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 2015  settembre 06 Domenica calendario

AZIENDE E VIP: DIVENTA UN AFFARE L’EDITING ONLINE

Prendendo in esame la versione inglese di Wikipedia, la più importante e letta tra le 287 disponibili, possiamo osservare un fenomeno inquietante: se nel 2007 erano 4.700 gli utenti responsabili di più di cento modifiche all’enciclopedia al mese, nel 2014 il loro numero è sceso a 3 mila. Sempre meno persone, sempre più potere. Un problema che mina alla base la natura democratica dell’organizzazione: che cosa succederebbe al sito, per esempio, se tra i membri di quest’élite ci fosse qualche malintenzionato?
Il problema ha aperto la strada a un nuovo business in cui la redazione dell’enciclopedia e le pubbliche relazioni si avvicinano pericolosamente: Wiki-Pr è un’azienda che si è specializzata proprio nello sfruttamento della zona grigia del sito, curando per conto altrui pagine relative a brand e aziende. Recita lo slogan dell’azienda: «Noi la scriviamo. Noi la controlliamo. Tu non ti dovrai più preoccupare di Wikipedia».
Co-fondata da Darius Fisher e Jordan French, Wiki-Pr ha avuto vita facile solo per qualche mese, prima di essere sorpresa nel 2013 mentre lavorava sul sito per conto di giganti statunitensi come Priceline e Viacom. Quando lo scandalo è esploso, Wikimedia, ente legato a Wikipedia, rispose bloccando i profili di 250 persone collegabili a Wiki-Pr. Da allora Wiki-Pr ha avuto vita difficile ma ha scoperto un nuovo modello di business: il sogno dell’Encyclopédie di Diderot insidiato dalle pubbliche relazioni.
Il fenomeno è inquietante perché, nonostante lo scandalo passato, è successo di nuovo: nei giorni scorsi la branca statunitense di Wikimedia ha annunciato di aver bloccato ben 381 profili del sito. Anche in questo caso, ha spiegato l’ente, «gli articoli incriminati erano relativi ad aziende, imprenditori o artisti e spesso includevano informazioni di parte». Gli interventi in questione, inoltre, «sono tanto simili da far credere alla comunità che siano stati messi in atto dallo stesso gruppo». Gli investigatori hanno battezzato l’indagine «Orangemoody», dal nome del primo utente a essere stato scoperto.
Il punto è che Wikipedia non può bandire la scrittura di articoli in conto terzi, che è anzi la missione di qualsiasi enciclopedia. È per questo che Wikimedia Italia ha scelto una strategia diversa per prevenire abusi del sito: «Abbiamo deciso di accettare l’idea che qualcuno curi voci per conto di terzi ma chiediamo che renda pubblico il lavoro e segnali le voci che ritocca», ha spiegato a La Lettura Maurizio Codogno, membro del collegio dei garanti di Wikimedia Italia. «Ciò che conta è che le voci scritte rispettino le regole di neutralità ed enciclopedicità. Chi scrive su commissione va magari contro queste regole in perfetta buona fede».
Il caso «Orangemoody» ha però portato a galla una nuova forma di business legata al sito come la creazione di bozze di articoli non ancora approvati dalla community e pensati per aziende e singoli che vogliono essere su Wikipedia. Questi ultimi, le vittime, venivano contattati dagli editor malevoli, pronti a metterli online in cambio di denaro. «La soluzione – continua Codogno – è redigere delle linee-guida e controllare che le informazioni scritte siano utili. Se non lo sono possiamo intervenire severamente».
I pericoli vengono da tutte le direzioni. Recentemente il New York Times ha scoperto che Naomi Campbell aveva pagato Sunshine Sachs, un’azienda di pubbliche relazioni, per cancellare dalla sua pagina il riferimento a Babywoman , disco fallimentare del 1994 della modella. In questo caso la modifica è stata innocua ma comunque interessata, e pericolosa per lo spirito di Wikipedia.
Chissà che cosa succederà quando, al posto dell’album di Naomi Campbell, ci sarà (e senz’altro c’è già) un politico o un industriale con un passato da nascondere.