La Stampa 30/8/2015, 30 agosto 2015
IL BRASILE IN CRISI E LA MALEDIZIONE DELLE COMMODITY
C’è un altro terremoto, dopo la Cina, che sta per colpire l’economia globale. L’epicentro è sempre uno dei Paesi emergenti. Il Brasile, il primo (per ordine alfabetico) dei Brics, è in recessione e la Borsa ha accolto i dati sul Pil imponendo un brusco arresto al listino di San Paolo. Dopo Shanghai, il Bovespa (l’indice brasiliano) diventa uno degli «osservati speciali» di questo periodo di turbolenze sui mercati emergenti.
Negli ultimi 5 anni la crescita è rallentata, gli investimenti esteri si sono ridimensionati e, osservano gli economisti, il deficit pubblico è in aumento. Il Governo di Dilma Rousseff viene accusato di interventismo pubblico e da parte sua si difende attribuendo la colpa al cattivo andamento dell’economia globale. Secondo il Fondo monetario, il Brasile ha un deficit fiscale strutturale a causa di una spesa rigida che impedisce un equilibrio tra tagli alla spesa e aumenti di tasse. L’Fmi ha abbassato le stime prevedendo per il 2015 un Pil in calo dell’1,5% (contro le attese di -1%) e un ritorno alla crescita nel 2016 ma solo dello 0,7% (e non dell’1% come indicato). Qualcuno la chiama la maledizione delle materie prime, grazie alle quali il Brasile è riuscito a crescere a ritmi straordinari e ora, con la flessione della domanda di commodity unita a un rallentamento globale, porta alla svalutazione, il real in particolare ha perso il 30 per cento. L’inflazione (in Brasile l’aumento dei prezzi è stato di oltre il 9,5%) fa il resto.
La Stampa 30/8/2015