Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  agosto 30 Domenica calendario

LA VERA CASA DEGLI SPIRITI

La “casona ” al numero 1359 di calle Miguel Claro occupa un’intera cuadra, tutto un isolato del quartiere residenziale di Providencia a Santiago. È una grande villa bianca immersa in un parco, con una dépendance, due campi da tennis e una piscina, circondata da quattro stradine alberate e tranquille che corrono lungo il muro di cinta. Dal 1953 è la residenza dell’ambasciatore italiano, poi, dal 1986, è diventata la nostra sede diplomatica in Cile. E lo è tuttora. Ma quella villa appartata e silenziosa è stata incredibilmente al centro di innumerevoli storie e leggende, di eventi cruciali del “secolo breve”. Si racconta perfino che i suoi muri abbiano visto cose che noi umani fatichiamo a immaginare.
Costruita nella seconda metà dell’Ottocento, la villa appartenne a personalità di rilievo della società cilena, finché, nel 1906, come racconta l’attuale ambasciatore italiano Marco Ricci, «diventò proprietà di Manuel Antonio Maira. La moglie del nuovo proprietario, Carmen Morla, aveva due sorelle, Ximena e Wanda, e tutte e tre erano molto note in Cile per le presunte virtù medianiche e la loro adesione alle dottrine teosofiche». Erano donne colte, libere, irriverenti in un’epoca in cui era difficile esserlo, che svolsero un importante ruolo nella modernizzazione del Paese.
Hanno lasciato libri, diari, quadri, articoli, ma sono ricordate in particolare per le loro sessioni di spiritismo. Nel suo libro Guía mágica de Santiago, César Parra racconta che le Morla evocavano i morti, avevano lampi di preveggenza, «erano capaci di far spostare lungo i rumorosi corridoi della casona pianoforti, tavoli di pranzo e altri catafalchi». E infatti nel romanzo di Isabel Allende, La casa degli spiriti, le Morla diventano “le sorelle Mora”, mentre la casa in cui operavano viene chiamata la “casa dell’angolo”. Ma quale fu davvero la casa che ispirò la Allende? Le ipotesi in campo sono molte. César Parra sostiene che fu la villa della scrittrice Inés Echeverría, in avenida Salvador, altro luogo che in quegli anni ospitò intense sedute spiritiche. Ma forse le cose non stanno proprio così. La seconda ipotesi è avvalorata dalla stessa Isabel Allende, la quale racconta che sua nonna, Chabela Barros, trascorse la vita immersa nei fenomeni paranormali e cercando di mettersi in comunicazione con l’aldilà; dice di avere vagamente tratto ispirazione per il libro dalla propria casa di famiglia in calle Cueto, una casa che però non ha mai conosciuto. Resta dunque in piedi una terza ipotesi: la nonna di Isabel Allende e Inés Echeverría erano intime amiche delle sorelle Morla e probabilmente partecipavano alle sedute proprio nella villa di Carmen in calle Miguel Claro, il vero epicentro del mondo spiritico santiaghino. Lo conferma adesso un’altra scrittrice, Elisabeth Subercaseaux, nipote di Ximena Morla. Nel suo libro Las Morlas descrive una dimora impregnata di «una forza magnetica», in cui i campanelli e gli strumenti musicali suonavano da soli. «Mia nonna Ximena» ha dichiarato, «aveva una personalità potente, affascinante, diversa da tutte le donne che ho conosciuto. Era molto amica di Inés Echeverría e della nonna di Isabel Allende, ed è possibile che abbiano fatto sedute spiritiche anche nella casa di avenida Salvador. Ma nella mia famiglia si è sempre detto che la casa in cui più si praticava lo spiritismo era quella di mia zia Carmen, l’immensa villa che si trova in calle Miguel Claro». Insomma, conclude l’ambasciatore Ricci, «se c’è una casa degli spiriti nella Santiago degli inizi del secolo scorso, questa è l’edificio attualmente sede dell’ambasciata».
Si aggireranno ancora per quei saloni le ombre irrequiete evocate dalle Morla e raccontate da Isabel Allende e Elisabeth Subercaseaux? Il pianoforte suonerà ancora da solo nelle notti di Santiago? L’ambasciatore non lo dice, preferisce passare al successivo capitolo della storia della residenza, quando nel 1941 la casa diviene proprietà di Agustín Edwards Budge, discendente di una dinastia di banchieri e proprietario di una catena radiofonica, di venti quotidiani regionali e tre nazionali, tra i quali El Mercurio, il più importante giornale cileno. È proprio in quegli anni e in quella casa che Agustín Edwards Budge si adopera per introdurre in Cile le dottrine economiche neoliberali della scuola di Chicago. Ma è suo figlio, Agustín Edwards Eastman, a portare a termine l’opera, con uomini del Mercurio che preparano il programma economico della Giunta militare di Pinochet e che fanno di tutto per abbattere il governo di Salvador Allende.
