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 2015  settembre 06 Domenica calendario

L’ISPIRAZIONE NON È PER GLI ARTISTI, MEGLIO UN PO’ DI SANA ROUTINE

Anthony Trollope ogni mattina alle 5.30 si sedeva al tavolo, l’orologio di fronte a sé, costringendosi a scrivere 250 parole ogni quarto d’ora. «E le 250 parole arrivavano con la stessa regolarità dell’orologio». Haruki Murakami lavora per 6 ore dalle 4 del mattino mentre Kafka, impiegato di giorno, scriveva di notte. La giornata lavorativa di Darwin iniziava alle 8 dopo una passeggiata e si concludeva alle 12.30 (con un’ora di pausa). Patricia Highsmith mangiava solo pancetta, uova all’occhio di bue e cereali alle ore più strane. La moglie di Freud metteva il dentifricio sul suo spazzolino.
Abitudini, routine, capricci, manie e stranezze di personalità del passato e del presente sono state raccolte da Mason Currey (editor e scrittore, classe 1980), in Rituali quotidiani (Daily Rituals). Il libro arriverà in Italia il prossimo gennaio per Vallardi dopo il successo riscosso negli Stati Uniti. In 162 ritratti Currey traduce in singoli atti quotidiani le grandi visioni di scrittori e filosofi, poeti e scienziati, pittori e musicisti, registi e coreografi.
Com’è nata l’idea di raccogliere questi ritratti in un unico libro?
«Tutti i “perditempo” hanno i loro metodi per evitare di dedicarsi al proprio lavoro. Una delle mie attività preferite è sempre stata leggere interviste a scrittori, specialmente quelle in cui descrivono la loro routine quotidiana. È stato proprio in uno di questi momenti di procrastinazione che mi è venuto in mente che qualcuno avrebbe dovuto raccogliere tutte quelle storie. Ho creato subito un blog, Daily Routines (dailyroutines.typepad.com), in cui ho iniziato a raccogliere descrizioni delle abitudini di vari personaggi, non solo scrittori».
Il suo obiettivo?
«Volevo offrire esempi di come le grandi menti hanno trovato tempo e motivazione per portare avanti i loro progetti giorno dopo giorno. Esempi dai quali potesse trarre strategie chi, come me, lotta con l’organizzazione del proprio lavoro creativo. Magari trovando conforto nel sapere che anche loro hanno avuto a che fare con gli stessi problemi».
Da lì è iniziata la ricerca che ha portato, nel 2013, al libro.
«Attraverso il blog ho potuto raccogliere molti suggerimenti e consigli. Ho poi esaminato attentamente biografie, interviste, lettere, riviste e diari. Ho anche intervistato direttamente alcuni personaggi contemporanei».
Spesso sono i personaggi a descrivere in prima persona le proprie abitudini, attraverso citazioni o interviste.
«Sì, ho lasciato che fossero il più possibile loro a parlare per se stessi. La parte più interessante, in molti casi, non sono le semplici routine in sé ma il modo in cui vengono descritte. Spesso dalle lettere e diari si nota un certo tono di esasperazione: il risultato di una combinazione tra un reale disagio per gli ostacoli che lo scrittore o l’artista deve superare e una certa consapevolezza di quanto a un certo punto tutto ciò diventi quasi assurdo. Le lettere di Flaubert sono particolarmente ricche in questo senso. “A volte non capisco perché le mie braccia non si stacchino dal mio corpo per la fatica, perché il mio cervello non si squagli”, scrisse durante la composizione di Madame Bovary».
Le routine a volte diventano veri e propri rituali, oppure stranezze o ancora, in alcuni casi, superstizioni.
«Credo che il rituale più strano appartenga allo scrittore e filosofo tedesco Friedrich Schiller: in un cassetto nel suo studio teneva delle mele marce, aveva bisogno di quell’odore di decadimento per sentire l’impellenza dello scrivere. Il pianista Glenn Gould nei giorni di registrazione non mangiava affatto: il digiuno, diceva, rende la mente più lucida. Prendeva del Valium e mandava l’accordatore a prendergli la dose notturna di double-double (caffè con doppio zucchero e panna)».
Nel libro sono descritte le routine di Federico Fellini e Umberto Eco.
«Per l’edizione italiana ho aggiunto anche altre figure. Verdi, ad esempio: passava metà dell’anno in campagna dove alternava il lavoro al pianoforte a quello in giardino. “Se lascio lo studio mentalmente esausto mi rinfresco grazie alla intima comunione con la natura, che restituisce alla mia immaginazione e alla mia mente il vigore necessario per la creazione artistica”».
Stephen King lavora tutti i giorni dell’anno e non smette fino a che non ha raggiunto la quota giornaliera di 2 mila parole. David Foster Wallace, invece, non aveva una routine precisa: «Cerco di costruirne una solo quando la scrittura va male».
«C’è molta varietà ed è difficile generalizzare in categorie. Alcuni scrittori sono estremamente organizzati e metodici, altri invece hanno abitudini caotiche».
Ci sono invece tratti comuni tra attività e ambiti artistici diversi?
«Ho notato delle somiglianze tra compositori e scrittori: entrambi hanno bisogno di lunghi momenti di solitudine per portare a termine il lavoro. Alternano scoppi occasionali di ispirazione a lunghi periodi di lavoro scrupoloso; per loro una passeggiata è la strategia perfetta per trovare nuove idee e rompere i blocchi creativi».
Per quanto riguarda altre categorie?
«Ho notato una profonda differenza con i pittori. Picasso, Matisse, Miró parlano di come il tempo sembri evaporare quando sono di fronte alla tela e di come riescano facilmente a passare l’intera giornata completamente assorti nel loro lavoro. Scrittori e compositori non sembrano entrare nello stesso flusso creativo molto spesso: il loro lavoro richiede un approccio più metodico e scrupoloso».
Come un programma di lavoro preciso può aiutare l’azione creativa?
«Affidarsi a una routine prestabilita ti garantisce di dedicare alla tua arte un po’ di tempo tutti i giorni; e può anche allenare la mente a entrare in un certo mood creativo allo stesso orario tutti i giorni, mettendo il pilota automatico. In altre parole, elimina la variabile dell’incertezza dal processo creativo che, a essere sinceri, è crivellato di incertezza. Come disse una volta John Updike, una routine rigida “ti salva dal rinunciare”».
Nelle pagine iniziali del libro c’è uno schema: la giornata di Benjamin Franklin scandita ora per ora. Lo scienziato e politico statunitense però non era naturalmente incline all’ordine. Aiuta di più avere una routine rigida o non averla?
«Nella mia ricerca la maggior parte degli artisti ha bisogno di programmi rigidi. Molti sembrano aver scoperto che stando semplicemente ad aspettare l’ispirazione non riusciranno a concludere molto nel lungo periodo. Come sottolineava il pittore Chuck Close: “L’ispirazione è per i dilettanti. Il resto di noi si rimbocca le maniche e si mette al lavoro”».
E la sua routine creativa?
«Mentre scrivevo il libro, lavoravo a tempo pieno per una rivista. Mi svegliavo alle 5.30 per dedicare al libro due ore prima di andare in ufficio. La sera e nei weekend andavo alla New York Public Library per fare ricerca. Un programma estenuante ma meraviglioso: è incredibile quanto si riesca a fare quando si è molto impegnati».