Ignazio Ingrao, Capital 7-8/2015, 8 settembre 2015
VIA I MISTERI DAL TEMPIO
Alla fine Papa Francesco ha optato per la Governance Duale. Con il motu proprio, cioè la legge «Fidelis dispensator et prudens», ha istituito la segreteria per l’Economia. Il suo compito è vigilare sui 64 enti (dicasteri, uffici e commissioni) che entrano a far parte del bilancio consolidato della Santa Sede. In pratica tutta la curia romana. Ma soprattutto alla segreteria per l’Economia fa capo la gestione delle risorse umane e di tutte le voci di spesa della Santa Sede e della Città del Vaticano. Si tratta di competenze che prima erano affidate alla segreteria di Stato. Ora accanto al Papa ci sono due uomini forti che guidano la macchina organizzativa della Chiesa: il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, cui compete la diplomazia e la gestione degli affari interni, e il prefetto della segreteria per l’Economia, il porporato australiano George Pell, da cui dipendono risorse e personale.
Jorge Mario Bergoglio è giunto a questa conclusione dopo una consultazione iniziata dopo l’elezione. Per porre rimedio agli scandali, finanziari e non, che avevano travolto l’ultima fase del pontificato di Benedetto XVI, al pontefice scelto «dalla fine del mondo» il collegio cardinalizio aveva affidato il compito di una decisa riforma economica della curia. Francesco ha consultato tutti e poi ha deciso da solo. Per questo ha creato due commissioni. Anzitutto la Pontificia commissione referente sull’Istituto per le opere di religione, composta da cinque membri (quattro ecclesiastici più una donna, l’ex ambasciatrice statunitense presso la Santa Sede Mary Ann Glendon) e presieduta dal cardinale Raffaele Farina. Successivamente la Pontificia commissione referente di studio e di indirizzo sull’organizzazione della struttura economico-amministrativa della Santa Sede, otto membri (sette laici e un ecclesiastico) e presieduta dal finanziere maltese Joseph F.X. Zahra. Per la prima volta sono entrate nelle Mura leonine società di consulenza, incaricate da queste due commissioni: tra queste la Promontory per verificare i conti correnti presso lo Ior, la Deloitte per i bilanci degli enti della Santa Sede, la McKinsey per i media vaticani, la Ernst and Young per il Governatorato e altre ancora. Una scelta che ha indispettito una parte della curia romana preoccupata di mettere in «mani estranee» i «segreti» dell’amministrazione e della finanza del Palazzo apostolico che da dieci secoli erano coperti da riserbo. Eppure, proprio questa scelta di avvalersi di professionalità al di sopra delle parti ha permesso di smascherare, per esempio, circa 1.500 conti correnti sospetti o illegittimi, in base allo statuto dello Ior, giacenti presso la banca vaticana che poi sono stati chiusi. Come pure di dare indicazioni omogenee e coerenti per la redazione dei bilanci.
Alla luce dell’attività delle due pontificie commissioni, il Papa ha deciso di creare il Consiglio per l’economia, composto da 15 membri, otto cardinali, sei laici esperti e un prelato, affiancato dalla segreteria per l’Economia guidata dal cardinale Pell. Accanto a questi due organismi è stata creata la figura del revisore generale dei conti che sostituisce la Prefettura degli affari economici della Santa Sede. È il tentativo di dare unità di gestione e di controllo alle attività economiche e finanziarie della curia romana. Ma c’è voluto un anno per definire gli statuti dei tre organismi, che hanno visto la luce solo il 22 febbraio. Significativo è stato il braccio di ferro tra l’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica (Apsa) e la segreteria per l’Economia. In un primo tempo, per volontà del Papa sembrava che l’ingente patrimonio immobiliare gestito dall’Apsa, presieduta dal cardinale Domenico Calcagno, sarebbe passato sotto il controllo della segreteria guidata da Pell. Le difficoltà tecniche e giuridiche di tale passaggio hanno poi indotto di fatto a rinunciare a questa operazione. Nel frattempo, il prefetto della segreteria per l’Economia ha chiesto a tutti gli enti e dicasteri di fare un inventario del proprio patrimonio e redigere un bilancio dettagliato. Questa azione ha permesso di far emergere 1.114.000.000 di euro di attività e 222.000.000 di passività che in precedenza non erano mai finite nel bilancio consolidato della Santa Sede. Tuttavia, dicasteri che detengono patrimoni mobiliari e immobiliari importanti, come la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli (De propaganda fide), accettano malvolentieri di sottoporsi al controllo di gestione della segreteria per l’Economia.
Anche lo Ior è stato riportato nell’alveo delle sue funzioni originarie di banca al servizio degli ecclesiastici e delle congregazioni religiose. Ma questa azione di semplificazione e pulizia ha fatto emergere nuovi problemi giudiziari. Oltre a monsignor Nunzio Scarano, ex capo contabile dell’Apsa, arrestato dalla magistratura italiana per riciclaggio e falso, sono stati indagati dinanzi alla magistratura vaticana per peculato l’ex presidente dello Ior, Angelo Caloia, e l’ex direttore generale Lelio Scaletti, per fatti relativi alla vendita di 29 immobili di proprietà dello Ior. Sono stati i controlli di Promontory sui conti correnti della banca vaticana a evidenziare queste operazioni. Si attendono gli sviluppi di questa inchiesta.
Persino in Vaticano le pensioni sono diventate un problema, tanto che il pontefice ha dovuto riformare il fondo pensioni. Ma le novità non sono finite. All’orizzonte c’è l’attesa definizione del Vatican asset management, che dovrebbe unificare la gestione complessiva del patrimonio della Santa Sede ma che trova strenua resistenza nei singoli dicasteri. E in secondo luogo l’adozione di linee etiche per gli investimenti finanziari sul modello dei codici di comportamento adottati dalle conferenze episcopali tedesca e statunitense. Una nuova rivoluzione copernicana nei sacri palazzi che Francesco non ha intenzione di rinviare.