Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  settembre 06 Domenica calendario

“L’ATTESA”, LA FORZA DELLE DONNE PER IL DEBUTTO DELL’ITALIA IN GARA

VENEZIA.
Come si sopravvive all’assenza di qualcuno di cui si crede di non poter fare a meno? Col più grande dei temi si misura al suo esordio Piero Messina, trentenne nato a Caltagirone, già assistente di Paolo Sorrentino. Due donne, un lutto. Tre giorni per ingannare la morte: un rito, un esorcismo, una danza di fantasmi senza musica. Un funerale, per cominciare. Il gioco delle luci è di spettacolare bellezza. Il buio dentro la casa, la luce accecante fuori. Il mondo di fuori, il mondo di dentro. La Sicilia è perfetta per celebrare la morte: sfrontata, la magnificenza della natura e delle cose che ignorano chi manca. C’erano prima, ci saranno dopo.
Anna (Juliette Binoche) è una cinquantenne francese che facendo autostop ha conosciuto molti anni prima un siciliano che ha sposato. Il proprietario della villa, della tenuta col lago. Hanno avuto Giuseppe che, ragazzo, è andato a vivere a Parigi. Anna intanto si è separata dal marito. «Sapevo che aveva un’amante ma non ero gelosa di lui. La gelosia esiste finche esiste il desiderio». Ora Anna vive sola, in compagnia del factotum Pietro (Giorgio Colangeli). C’è un funerale - lo vediamo prima dei titoli di apertura - ci sono i familiari e gli amici nella villa in lutto. Chiama al telefono una ragazza, è la fidanzata di Giuseppe appena arrivata dalla Francia. Anna accoglie Jeanne (Lou de Laage) e subito inizia la danza. Anna decide di non dire a Jeanne la verità. Le dice che il morto è suo fratello. Decide, insomma, di rubare altri tre giorni alla morte. Di vivere attraverso l’attesa di Jeanne – «perché Giuseppe non arriva? », «ha da fare, arriverà per Pasqua» – ancora una poco del tempo che c’era.
Tre giorni per vedere nudo il corpo della donna che il figlio ha amato, per indovinare la loro vita a Parigi e i loro segreti, per ascoltare i messaggi di lei nel telefono del figlio. Jeanne chiama, Anna ha con sé il cellulare di Giuseppe, ascolta. Il tempo, anche, per ritornare la ragazza che era stata: la giovane francese in autostop, arrivata in Sicilia proprio come Jeanne adesso, cosa sarebbe successo se e cosa succederà ora.
Racconta di sé, Anna, e poco a poco anche Jeanne. Parlano di Giuseppe, al presente. Ridono molto, quando due ragazzi arrivano in villa e Anna cucina per loro. Proprio come se. Si può essere ancora capaci di ridere, c’è bisogno di felicità per affrontare tanto dolore. Giuseppe naturalmente non arriva. Anna non riesce a dire perché, non può. Non sa. È nell’acqua la risposta. Nel lago, nella pioggia. Bello l’abbraccio finale fra le donne, in silenzio.
Un soggetto potente, una bella mano. Quello che non funziona nel film sono certi passaggi narrativi: come possa la ragazza non capire quel che gli spettatori sanno dal primo istante, il morto chi è. Un eccesso di simboli, anche: la Pasqua, i carrubi, gli specchi coperti. Qualche primo piano in meno di Juliette Binoche, pure eccellente, avrebbe giovato.
Concita De Gregorio, la Repubblica 6/9/2015