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 2015  settembre 08 Martedì calendario

IL TELESCOPIO DA 9 MILIARDI DI DOLLARI


Dopo aver celebrato, nella rubrica di giugno, i 25 anni del telescopio spaziale Hubble, può essere interessante dare uno sguardo a quello che tra qualche anno dovrebbe diventare il suo diretto successore, ovvero il James Webb Space Telescope (JWST). Progettato dalla NASA con il contributo delle agenzie spaziali europea e canadese, e intitolato all’amministratore che guidò l’agenzia spaziale americana tra il 1961 e il 1968 – nel periodo cruciale del programma Apollo e dello sbarco umano sulla Luna – il JWST sarà in realtà piuttosto diverso da suo papà Hubble. Intanto, nello schema di progettazione: Webb avrà uno specchio principale di 6,5 metri, che gli darà un’area di raccolta della luce sette volte maggiore di quella di Hubble (il cui specchio ha un diametro di 2,4 metri). Ma mentre Hubble ha l’aspetto di un telescopio tradizionale, con lo specchio racchiuso dentro una protezione cilindrica, lo specchio di Webb sarà esposto alla vista e montato sopra una serie di scudi protettivi grandi come un campo da tennis. Sarà inoltre uno specchio composito, un mosaico di 18 specchi esagonali più piccoli, che lo fanno somigliare a un nido d’ape. E se Hubble orbitava praticamente sopra le nostre teste, a portata di mano degli astronauti dell’ormai dismesso Space Shuttle, Webb verrà invece parcheggiato a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, quattro volte più in là dell’orbita lunare.
Sarà diversa anche la frequenza della luce osservata: Webb sarà infatti sensibile soprattutto alla radiazione infrarossa, cosa importante per almeno due motivi. Il primo è che la radiazione infrarossa, al contrario della luce visibile, riesce a penetrare la polvere diffusa nello spazio interstellare e attorno ai sistemi stellari in formazione. Il secondo è che la luce delle galassie più lontane, a causa dello spostamento verso il rosso dovuto all’espansione dell’universo, ci giunge in gran parte proprio dalla banda infrarossa dello spettro elettromagnetico. Webb potrà quindi scrutare regioni inesplorate dell’universo, e in particolare guardare indietro fino all’epoca di formazione delle prime stelle e galassie, poche centinaia di milioni di anni dopo il big bang. Inoltre, potrà dare un contributo importante nella nuova area di ricerca dei pianeti extrasolari, con la possibilità di osservarne e caratterizzarne le atmosfere.
Insomma, se le cose andranno per il verso giusto, il JWST sarà uno dei principali strumenti astronomici per almeno un decennio, e potrà eclissare il successo del suo predecessore. E bisogna davvero augurarsi che sia così, non solo per l’indubbio interesse scientifico di Webb, ma anche perché la sua realizzazione è stata segnata da polemiche, ritardi e aumenti di spesa, e persino dal rischio della cancellazione della missione. Dalle stime iniziali che prevedevano un costo di 1,6 miliardi di dollari e il lancio nel 2011, si è arrivati a una spesa che sfiora i nove miliardi di dollari, con una data di lancio al momento prevista per ottobre 2018. Si tratta quindi di un progetto estremamente ambizioso, con tecnologia nuova e avveniristica, su cui la NASA ha concentrato quasi tutte le sue risorse destinate alla ricerca in astrofisica, creando qualche malcontento tra chi avrebbe preferito una ripartizione del budget su diversi progetti più piccoli. Ma la decisione è stata presa, e a questo punto bisogna fare il tifo per Webb.
E magari iniziare anche a pensare al nipotino. Recentemente, un gruppo di 17 importanti astronomi e tecnologi (tra cui il premio Nobel per la fisica John Mather, uno dei leader del JWST) ha scritto un voluminoso rapporto indicando le caratteristiche dell’ipotetico erede di Webb, provvisoriamente battezzato High-Definition Space Telescope, HDST: 12 metri di diametro, specchio composto da 54 segmenti, spesa stimata attorno ai dieci miliardi di dollari. Per il momento si tratta di sogni. Ma se Webb farà il suo dovere, potrebbero diventare realtà.