Gianfranco Bangone, Il Sole 24 Ore 30/8/2015, 30 agosto 2015
PREVISIONI TUTTE SBAGLIATE
Gli ecocatastrofisti raramente sono disponibili a cambiare idea: nel 1968 il biologo di Stanford, Paul Ehrlich, dava alle stampe The Population Bomb, un best seller mondiale, dove adottando un approccio neo-malthusiano prevedeva che negli anni ’70 e ’80 centinaia di milioni di persone nel mondo sarebbero morte di fame. E non era il solo. Ovviamente così non è stato ma nel 2009 Ehrlich sosteneva che il difetto più vistoso del suo saggio era l’ottimismo. Nel giugno di quest’anno, in un’intervista concessa alla Msnbc, ha ribadito – con un tono scherzoso e ironico – che l’umanità ha una possibilità del 90% di estinguersi entro il 2065. Un libro di recente pubblicazione e firmato da Ronald Bailey – The End of Doom – ricostruisce in sette capitoli le previsioni di stampo catastrofista che non si sono mai avverate. La parte più interessante è forse quella dedicata all’aumento della popolazione mondiale che il Population Fund dell’Onu stima, in via mediana, a circa nove miliardi nel 2050 e intorno agli 11 per il 2100. Ma non tutti condividono questo scenario, ad esempio un demografo piuttosto noto dello Iiasa, Wolfgang Lutz, ha pubblicato nel 2013 una rassegna sull’argomento molto citata dove conclude che è altamente probabile che nella seconda metà di questo secolo la popolazione mondiale sarà destinata a ridursi. Il casus belli di questi scenari è rappresentato da quei pochi paesi che in passato hanno contribuito per quasi il 50% all’aumento della popolazione mondiale, in particolare l’Africa Subsahariana. In Iran, ad esempio, nel ’70 l’aspettativa di vita era di 54 anni e la fertilità totale di circa 6,3 figli per ogni donna. Oggi si è passati a 75 anni di aspettativa e a circa 2,2 figli, insomma siamo al tasso di sostituzione. Un fenomeno simile si presenta anche in Brasile e in Messico. I demografi dell’Onu stimano che l’aspettativa mondiale di vita media alla nascita potrebbe salire a 76 anni nel 2050 e a 82 alla fine di questo secolo.
Se i biologi evoluzionisti hanno ragione tutto questo porterà a un raffreddamento delle nascite. Ma la tendenza paradossalmente si registra anche in paesi – come Sud Africa, Namibia e Zimbabwe – dove l’aspettativa media di vita è diminuita. Resta il fatto che secondo l’Onu dal 1955 al 2010 la fertilità globale è passata da cinque a 2,45 figli. Quindi non si tratta di una tendenza recente. Per altre sventure annunciate Ronald Bailey ha facile gioco nel girare il coltello nella piaga: l’epidemia di cancro negli Usa non c’è, anzi il National Cancer Institute sostiene che il tasso con cui si presentano i tumori produce una mortalità inferiore rispetto al passato. Tutto questo lo si deve alla rinuncia a certe cattive abitudini (vedi il fumo) oppure a un’alimentazione più controllata, ma soprattutto a molecole antitumorali più efficienti e soprattutto alla diagnosi precoce. Questo ottimismo non lo si può applicare al riscaldamento globale che invece sembra costante, anche se i modelli non sono stati in grado di prevedere un ventennio che non ha rispettato la crescita della temperatura attesa.
Che fare? La risposta potrebbe arrivare dalla Conferenza di Parigi, che si terrà a dicembre, ma è bene diffidare dei facili entusiasmi degli spin doctor di turno: nel protocollo Usa-Cina, ad esempio, si cita la parola “intende”, piuttosto che “si impegna”. Bailey sostiene che il prezzo per kilowatt delle energie pulite è destinato a scendere nel tempo, in specie se si aggiungono i costi di eventuali piani di mitigazione. Bailey è fortemente schierato per la carbon tax, ma resta il fatto che sul riscaldamento globale è difficile coltivare ottimismo. L’autore si chiede perché in passato l’ecocatastrofismo abbia avuto così tanto successo e la sua risposta è che una cattiva notizia fa più presa di una buona. Sul piano culturale, sostiene, il pessimismo è giustificato più da atteggiamenti morali che da valutazioni razionali dei dati. Forse non ha torto, almeno considerando il dibattito sul “buon Antropocene” che è sbarcato anche in alcune organizzazioni ambientaliste. Visto che il pessimismo alla lunga non paga.
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Ronal Bailey, The End of Doom: Environmental Renewal in the Twenty-first Century , Thomas Dunne Book, pagg. 368, $ 27,99
Gianfranco Bangone, Il Sole 24 Ore 30/8/2015