Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  settembre 01 Martedì calendario

CINA, GIRO DI VITE CONTRO LA SPECULAZIONE

Una mossa inaspettata ma dovuta, vista la gravità del problema rispetto all’auspicata ripresa cinese. Lo Standing Committee nel fine settimana ha approvato la richiesta del Consiglio di Stato di applicare (finalmente) un tetto alla spesa degli enti locali. Anzi, in futuro si profila un sistema di quote di debito da fissare di volta in volta.
Nel 2015 il debito non dovrà superare i 2.500 miliardi di dollari (pari a 16mila miliardi di yuan: a fine anno scorso era già a 15.400). Il messaggio dei vertici alla periferia dello Stato cinese è chiaro: i responsabili del debito sono e devono essere solo gli enti locali. Così la Cina, finalmente, applicherà un limite alla crescita smodata del debito di municipi e province, che a partire dalla metà del 2013 è cresciuto in maniera incontrollata (+ 41,4%), zavorrato da progetti infrastrutturali molto costosi. Quindi, dopo aver dato agli enti locali la possibilità di emettere local bond (entro certi limiti approvati annualmente da parte della Commissione per le riforme), il ministro delle finanze Lou Jiwei tirando in ballo la nuova legge di bilancio ha fatto sapere che in ogni caso il debito dell’ente locale non potrà mai eccedere il 100% della capacità di generare reddito (misurata dalla capacità di incassare le tasse). Il tetto al debito di 2.500 miliardi di dollari rappresenta l’86% delle entrate fiscali, in futuro il warning scatterà già dall’80, il 120% rappresenterà il limite di massima allerta.
La decisione non mancherà di creare problemi concreti di gestione, politicamente è impopolare, ma la borsa non sembra aver colto il segnale, pur positivo, lanciato dal Governo nel segno del risanamento.
Senza che la Banca centrale muovesse un dito, i mercati hanno aperto e chiuso in calo dopo i guadagni di giovedì e venerdì. Lo Shanghai Composite Index ha chiuso a 3.205,99 punti (-0,82%), mentre lo Shenzhen Component Index ha chiuso a 10.549 punti (-2,32%). Negativo anche il ChiNext che raggruppa le imprese hi-tech, a 1.996,87 punti (-4,09%).
Grande è l’attesa dell’indice Pmi definitivo di agosto che sarà diffuso oggi: una prima indagine flash Caixin-Markit aveva rivelato un indicatore ben al di sotto della soglia di 50, quella che separa crescita da contrazione. Preoccupa sempre il reale stato di salute dell’economia, come confermano anche le stime sul Pil di Goldman, riviste al ribasso: da +6,7 a 6,4% per il 2016, da +6,5 a 6,1 per il 2017, da +6,2 a 5,8 per il 2018.
La Cina a luglio ha registrato un deficit del commercio estero in crescita rispetto al mese precedente. Secondo la Safe (State Administration of Foreign Exchange), braccio operativo della Banca centrale per la valuta estera, il deficit commerciale è stato di 107,6 miliardi di yuan (16,8 miliardi di dollari) a luglio, da 90,9 miliardi di yuan nel mese di giugno. Inoltre, nel primo semestre di quest’anno la crescita dei profitti delle società quotate in Cina è scesa dell’8,7 per cento, in pratica del 10 per cento rispetto all’anno precedente. I prestiti finalizzati agli investimenti in borsa hanno raggiunto il livello più basso da dicembre.
Anche per dare un segnale intanto il Governo ha intensificato gli sforzi per reprimere le presunte manipolazioni del mercato. La scure si è abbattuta anche sui media: un giornalista detenuto,Wang Xiaolu, ha ammesso di aver diffuso notizie false che avrebbero causato «panico e disordine». Anche un funzionario della Consob cinese, la Csrc, e quattro dirigenti di Citic securities avrebbero confessato. Interrogata anche Li Yifei, presidente dell’hedge fund britannico Man Group.
Le azioni di Citic Securities hanno perso il 7,9 per cento a Shanghai, il 5,1 per cento a Hong Kong, innescando vendite a catena nel settore del brokeraggio. Sotto pressione anche i bancari, dopo che Cina Construction Bank ha dichiarato di aver registrato una crescita zero dei profitti nel primo quarto del 2015.
Rita Fatiguso, Il Sole 24 Ore 1/9/2015