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 2015  settembre 01 Martedì calendario

I VANTAGGI FINANZIARI E LE ECONOMIE DI SCALA

La tradizionale intervista autunnale di Automotive News a Sergio Marchionne è arrivata quest’anno in anticipo, un po’ come la vendemmia, ma è succosa come le precedenti. Il top manager Fiat Chrysler rilancia il piano di fusione con General Motors. L’estate di lavoro di Marchionne e dei suoi consulenti ha prodotto un’analisi dettagliata di cui il numero uno dà al periodico qualche assaggio: le nozze produrrebbero per esempio un Ebitda potenziale di 30 miliardi di dollari per il maxigruppo (contro un valore attuale di 25 stimato per la somma dei due).
Gm sembra voler fare orecchie da mercante anche questa volta: interpellato da Automotive News, un suo top manager dice piatto: «Perché dovremmo salvare noi Fca?» L’impressione che Fca abbia urgente bisogno di trovare un partner è stata rafforzata dall’insistenza con cui Marchionne torna sull’argomento, anche se i conti del 2° trimestre sono stati superiori alle attese e hanno indotto più di un analista a rivedere al rialzo i target. Fca rimane debole rispetto ai concorrenti, sia come dimensioni di scala che dal punto di vista finanziario; non dimentichiamo che quando si parla di Fca bisogna già sottrarre il valore di Ferrari, che verrà quotata in Borsa fra poche settimane e successivamente scorporata.
Il gruppo olandese è inoltre alla vigilia del più grosso programma di investimenti della sua storia: gli anni 2016 e 2017 sono in teoria quelli di maggior sforzo nel piano quinquennale presentato un anno e mezzo fa dallo stesso Marchionne a Detroit. Secondo molti analisti Fca, con un debito netto industriale di 8 miliardi di euro a fine giugno, non dispone attualmente dei fondi necessari a investire. L’intero piano - a partire dai 5 miliardi previsti per il rilancio dell’Alfa Romeo - potrebbe dunque essere rivisto al ribasso (lo stesso Marchionne lo ha ricordato nell’intervista parlando di Alfa). La soluzione, dice il manager, è un’intesa a tutto campo con il gruppo guidato da Mary Barra. Marchionne sottolinea le sinergie sui costi (che necessariamente arriverebbero nel medio-lungo periodo), ma l’operazione gli permetterebbe anche di risparmiare investimenti e di ottenere magari liquidità con cui pagare quelli rimanenti. Nell’intervista Marchionne afferma che c’è qualcun altro che ha risposto alle sue avance e si è rifatto vivo (con grande probabilità Volkswagen). «Ma io non sono interessato a un deal con loro perché c’è una soluzione migliore».
In realtà, dice lo stesso manager ad Automotive News, un’altra soluzione sul piano teorico ci sarebbe: un aumento di capitale da 10-15 miliardi. Fca non è forse andata a Wall Street proprio per la maggior facilità di raccogliere fondi? E chi non finanzierebbe un piano garantito dal manager di maggior successo nel settore auto? Quella di Marchionne è però solo una battuta, seguita in sostanza da un «ma il mio azionista non lo approverebbe». Va bene infatti diluire la quota pur di far crescere l’azienda, come ripete da tempo John Elkann; ma gli Agnelli non hanno intenzione di rinunciare al premio riservato all’azionista di controllo.
Dal punto di vista dell’azionista, dunque, la soluzione definitiva alla debolezza di Fca può arrivare da una vendita o da un’operazione, come sarebbe quella con General Motors, in grado di mascherare da fusione la perdita del controllo.
La palla torna ora, almeno in teoria, nel campo di Gm. Marchionne ha parole molto dure per il fatto che «quelli non rispondono neppure alle telefonate», ma la linea confermata anche dalle fonti citate da Automotive News rimane la stessa.
Che cosa farà il manager italo-canadese se quelli di Gm continuassero nella loro chiusura? Ha già pronta un’offerta ostile, magari con l’aiuto di quei fondi attivisti che già all’inizio del 2015 hanno indotto Gm a varare un buy back? O spera che sia qualcuno dall’interno della stessa General Motors m a sollecita quanto meno un esame delle sue proposte? La risposta non dovrebbe tardare.
Andrea Malan, Il Sole 24 Ore 1/9/2015