynbee qualche giorno fa sul Guardian , «una maestra del nulla»; maestra, però). La minore, principessa e basta, senza un vero incarico neanche ereditario, ha sposato un altro ma non è andata bene, ha fatto la celebrità itinerante, ha bevuto tantissimo (più della mamma Regina Madre, arrivata a 102 anni a furia di gin tonic). Margaret d’Inghilterra non è più tra noi. E’ meglio regnare che essere principesse, sembra. Basta ereditare un regno. Basta spiegarlo alle ragazze, poi, se il regno viene usato come metafora.
Il ruolo fa la donna e l’uomo, se non si nasce regali, convincersene aiuta. Basta pensare a regine regnanti e principesse nel Regno Unito che ne fornisce da secoli esempi significativi e seguitissimi dall’opinione pubblica mondiale. Tre regine che hanno cambiato la storia del loro Paese: Elisabetta I lo trasformò in impero globale e mantiene il suo primato di icona delle donne assertive (e di recente è stata interpretata in due film da Cate Blanchett). Vittoria diventò la nonna della monarchia costituzionale e la leader culturale del perbenismo ottocentesco borghese (vittoriano), dando al ceto medio una sicurezza di se’ che rese forte l’impero britannico (all’epoca non c’erano i giornali e le reti tv e i siti di Rupert Murdoch, che l’avrebbero intercettata e accusata di turismo sessuale col guardiacaccia a Balmoral).
Elisabetta II è stata notaia ineccepibile del passaggio da superpotenza coloniale a Paese importante però molto meno; ancora con un apparato militare serio al servizio di Sua Maestà con Sua Maestà e famiglia come prime attrazioni per gli stranieri (al netto della capitale porto franco del business globale, dei ricchi di tutto il mondo che comprano proprietà londinesi, degli studenti universitari e d’inglese, vabbe’). E ha affrontato un’infinità di pubblici scandali — per la sua generazione lo sono — nella famiglia reale, uscendone, ogni volta, con dignità (sia nel film The Queen , e nella parte di Elisabetta c’era Helen Mirren; sia durante l’inaugurazione delle Olimpiadi di Londra, si univa a 007 Daniel Craig ed è stata premiata come migliore Bond Girl di tutti i tempi).
E varie principesse, con aura più o meno di breve durata. La «principessa triste», per antonomasia, la sorella Margaret, raccontata annoiata, vagabonda, amaramente spiritosa. La nuora Diana, la prima principessa pop, amatissima dai media e diventata bravissima a usarli, intrappolata a lungo in un matrimonio senza molto senso e poi morta male; dimenticata dopo l’emozione collettiva dei funerali, rappresentata in un film molto brutto, Diana - La storia segreta di Lady D ; ricordata, più che per l’attivismo finale nella campagna contro le mine antiuomo, per le sue mises modaiole, le sue rivelazioni imbarazzanti sui parenti acquisiti, e per aver reso di moda la pratica dell’idrocolon. La moglie del nipote William, secondo in linea per il trono, Kate Middleton, macilentissima, lampadata, ora soprattutto mamma del principino George e immortalata in pagine Facebook «Baby George ti disprezza» in tutte le lingue del mondo. Nelle foto, George fa smorfie mentre guarda Kate, nei fumetti in italiano le dice «tranquilla mamma, non sei più poraccia». Più della suocera e di alcune antenate acquisite, però, sulla lunga distanza.