Vladimiro Polchi www.repubblica.it, 1 settembre 2015
APPUNTI PER GAZZETTA - MIGLIORANO I DATI SUL PIL E SUL LAVORO
REPUBBLICA.IT
MILANO - Sorpresa sulla crescita italiana, che seppur confinata a livelli da prefisso telefonico si mostra più forte del previsto: l’Istat ha rivisto al rialzo le stime del Pil relative al primo e al secondo trimestre del 2015. Nei primi tre mesi dell’anno il Prodotto interno lordo è aumentato dello 0,4% (+0,3% la stima precedentemente diffusa dall’Istituto). Nel secondo trimestre il Pil è cresciuto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente (da +0,2% stimato in precedenza) e dello 0,7% nei confronti del secondo trimestre del 2014 (da +0,5% della stima precedente). Buone notizie per il governo, insieme al calo della disoccupazione, che ha stimato per l’intero 2015 una crescita dello 0,7% e può ora pensare di centrare l’obiettivo con meno patemi: già ora la variazione acquisita per il 2015 (ipotizzando che nulla cambi negli ultimi due periodi) è dello 0,6%, quindi basta un piccolo sforzo ulteriore per centrare l’obiettivo. O, magari, fare qualcosa di meglio. E arriva, sui social, il commento di Matteo Renzi: "Cresce il Pil, crescono gli occupati, meno disoccupazione. Le riforme servono", scrive il premier.
Cresce il pil, crescono gli occupati, meno disoccupazione. Le riforme servono #italiariparte #lavoltabuona https://t.co/k0gMgcmOHw
— Matteo Renzi (@matteorenzi) September 1, 2015
Crescita economica acquisita per 2015 = 0,6%, già vicina a ns stima per l’anno (+0,7%) http://t.co/Eexkapb9gV #cisiamo
— PCPadoan (@PCPadoan) September 1, 2015
Le reazioni ai dati
Le attese degli analisti di Intesa, nella nota mattutina, erano per la conferma della crescita allo 0,2%. A valle dei dati, sottolineano ora che "la buona notizia è che dopo queste revisioni la crescita ’acquisita’ per il 2015 (ipotizzando cioè una stagnazione nel resto dell’anno) sale a 0,6%. Assumendo (come nel nostro scenario centrale) un +0,3% trimestrale nei restanti trimestri dell’anno, si arriverebbe a 0,8% (al di sopra sia della nostra attuale previsione che di quella inserita dal governo nel Def)". Tornando all’Istat, i dati del secondo periodo dell’anno dicono che "i principali aggregati della domanda interna hanno mostrato andamenti dissimili, con i consumi finali nazionali in aumento dello 0,3% (+0,4% per i consumi finali dei residenti) e gli investimenti fissi lordi in diminuzione dello 0,3%. Riguardo alle componenti estere si è registrata una crescita più intensa per le importazioni (+2,2%) che per le esportazioni (+1,2%)".
Sorpresa Istat sulla crescita: il Pil rivisto in rialzo. Renzi: "Vogliamo Italia maglia rosa in Ue"
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Contributo positivo dalla domanda nazionale, che ha impattato positivamente sulla crescita del Pil per 0,2 punti percentuali, scomposto in un +0,3 dei consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private (ISP), nulla dalla Pubblica Amministrazione (PA) e -0,1 dagli investimenti fissi lordi. "Anche la variazione delle scorte ha contribuito positivamente alla variazione del Pil (+0,4 punti percentuali), mentre l’apporto della domanda estera netta è stato negativo per 0,2 punti percentuali", aggiunge l’Istat. "Rispetto al trimestre precedente, il valore aggiunto dell’industria è rimasto stazionario e quello dei servizi è aumentato dello 0,3%, mentre quello dell’agricoltura è diminuito dell’1,1%".
Il fabbisogno dello Stato. Nei primi otto mesi dell’anno, intanto, è proseguito il miglioramento del fabbisogno del settore statale che si è attestato a circa 31,7 miliardi di euro con un miglioramento di 19 miliardi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ad agosto, invece, c’è stata un lieve inversione di tendenza con il fabbisogno aumentato a 7,8 miliardi dai 7,5 del 2014: il miglioramento della situazione nel periodo gennaio-agosto - il Mef in una nota - è in linea con la riduzione dell’indebitamento netto tra il 2014 e il 2015 indicata nel Def, mentre l’aumento del mese scorso è "attribuibile agli effetti della sentenza della Corte costituzionale riguardante il meccanismo di rivalutazione dei trattamenti pensionistici", nonchè a maggiori contributi netti a favore dell’Unione europea.
