Morya Longo, Il Sole 24 Ore 8/9/2015, 8 settembre 2015
INCOGNITA PECHINO SUI TITOLI DI STATO USA
Gli americani forse non ci hanno fatto neppure caso. Ma la drastica riduzione delle riserve cinesi potrebbe avere un impatto anche a casa loro: potrebbe far salire oltre le attese i tassi dei titoli di Stato Usa. La Banca centrale cinese è infatti il primo detentore al mondo (dopo la Fed) di titoli di debito pubblico Usa: se d’improvviso è costretta a vendere una fetta sempre più rilevante di questo tesoretto, su cui sono in gran parte investire le sue riserve, un effetto sul mercato potrebbe farsi sentire. Soprattutto se - come sta già accadendo - anche altre banche centrali di vari Paesi emergenti sono costrette a fare altrettanto.
Da febbraio la Cina ha ridotto le sue riserve valutarie di 243 miliardi di dollari, per evitare eccessivi deprezzamenti dello yuan. Ad agosto ha fatto la sforbiciata più consistente, da 93,9 miliardi. Proprio ad agosto Pechino aveva deciso di consentire una svalutazione dello yuan di circa il 5%, probabilmente anche per calmare le pressioni al ribasso. Ma il panico che ne è scaturito ha causato una tale fuga di capitali dal Paese che ha reso quella svalutazione insufficiente: tutt’ora si calcola che la moneta cinese sia sopravvalutata del 15%. Così, per evitare ulteriori tracolli e per far fronte ai deflussi di capitali (che Goldman Sachs stima a 224 miliardi di dollari solo nel secondo trimestre 2015), la Banca centrale cinese ha avviato una massiccia campagna di sostegno della propria valuta: sta insomma comprando yuan e vendendo dollari. E qui arriviamo al “punto” americano: per farlo, deve scaricare una parte dei titoli di Stato Usa che ha in bilancio.
Sui numeri ufficiali queste vendite di Treasuries ancora non si vedono, dato che Pechino resta detentore di 1.271 miliardi di dollari di titoli Usa. Ma - come nota Antonio Cesarano, economista di Mps Capital Services - la Banca centrale cinese sta probabilmente vendendo titoli Usa dal Belgio, dove ne tiene una parte in custodia presso Euroclear: non è un caso che i titoli di Stato Usa presenti in Belgio siano diminuiti da 345 a 207 miliardi solo da febbraio a giugno (ultimo dato disponibile). Dietro le quinte, senza dare nell’occhio, i numeri confermano il timore: la Cina sta vendendo Treasuries, cioè titoli di Stato americani.
Manovre simili le stanno probabilmente imitando anche altre banche centrali, per esempio quella russa (che detiene solo 72 miliardi di dollari di titoli di Stato Usa) e quelle di alcuni Paesi esportatori di petrolio (che insieme ne possiedono 297 miliardi). Il fenomeno è rilevante, se si pensa che a livello mondiale le riserve delle banche centrali sono calate di 600 miliardi di dollari dopo aver toccato il record di 12mila miliardi nell’agosto scorso. E dato che i titoli di Stato Usa sono il principale investimento delle riserve, la domanda che ci si pone è: che impatto può avere tutto questo sui loro rendimenti? Che effetto può avere sui mercati? E sulle decisioni della Fed?
Per ora non è possibile misurare l’effetto sui Tresuries, dato che i loro rendimenti sono mossi soprattutto dall’attesa di una “stretta” monetaria da parte della Fed. Ma se le vendite cinesi (e non solo) dovessero continuare, prima o poi un impatto potrebbe sentirsi. Il fenomeno è inedito, perché fino ad oggi le riserve delle banche centrali sono sempre aumentate. Ma in una crisi che mostra sempre risvolti inediti, gli imprevisti sono la normalità.