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 2015  settembre 06 Domenica calendario

IL ROMANZO DELL’ECONOMIA

«Il poeta chiede solo di metter la testa nei cieli. È lo scienziato che cerca di mettere i cieli nella sua testa. Ed è la sua testa che si fende»… così G. K. Chesterton in Orthodoxy. La contrapposizione fra arte e scienza come strumenti di ricerca della verità è vecchia quanto il mondo. Ma non c’è bisogno di antagonismi. E una scienza - l’economia - che da decenni aveva assunto vesti troppo formalizzate, è stata bruscamente strattonata dalla realtà (bolle borsistiche e Grande recessione...) e sta virando verso la psicologia, la storia, la sociologia, come si conviene a quella che dopotutto è un misto fra scienza esatta e scienza dell’uomo.
Poeti e scrittori sanno di economia? Ebbene, sì. Come quel personaggio di Molière che non sapeva di parlare in prosa, molti non sanno di essere economisti… E si capisce perché. Non è possibile parlare di cappa e spada, di innamoramenti e tragedie, di guerra e pace, di delitti e castighi, di ritrovi e abbandoni, di vita e di morte senza incappare nell’economia. Senza incappare, cioè, in quella “scienza della sopravvivenza” che è l’economia, in quel “grillo parlante” che fastidiosamente ricorda a ogni essere umano che i desideri possono essere illimitati ma le risorse sono limitate. Generosità e rapacità, conquiste e lotte hanno sempre dietro la trama e l’ordito delle risorse, la vita presenta a ognuno il conto del vivere, e poeti e romanzieri, che lo sappiano o no, scrivono, con un inchiostro spesso invisibile, temi di economia.
Non è vano, allora, cercar d’economia nella letteratura. Anzi, è, specie adesso, sommamente indicato: le nuove branche della «economia comportamentale», che rivestono di impulsi e di passioni il compassato homo oeconomicus dei libri di testo, gettano fasci di luce radente su tanti personaggi e tante vicende della letteratura mondiale. Dobbiamo esser grati a Giandomenico Scarpelli per aver scritto un libro - La ricchezza delle emozioni. Economia e finanza nei capolavori della letteratura - che si avventura per sentieri mai calpestati: ricercare nei grandi romanzi quegli spunti e quei problemi che odorano di economia e di finanza. E c’è di più: Scarpelli ha organizzato questi incontri e questi riferimenti lungo i capitoli di un ideale libro di testo, talché il risultato di questo ibrido e meritorio sforzo assomiglia, come scrive, a «quasi un mini-corso di economia tenuto dai grandi scrittori (con un po’ di regia da parte mia)».
La ricchezza dei riferimenti letterari lascia stupiti, e ci si domanda dove abbia trovato il tempo Scarpelli (che non è un letterato ma un economista della Banca d’Italia) per digerire quelle letture. Ma quel che conta è il prodotto di quella laboriosa digestione, e il risultato è egualmente gratificante per i cultori dell’economia e per i lettori appassionati. I primi si ricorderanno del monito di John Maynard Keynes: il grande economista così descriveva, in un articolo apparso sull’«Economic Journal» in occasione della scomparsa del suo mentore Alfred Marshall («Alfred Marshall – 1842-1924»), le qualità dell’economista ideale: «Nessuna parte della natura e delle istituzioni dell’uomo deve essere fuori dal suo sguardo. La sua attitudine deve essere determinata e disinteressata al tempo stesso; così distaccato e incorruttibile come un artista, eppure talvolta così concreto come un politico». E i secondi avranno il piacere di scoprire, nei tanti brani incastonati nella Ricchezza delle emozioni, un significato nuovo, un collegamento, forse mai carpito prima, ai temi della Ricchezza delle nazioni, per citare il libro seminale della scienza economica.
Non ultima fra le scoperte che vengono dalla lettura di questo libro (non è un’antologia, si deve leggere come un romanzo!) è che in molti casi gli squarci di luce “economica” che venivano dalle vicende, appunto, romanzate, precorrevano i tempi, nel senso che stagliavano i problemi dell’economia alla luce della realtà, e non di quei modelli che, per guadagnare in esattezza, rinunciano al realismo. Torna alla mente una famosa battuta sugli economisti: uno di questi ha perso le chiavi della macchina davanti a casa, e si ingegna a cercarle; siamo di sera e l’economista si aggira intorno a un lampione scrutando il marciapiede; passa un poliziotto e gli chiede cosa sta cercando: «Le chiavi della macchina», risponde il nostro. «E dov’era quando le ha perse?» – «Ero nel vialetto di accesso al mio garage» – «Ma allora perché le cerca vicino al lampione?» – «Perché qui c’è più luce», risponde l’economista.
La letteratura è fatta o di realismo – le storie si dipanano nel mondo che conosciamo, passato o presente – o di fantasia – le storie si arrampicano nel tempo e nello spazio, in un mondo diverso, creato dallo scrittore. Come ha osservato Bruna Ingrao (in occasione della presentazione del libro di Scarpelli, il 17 giugno) i riferimenti all’economia si trovano copiosi sia nella letteratura realistica – come nei grandi romanzi francesi, inglesi e russi dell’Ottocento) – sia in quella fantastica – vedi Un americano alla corte di Re Artù di Mark Twain o I viaggi di Gulliver, di Jonathan Swift...
Quei viaggi fra le virtù e i vizi degli uomini – e questi sono in effetti i romanzi – spesso toccano il danaro, quel totem del ragionamento economico. E attorno al danaro gli economisti hanno costruito un castello di razionalità, uno spietato inseguimento del “massimo risultato col minimo mezzo”. Solo negli anni recenti questo castello ha cominciato a sgretolarsi, sotto i colpi di maglio della ricerche della «neuroeconomia» e dell’economia comportamentale. Ma già da secoli i romanzieri avevano intessuto le questioni di danaro con il filo variopinto di poco razionali emozioni. E, come detto prima, talvolta si ritrovano nella letteratura modi più realistici di approcciare questioni di soldi rispetto ai modi e ai modelli degli economisti. Amartya Sen – un premio Nobel di economia – ha scritto che la distanza venutasi a creare fra economia ed etica è stata controproducente anche per quest’ultima; e cercare di usare le esigenze della razionalità a favore delle ipotesi tradizionali (massimizzazione dell’interesse personale) è come guidare una carica di cavalleria in groppa a un mulo zoppo.
I bibliotecari, che sono obbligati a classificare i libri secondo l’argomento, forse avranno qualche difficoltà a incasellare La ricchezza delle emozioni: letteratura? economia? antologia? Ma questo è un problema loro. Il problema nostro – ma è un piacere, non un problema – è solo quello di godere un libro originale e suggestivo.
fabrizio@bigpond.net.au
Fabrizio Galimberti, Domenicale – Il Sole 24 Ore 6/9/2015
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Giandomenico Scarpelli, La ricchezza delle emozioni, Economia e finanza nei capolavori della letteratura, Carocci Editore, Roma, 312 pagg, € 31.00