Paolo Siepi, ItaliaOggi 8/9/2015, 8 settembre 2015
PERISCOPIO
Patente ritirata a Balotelli per eccesso di velocità. Ormai la strada è l’unico posto dove riesce a correre. Gianni Macheda.
Il Regno Unito dice no al piano Ue sui migranti. Dopo il gomito, ora alzano pure la cresta. Mario Baldassarri, l’Annuncio.
Non può essere solo papa Francesco a colmare il vuoto di pensiero e dei valori. Nichi Vendola, segretario del Sel (Giovanna Casadio). la Repubblica.
Cresciamo all’incirca come Francia e Germania: poco, ma finalmente come loro. Negli ultimi anni, invece, mentre loro crescevano, noi perdevamo posizioni. In un anno abbiamo fatto legge elettorale, riforma del lavoro e della pubblica amministrazione, della scuola, delle banche popolari: una riforma che era nell’agenda del governo D’Alema, ministro del tesoro Ciampi, direttore generale Draghi; allora furono costretti a fermarsi, noi non ci siamo fermati. Abbiamo rinnovato i vertici di Cdp e Rai, risolto 43 crisi aziendali, riaperto fabbriche da Taranto a Terni, approvato la responsabilità civile e il divorzio breve. Matteo Renzi (Aldo Cazzullo). Corriere della sera.
Se ci sarà un’uscita, sarà inavvertitamente nel basso e all’indietro. Walter Siti, Exit strategy. Rizzoli, 2014.
Fulvio Abbate, l’intellettuale Pd che viene soprannominato «il Marchese rosso», è alla guida dell’auto con la figlia e si imbatte nella Google car che sta mappando le strade di Roma. Ma fra lui e la preda visiva che vuole mostrare alla figlia c’è una utilitaria che lo infastidisce. Lo scrittore si imbestialisce: «Togliti dal c..!», e apostrofa con vari epiteti l’ignaro guidatore che semplicemente sta guidando in fila. Abbate, con lo stesso linguaggio, spiega alla figliola la funzione della Google car: «Quando noi cerchiamo via ’sto cazzo, la troviamo per merito suo». Ma nel bel mezzo del discorso l’altra utilitaria lo supera di nuovo, e lui sbotta: «Idiota, piccolo borghese, tornatene all’annona!». Poi il marchese rosso si calma e spiega alla figlia: «Non abbiamo fretta. Siamo ricchi noi, e non abbiamo nulla da fare...». Franco Bechis. Libero.it.
In quanto regista borghese che si era messo al servizio del popolo ma che non si era ancora completamente trasformato, io accettavo le decisioni del partito. Ne discutevamo, naturalmente, ma io ero psicologicamente propenso ad accettarle, sempre per quel senso di inferiorità e di colpa che non riuscii mai a vincere del tutto... Da parte nostra (parlo, in special modo, dei cineasti) mancò una volontà fino in fondo di integrarci, rivoluzionarci; si conservarono molte vecchie abitudini, il buon gusto borghese rimase, l’orrore per la volgarità, lo snobismo, la delicatezza d’animo e la passione per tanti registi reazionari. Marco Bellocchio, regista. Da: Franca Faldini e Goffredo Fofi, Il cinema italiano d’oggi. 1984.
Goebbels estese il proprio dominio anche sulla letteratura, bruciando in piazza i libri proibiti ed espropriando le case editrici. Ma scriveva come un ossesso, Goebbels. Fra il 1924, quando si affacciò alla vita politica, e il 1945, quando volle morire a Berlino ormai spacciata sotto l’incalzare dell’Armata Rossa, tenne un diario furente e sferzante di migliaia di pagine. Di notte, dettava per ore allo stenografo un ritratto di se stesso, destinato ai posteri. E non mancava di annotare, poiché si pesava prima e dopo, di quanto era calato al termine di un discorso importante. Giulio Meotti. Il Foglio.
«Disrupt», rottamare, è un termine che ha molta presa in America perché lì è già tutto privatizzato. Startup private smantellano altre imprese private. In Europa è diverso. Evgeny Morozof, guru russo del digitale (Riccardo Stagliano). la Repubblica.
A proposito di parole, è proprio vero che «Jovanotti» fu un errore di stampa. Mi ero scelto, all’americana, il nome «Jo Vanotti» ma il grafico, al telefono, capì male. Fu una botta di fortuna perché la vita è fatta di botte di fortuna. Quella lo fu sicuramente. Jovanotti (Gian Antonio Stella). Sette.
Alessandro Manzoni nasce nel 1785 da amplessi ambigui e quasi turpi di cui non ha verosimile colpa. La marchesina Giulia è di sangue matto. Sotto la gonna ha un bugno di vespe facili al furore. Dei tre fratelli Verri, si vuole che sia Giovanni a farle il fiocco. Giovanni ha pure ingegno, ma brulica di spiroteche. E la Giulia contrae, come non potrebbe? Il gracilissimo Lisandrino nasce però formalmente da un padre putativo che è brianzolo ed ha il nome in capo: Manzoni. Gianni Brera, Il principe della zolla. il Saggiatore, 1977.
Giovanni Papini: «Chi mi darà torto se io dichiaro che Roma è sempre stata, intellettualmente parlando, una mantenuta. Questa città ch’è tutto passato, nelle sue rovine, nelle sue piazze, nelle sue chiese; questa città brigantesca e saccheggiatrice che attira come una puttana e attacca ai suoi amanti la sifilide dell’archeologia cronica, è il simbolo sfacciato e pericoloso di tutto quello che ostacola in Italia il sorgere di una mentalità nuova, originale». È inutile che ci raccontate stronzate: la romanità non esiste, è un’invenzione. Siete tutti dei pataccari, illusionisti da quattro soldi, venditori di fumo. Siete il pubblico perfetto per il Mago Guarda, vi sbellicate dalle risate quando il Mago si infila la spada in gola, perché lo sapete che è una cazzata ma vi riconoscete in lui, nella sua impostura e urlate «Noooo, mago, non lo fare!» e poi fate un inchino, vi togliete il parrucchino e vi godete lo spettacolo, con la panza piena. Alessandro Trocino. Pièce: Roma contro Roma.
Anche se sono indebitato fin sopra i capelli, all’onnipotente non devo nulla finché continua a mandarci questi Hitler e questi Stalin: è il «loro» Dio, non il mio. Isaac B. Singer, Anime perdute. Longanesi, 1995.
Alice, la più acuta commentatrice di cui possiamo disporre, ci racconta dal web il gioco delle carte al quale partecipa, oltre a lei stessa, anche la regina, ci racconta il fenicottero usato come mazza per colpire con esattezza la palla, i turni incomprensibili ai quali tutti sono soggetti se vogliono partecipare alla partita. Massimo Bucchi, scrittore satirico. ilvenerdì.
Ed ecco che, dietro una tenda, nonna Mora sorprende la nipote Carlotta, fresca sposa, appiccicata al marito di un’altra; e lo bacia! Il colmo della sorpresa sta nel fatto che il fedifrago è un uomo pio, dirigente dell’Azione Cattolica. Per di più, ha un cognome pesante da portare: Piovàn, che, in veneto, vuol dire parroco. Nantas Salvalaggio, Rio dei pensieri. Mondadori, 1980.
E se fossi già morto? Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 8/9/2015