Notizie tratte da: Claude Lanzmann, L’ultimo degli Ingiusti, Skira, pagine 128, 15 euro., 7 settembre 2015
LIBRO IN GOCCE NUMERO 74
(L’ultimo degli Ingiusti)
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GLI EBREI, LE DEPORTAZIONI E IL GHETTO –
Rabbino. Il rabbino Benjamin Murmelstein, la personalità più brillante della comunità ebraica di Vienna che, fin dal marzo 1938, data dell’Anschluss (l’annessione dell’Austria alla Germania), si oppose con tenacia ad Eichmann per strappargli il maggior numero possibile di vittime, prima di diventare l’ultimo decano del Consiglio degli ebrei di Theresienstadt, dal dicembre 1944.
Decano. A Theresienstadt, come avevano fatto nei ghetti della Polonia dal 1939, i nazisti istituirono un Consiglio ebraico costituito da 12 membri e un decano, chiamato Judenälteste, letteralmente “il più vecchio degli ebrei”.
Decani. A Theresienstadt si alternarono tre decani: Jakob Edelstein, il primo, di Praga, sionista e amante dei giovani, arrestato dai nazisti nel novembre del 1943, deportato ad Auschwitz e infine ucciso con un colpo di pistola alla nuca, dopo aver visto morire allo stesso modo la moglie e il figlio; Paul Eppstein, il secondo decano, di Berlino, pure lui ucciso con un colpo alla nuca, a Theresienstadt, il 27 settembre del 1944; Benjamin Murmelstein, il terzo e ultimo decano di Theresienstadt, un rabbino di Vienna, nominato nel dicembre del 1944 e morto nel 1989.
Sopravvissuto. «Io sono sopravvissuto perché avevo una favola da raccontare. Dovevo raccontare la favola del paradiso degli ebrei, Theresienstadt. Loro pensavano che avrei raccontato di un ghetto dove gli ebrei vivono come in paradiso, dove sono felici. Mi hanno tenuto in vita per raccontare questa favola. E alla fine è arrivato il 5 maggio del 1945, quando la Croce Rossa Internazionale è entrata a Theresienstadt. (…) Non mi hanno preso, ecco il mistero della sopravvivenza» (Benjamin Murmelstein).
Tasse. Gli ebrei erano costretti a pagare tasse altissime, tra cui anche la tassa sul cane.
Ebrei. Dal 1933 i nazisti inseguivano un unico e ossessionante obiettivo: sbarazzarsi degli ebrei, ovvero degli ebrei tedeschi. Dopo l’annessione dell’Austria, l’Anschluss, e dopo l’invasione della Cecoslovacchia, aumentò il numero di ebrei. Con la conquista della Polonia, i membri della razza ebrea sotto il dominio nazista aumentarono di tre milioni.
Madagascar. Nel 1936, alcuni membri polacchi della Dieta di Varsavia pensarono di spedire tutti gli ebrei in un luogo remoto. Fu istituita una commissione per stabilire se l’isola di Madagascar fosse adatta a questo progetto. La “Commissione Lepecki”, dal nome del presidente, intraprese un viaggio in Madagascar, ma la guerra interruppe temporaneamente la discussione. Si pensò quindi a una nuova soluzione, la terraferma.
Nisko. Una trovata di Eichmann, creare una riserva per gli ebrei in Polonia nei pressi della cittadina di Nisko, in una zona situata tra i fiumi Bug e San.
Autodeportazione. «I tedeschi nascondevano la verità al resto del mondo. Nisko veniva fatta passare come un’operazione di ripopolamento. (…) Alla stampa veniva detto che si trattava di un piano di ripopolamento appoggiato dalle organizzazioni ebraiche e al quale partecipavano funzionari ebrei. Addirittura gli ebrei gestivano l’intero programma delle partenze. Doveva risultare che gli ebrei si deportavano da soli. Doveva essere una auto-deportazione» (Benjamin
Murmelstein, intervistato da Lanzmann a Roma nel 1975).
Boia. Il giorno in cui Edelstein fu costretto a trovare un boia, pena la sua stessa impiccagione. Era il 10 gennaio del 1942. Decise di rivolgersi ai macellai; ne trovò tre, ma rifiutarono tutti. Alla fine, trovò un certo Fischer dell’obitorio di Brno e Fischer accettò a condizione che gli fosse garantito un bicchiere di rhum e del tabacco da masticare.
Macerie. «Questa era la situazione: dopo le deportazioni di ottobre, il ghetto era un cumulo di macerie. Le luci nelle stanze erano accese 24 ore su 24, le strade erano piene di letame, i malati cadevano dal letto, l’acqua gocciolava dai rubinetti e nessuno riusciva a chiuderli. Nessuno si curava di niente. Era tutto allo sfacelo. Io decisi di riportare un po’ di ordine, così i nazisti avrebbero tenuto aperto il ghetto. Introdussi le 70 ore settimanali. Feci lavorare la gente» (Benjamin Murmelstein, intervistato da Lanzmann a Roma nel 1975).
Giorgio Dell’Arti, Il Sole 24 Ore 7/9/2015