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 2015  settembre 08 Martedì calendario

SECONDO FIGLIO, RICATTATA DALLE AUTORITA’

Il dramma di una donna di 41 anni, costretta dalla legge a scegliere tra abortire all’ottavo mese di gravidanza oppure far perdere il lavoro al marito, ha provocato una “rivolta” nell’opinione pubblica cinese. Centinaia di persone, secondo i media cinesi, hanno telefonato o scritto al governo della provincia dello Yunnan (sud della Cina) chiedendogli di non licenziare l’uomo, un agente di polizia. La donna, che ha usato solo il suo cognome, Chen, nelle sue dichiarazioni alla stampa locale ha affermato di sentirsi «sotto pressione» e di aver «capito» che deve abortire se non vuole che suo marito perda il lavoro. «Ho paura – ha dichiarato – se mio marito vuole che abortisca dovrò farlo». Un portavoce dell’Ufficio per la pianificazione familiare della prefettura di Chuxiong, dove si sta svolgendo la vicenda, ha affer- mato che il governo «non forzerà mai» la donna ad abortire. Ma ha aggiunto che «c’è anche il sospetto che la coppia voglia evitare la punizione per aver violato le regole istigando l’opinione pubblica».
La legge che impone il figlio unico alle coppie urbane è malvista dalla grande maggioranza della popolazione cinese. Imposta nel 1979, è odiata anche a causa del modo nel quale è stata applicata, cioè rendendo i funzionari di basso livello responsabili della rigida osservanza di un sistema di quote imposto dal centro. Secondo questo sistema, il governo centrale stabilisce il tetto di nascite per ogni provincia, ogni governo provinciale stabilisce quello delle municipalità e così via. Nel novembre del 2012 il comitato centrale del Partito Comunista ha “corretto” la legge, cioè consentendo alle giovani coppie di avere due figli senza per questo incorrere nei rigori della legge.