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 2015  settembre 06 Domenica calendario

FUSARO, IL MARXISTA CHE PIACE ALLA LEGA ORA È ENTRATO NEL PANTHEON DEI 5 STELLE

Trentadue anni e tredici pubblicazioni che vanno da un «Bentornato Marx!» a «Coraggio», ricercatore all’università San Raffaele di Milano, hegeliano, gramsciano e ovviamente marxiano: Diego Fusaro è l’intellettuale feticcio dei movimenti anti-euro. Piace a tanti, dalla Lega Nord di Matteo Salvini, che vede in lui un nuovo Miglio per il suo Carroccio 2.0, ai gruppetti e gruppuscoli che militano a sinistra di tutto.
Bene, da ieri Fusaro ha fatto il suo ingresso anche nel Pantheon del M5S. Un tempio nel quale permangono, con alterne fortune, i vari Imposimato, Giannuli, Rodotà, Becchi. Nessuno col rango di ideologo: quel ruolo spetta incontestabilmente al diarca milanese del Movimento, Gianroberto Casaleggio. Ma tutti ospitati a più riprese sul blog di Grillo. Fusaro c’è entrato dopo aver impressionato i vertici M5S in un duello televisivo con Mario Monti sul tema della moneta unica. Ma è stato con le sue tesi sui flussi migratori che ha «convinto» il quartier generale milanese della Casaleggio Associati ad accogliere sul blog.
«Quelle morti - spiega lui parlando dei migranti che anno perso la vita nel Mediterraneo - sono prodotte dal bombardamento etico e dall’interventismo umanitario a stelle e strisce. Contano solo gli effetti, il rovesciarsi delle barche dei clandestini sembra quasi un evento naturale. Non ha senso fare l’elogio dell’immigrazione, così come non ha senso prendersela con i migranti che sono sfruttati in maniera vergognosa. Bisogna comprendere la logica capitalistica. Quelli che oggi tanto si scompongono e si agitano contro le stragi in mare sono gli stessi che si agitavano affinché venisse bombardata la Libia di Gheddafi o la Siria, c’è una follia generalizzata in tutto questo».
Così Casaleggio ribadisce il suo punto: sul tema del contrasto all’immigrazione clandestina il Movimento non è meno duro della Lega alla quale sogna di sottrarre ampie fette di elettorato. A Roma però questa competition col Carroccio non suscita più l’entusiasmo degli inizi. Vuoi lo scontro con la realtà del paese che si specchia nel palazzo, vuoi gli scarsi risultati d’immagine ottenuti con la faticosa raccolta firme per il referendum di addio all’euro che difficilmente avrà mai luogo, l’idea di presidiare temi così lontani dal Movimento degli inizi non seduce più il personale politico.
Anche a parlare di lasciare la nostra moneta sono rimasti in pochi. Ci sono i vari Sorial, Castelli, Crimi: pasdaran del no-euro sempre più isolati in un gruppo che per la maggior parte considera la battaglia per uscire dalla moneta nel migliore dei casi velleitaria e nel peggiore alla stregua di un orpello elettorale che allontana più elettori di quanti ne avvicini.
E poi la lunga lotta anti-euro mal si concilia con la nouvelle vague tutta romana del Movimento, quel culto del pragmatismo politico che trova la sua rappresentazione plastica nel vicepresidente Cinquestelle della Camera, Luigi Di Maio. Inoltre a Roma l’elettorato leghista interessa più nell’ottica di un eventuale secondo turno dell’Italicum che in quella di una competition lunga mesi e magari anni col Carroccio. Una battaglia nella quale Casaleggio rischia di restare senza truppe.