Francesco Semprini, La Stampa 6/9/2015, 6 settembre 2015
LA FOLLE CORSA DELLE BANCHE OMBRA CHE SPIAZZA LE BORSE DEL DRAGONE
Perché Pechino non sembra in grado di rispondere in maniera efficace ai cali dei titoli azionari sulle Borse del Dragone? La domanda, divenuta il tormentone di questa estate finanziaria, è stata riproposta anche ad Ankara, nel corso dei lavori del summit dei Venti grandi della Terra. Una certa convergenza sembra essere emersa in merito ai timori relativi alle “shadow bank” cinesi, istituzioni finanziarie non regolamentate che operano al di fuori delle comuni regole di mercato applicate ai tradizionali istituti di credito.
«Le banche ombra promettono rendimenti molto più elevati sui depositi rispetto a quelli rigidamente fissati per le banche tradizionali, proponendoli ai clienti come prodotti finanziari esotici – spiega Viral Acharya, professore della New York University alla guida di una task force che monitora i comportamenti della shadow bank – Vengono promessi rendimenti elevati a tasso fisso, che attraggono miliardi di dollari dai risparmiatori cinesi». Sino a qualche tempo questo denaro era investito sul mercato immobiliare residenziale e nelle infrastrutture, grazie alla veloce crescita dei settori agevolati anche dalle politiche del governo cinese.
«A un certo punto la bolla immobiliare è divenuta insostenibile, e un fenomeno simile è capitato per le infrastrutture, vista la sovraccapacità impossibile da assorbire», prosegue Acharya. Ecco allora la virata sulle Borse, con la valanga di acquisti nell’azionariato, e la galoppata dei listini del Dragone. Questo da una parte ha fatto crescere il giro d’affari delle banche ombra «a circa 2 mila miliardi di dollari». Al contempo, ha fatto schizzare il leverage, ovvero l’indebitamento con cui finanziare le operazioni in Borsa, a un livello tale da far andare fuori ogni controllo il mercato “post-bolla”.
I primi segnali di stress sono giunti nel 2013 sul mercato interbancario, con gli istituti regolamentati che sponsorizzavano quelli ombra che iniziavano a rafforzare in maniere compulsiva le dotazioni di liquidità. «In questi casi interveniva la Banca centrale cinese che iniettava liquidità e mitigava le turbolenze – racconta Acharya – A un tratto però il vento è cambiato: una delle ragioni per cui si creano vertiginose correzioni dei mercati è l’eccessivo leverage».
Ecco allora che la situazione è sfuggita di mano tanto che, come riferisce il Financial Times, undici “shadow bank” hanno scritto al Partito comunista cinese chiedendo il bailout, un salvataggio. Pechino, del resto, ha tutto l’interesse affinché non ci sia nessun default, altrimenti si rischierebbe un crollo di immagine e un devastante effetto psicologico. Ma gli interventi del governo cinese sono stati per ora palliativi di breve durata: «Anziché intervenire sui mercati azionari occorre ricapitalizzare le banche che controllano le sorelle ombra, sanare i bilanci primari e quindi procedere al deleveraging delle shadow bank».
Francesco Semprini, La Stampa 6/9/2015