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 2015  settembre 04 Venerdì calendario

BALLARINI, CINQUANT’ANNI FA NASCEVA IL PORTIERE DI RISERVA

Gastone Fabio Ballarini. Alzi la mano chi è in grado di dire subito chi fosse... I cultori del calcio di nicchia diranno che Ballarini, solo Fabio per gli amici, ha una pagina tutta sua nella storia del calcio italiano e negli almanacchi. Marchigiano di Camerano, a pochi chilometri da Porto Recanati, Ballerini è stato infatti il primo Numero 12 ad entrare in campo in sostituzione del portiere infortunato.
Accadde esattamente 50 anni fa, il 5 settembre 1965 allo stadio comunale di Torino. Prima giornata del campionato ’65/’66: si affrontavano Juventus e Foggia. Era la Juve di Heriberto Herrera, HH2 per distinguerlo da Helenio, il Mago della grande Inter, che naturalmente era HH1. L’allenatore juventino introdusse in Italia il cosiddetto “movimiento”, una filosofia di gioco che privilegiava la corsa e il calcio corale, mettendo in secondo piano tecnica individuale e personalismi. Al 15° del secondo tempo il portiere del Foggia Giuseppe Moschioni si infortunò e l’allenatore Egizio Rubino, cognato di Oronzo Pugliese, il vulcanico Mago di Turi, chiamò in campo il portiere di riserva Ballarini.
«Eravamo già sull’10 per la Juve – ricorda Moschioni – quando presi una scarpata sulla schiena da Traspedini, l’autore del gol. Avevo già la palla tra le mani, ma l’attaccante juventino non riuscì a frenare lo slancio e mi colpì. Ironia della sorte, l’anno successivo Traspedini fu ceduto al Foggia e gli ricordai più volte quell’episodio…». Si applicò per la prima volta la norma regolamentare della sostituzione di un calciatore infortunato con uno di riserva, il dodicesimo uomo. La novità si rese necessaria per avere una maggiore regolarità nelle gare: era troppo pesante, in caso di infortunio o espulsione, l’assenza del portiere, sostituito da un altro calciatore già in campo che, ovviamente, non garantiva lo stesso rendimento del titolare e penalizzava una squadra già in inferiorità numerica.
Ballarini giocò 6 anni nel Foggia, dalla C alle tre stagioni nella massima serie. Fu un bravo portiere e un atleta completo. Prima di dedicarsi al calcio praticò con successo ciclismo e tennis. Se n’è andato nel 1982 a soli 45 anni. Di lui rimarrà l’aria scanzonata e brillante e quella maglia nera con il numero 12 sulla schiena. Dopo quel famoso settembre 1965, iniziò l’allungamento delle panchine consentendo così agli allenatori di variare anche durante la partita l’assetto tattico della squadra. Dopo il tredicesimo uomo in campo, si è arrivati oggi ad avere fino a 12 calciatori di riserva pronti per l’utilizzo. A partire dal campionato ’95/’96 fu introdotta la regola di indicare sulle maglie il nome del calciatore. Il calcio si piegò alla dura legge del marketing: ogni calciatore poteva scegliere il numero da 1 a 99. Il fascino discreto e malinconico del numero 12 fu travolto, attribuendolo virtualmente ai tifosi che incitano meglio e di più la squadra.
Le storie legate ai numeri 12 sono ricche di umanità: personaggi dotati di equilibrio e carattere che attendevano con pazienza l’occasione di giocare, quasi per vocazione. Occasione che in molti casi non arrivava. Come nella Juve, per le riserve di Dino Zoff che non lasciava neanche spiccioli di partite ai sostituti. Uno per tutti: Massimo Piloni che in tre anni da secondo a Zoff non giocò neanche un minuto.