I DATI SUL LAVORO
MILANO - Il tasso di disoccupazione a luglio è sceso al 12%, 0,5 punti percentuali in meno rispetto al mese di giugno. Si tratta del livello più basso da due anni (luglio 2013), in un mese che resta di difficile interpretazione per la concomitanza con il periodo estivo e l’avvio dei tipici lavori stagionali: gli indicatori del turismo sono stati positivi. La variazione su anno è significativa con un calo di 0,9 punti. Netta riduzione anche per i senza lavoro nella fascia dei più giovani: tra gli under 25 il tasso di disoccupazione scende infatti al 40,5%, 2,5 punti percentuali in meno rispetto al mese precedente.
Sorpresa crescita, Pil rivisto al rialzo
"Dopo il calo di maggio (-0,2%) e la lieve crescita di giugno (+0,1% rivisto rispetto al calo stimato in precedenza), a luglio 2015 la stima degli occupati cresce ancora dello 0,2% (+44 mila). Il tasso di occupazione aumenta nel mese di 0,1 punti percentuali, arrivando al 56,3% ai livelli di novembre 2012. Nell’anno l’occupazione cresce dell’1,1% (+235 mila persone occupate) e il tasso di occupazione di 0,7 punti", dice l’Istat nel suo comunicato. La stima dei disoccupati diminuisce invece del 4,4% su base mensile, con un calo di 143mila unità. "Nei dodici mesi la disoccupazione diminuisce del 6,6% (-217 mila persone in cerca di lavoro) e il tasso di disoccupazione di 0,9 punti".
Il netto calo della disoccupazione di luglio si spiega anche con l’assottigliarsi della forza lavoro: "Dopo la lieve crescita di maggio (+0,1%) e il calo di giugno (-0,3%), la stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni aumenta nell’ultimo mese dello 0,7% (+99 mila persone inattive, prevalentemente donne). Il tasso di inattività è pari al 35,9% in aumento di 0,3 punti percentuali". Su base annua l’inattività è però "in calo dello 0,6% (-87 mila persone inattive) e il tasso di inattività di 0,1 punti", dice ancora l’Istat. La dinamica si rivede tra i giovani. Da una parte, aumenta l’occupazione: +2,6% rispetto a giugno (+22mila) per un tasso di occupazione giovanile, pari al 15,2%, in aumento di 0,4 punti percentuali. Dall’altra, la stima del numero di giovani inattivi è in aumento dello 0,6% nel confronto mensile (+27 mila). La stima del numero di giovani disoccupati diminuisce sensibilmente rispetto a giugno (-51 mila, pari a -7,6%).
Gli analisti di Intesa Sanpaolo avevano pronosticato un calo "marginale al 12,6%, dopo l’aumento a sorpresa a 12,7% del mese precedente (dato oggi rivisto al ribasso, ndr), spiegato da un calo degli occupati ma anche degli inattivi": più persone in cerca di lavoro hanno l’effetto di far salire il tasso di coloro che non lo trovano (ragionando per estremo, in un Paese dove nessuno cerca lavoro non ci sono disoccupati). Dopo le cifre dell’Istat, dalla Ca’ de Sass definiscono il dato di luglio "confortante circa il fatto che l’incipiente ripresa del ciclo economico (sia pur modesta) stia, accanto agli effetti delle misure governative, cominciando ad avere un impatto tangibile sulla disoccupazione. D’altra parte, non va troppo enfatizzato né commentato con toni trionfalistici" per via della "volatilità su base mensile" e perché "il calo della disoccupazione nel mese è dovuto più alla crescita degli inattivi che non all’aumento degli occupati". A giugno, il ministro Giuliano Poletti aveva parlato di "dati soggetti a quella fluttuazione che caratterizza una fase in cui la ripresa economica comincia a manifestarsi". Fluttuazione che, con segno opposto, si è vista anche a luglio.
Altri dati, quelli sul lavoro comunicati dal Ministero e riguardanti l’attivazione e la cessazione di nuovi contratti, sono stati al centro di un caso nei giorni scorsi visti gli "errori tecnici" con i quali sono stati diffusi e le successive modifiche. Il mix di numeri, pur nella precarietà del quadro informativo e nella sovrabbondanza di fonti che finisce per intorbidire le acque (ai dati Istat sull’occupazione si sommano quelli del Ministero sui contratti e quelli analoghi dell’Inps), permette di tracciare un giudizio sull’effetto del Jobs Act (in vigore dal 7 marzo) e delle decontribuzioni (scattate a gennaio) per i nuovi assunti.
GRAFICI: tutti i numeri del lavoro
Si tratta di un giudizio a luci e ombre, anche in attesa della piena attuazione degli ultimi decreti sospesi. I dati del Ministero hanno mostrato l’effettivo spostamento dei nuovi contratti verso il tempo indeterminato, agevolato dallo sgravio dei contributi fino a 8.060 euro e poi dalla maggiore flessibilità introdotta con le tutele crescenti: mentre nel 2014 tra gennaio e luglio si erano chiusi 137mila contratti indeterminati in più di quanti non se ne fossero aperti, il saldo dei primi sette mesi del 2015 è stato positivo per 117mila unità. A ciò si aggiunge il balzo del 40% delle trasformazioni da tempo determinato a indeterminato. Ma questi dati tracciano ’solo’ la registrazione dei contratti, cioè la loro apertura e chiusura: non è necessariamente una persona in più o in meno sul lavoro, visto che a una stessa persona possono far capo diversi contratti nel corso del mese.
Dalle serie storiche Istat aggiornate oggi emerge che effettivamente nel corso dell’anno c’è stata una ripresa dell’occupazione, anche se a ritmi ancora contenuti: tra gennaio e luglio 2015 si è ampliata la forza lavoro (chi lavora e chi cerca) e il numero degli occupati è salito di 119mila unità, mentre i disoccupati sono 47mila in meno. Ma con un tasso d’occupazione al 56%, siamo anni luce distanti dall’80% della Germania. Più sensibile il richiamo che anche l’Istat, aggiornando i dati trimestrali del secondo periodo dell’anno (aprile-giugno, quindi in pieno Jobs Act), fa sulla tipologia di lavoro. Nel trimestre, l’aumento di occupazione (+180mila persone su base annua) "interessa soltanto i dipendenti, cresciuti nel secondo trimestre del 2015 dell’1,1% (183 mila unità), mentre gli indipendenti rimangono sostanzialmente invariati. Continua, a ritmo più sostenuto, l’aumento del numero di dipendenti a tempo indeterminato (+0,7%, 106 mila su base annua), associato all’aumento dei dipendenti a termine (+3,3%, 77 mila unità). Si riduce il numero di indipendenti con contratti di collaborazione (-11,4%, -45 mila unità)". Si mantengono cauti i tecnici dell’Istituto: "Non possiamo dire ancora se il miglioramento sul fronte dell’occupazione sia dovuto al miglioramento del ciclo economico o alle riforme introdotte sul fronte del mercato del lavoro. Ma è evidente che un segnale di ripresa c’è". Poletti vede l’elemento positivo nella "conferma del dato, già emerso dalle comunicazioni amministrative del Ministero e dell’Inps, di un sistematico miglioramento della qualità del lavoro dipendente". Sintetizza Intesa: "Il dettaglio dell’indagine sulle forze di lavoro relativo al secondo trimestre conferma che è in atto un miglioramento non solo della quantità ma anche della qualità dell’occupazione".
Eurozona. Segnali di ripresa arrivano anche dal resto d’Europa: secondo Eurostat, nell’area della moneta unica, a luglio il tasso dei senza lavoro è stato del 10,9%, il miglior dato da febbraio 2012. A giugno era all’11,1%: in termini assoluti sono 17,532 milioni i disoccupati nei 19 paesi dell’area euro. Il livello pù basso è riscontrato in Germania (4,7%), mentre i picchi si trovano in Grecia (25,0%) e Spagna (22,2%). Nell’insieme dei 28 paesi dell’Unione europea, invece, la disoccupazione è scesa al 9,5%, lo 0,1% in meno rispetto ai tre mesi precedenti in cui era rimasta ferma al 9,6%. Nel luglio 2014 era al 10,2%