In questa missione, lo stesso Agustín Edwards Eastman è in prima fila. Il 10 settembre 1970, nemmeno una settimana dopo la vittoria di Unidad Popular alle elezioni, è già negli Stati Uniti e, come risulta dai documenti declassificati della Cia e dal rapporto Church-Pike del Congresso, incontra Nixon, Kissinger e il direttore della Cia, Richard Helms, con il quale discute di una possibile «opzione militare» per abbattere il legittimo governo cileno. Per il Mercurio, inoltre, Edwards ottiene dagli Usa fondi diretti per quasi due milioni di dollari, per destabilizzare Allende con tutti i mezzi. È la stessa Cia ad assicurare che il giornale di Edwards «ha svolto un ruolo importante nella preparazione delle condizioni necessarie per il golpe militare dell’11 settembre 1973». Ma non è tutto. Durante il lungo inverno della dittatura, non soltanto El Mercurio copre tutte le violazioni dei diritti umani, le torture e le sparizioni operate dai militari, ma monta anche campagne giornalistiche in collaborazione con la polizia segreta di Pinochet. Famosa è, per esempio, l’”Operazione Colombo”, con la quale, per evitare al regime l’imbarazzo di dover rispondere ai parenti e alla Vicaría de la Solidaridad che esigevano notizie dei desaparecidos, il quotidiano inventò dal nulla la notizia che centodiciannove militanti del Mir si erano ammazzati fra loro durante uno scontro a fuoco in Argentina. Per fortuna, anche gli intoccabili qualche volta pagano, sebbene in ritardo e soltanto simbolicamente: nell’aprile scorso, infatti, Agustín Edwards Eastman è stato radiato dall’ordine dei giornalisti cileno.
Probabilmente, però, più che alle ombre evocate dalle sorelle Morla e alle vicende pre-golpe, la “casa dell’angolo” di Isabel Allende deve molto a un altro episodio avvenuto nella nostra sede diplomatica. I perseguitati dal regime cileno che, come fantasmi, si aggirano per La casa degli spiriti sono stati davvero accolti in quella che allora era la residenza dell’ambasciatore italiano. Nei mesi successivi al golpe, infatti, circa seicento persone saltano il muro di cinta e si lasciano cadere nel parco della casona di calle Miguel Claro. I funzionari dell’ambasciata (tra i quali Pietro De Masi, Roberto Toscano, allora al suo primo incarico, ed Emilio Barbarani, sopraggiunto in seguito) le accolgono e iniziano le trattative per ottenere un salvacondotto, ma le relazioni con i militari sono pessime: l’Italia non riconosce la giunta golpista, non ha un ambasciatore e Tomaso de Vergottini viene tollerato come «diplomatico italiano in transito». A volte, per il salvacondotto bisogna aspettare uno o due mesi, altre volte ci vuole anche un anno.
Intanto, fuori, i rastrellamenti continuano, ogni notte si sentono esplosioni e raffiche di mitra nelle strade vicine. Dentro, negli eleganti saloni della residenza, la gente si accampa come può. Agli asilados viene fornito il cibo e assegnata la metà di un materasso, mentre loro si organizzano: predispongono i turni in cucina, formano squadre divise per partiti d’appartenenza, nominano un servizio d’ordine, si danno da fare per intrattenere i bambini. Ce ne sono parecchi: troppo piccoli per saltare il muro, vengono portati all’interno dalla moglie di De Vergottini nel bagagliaio dell’auto, eludendo la vigilanza dell’esercito che fa la ronda attorno al parco della residenza. In quella prigione dorata, bisogna superare i molti momenti difficili, sopportare la sconfitta, sedare le risse tra le fazioni, guardarsi dai cecchini, ammaestrare la speranza, inventarsi la quotidianità. Nel bellissimo documentario di Tommaso D’Elia, Daniela Preziosi e Ugo Adilardi, Calle Miguel Claro 1359, Stefano Rossi racconta che guardava ogni giorno i progressi nella costruzione della palazzina di fronte alla residenza: «La mia vita passava, e quella palazzina era l’immagine del fatto che il mondo continuava a girare mentre la mia vita restava lì, immobile». Clara Leonor Szczaranski, oggi avvocata, racconta invece che ogni giorno, all’alba, saliva su un albero del parco per guardare fuori e partecipare, almeno a distanza, alla vita della sua città che si risvegliava.
Eppure, alla fine, quelle seicento persone sono sfuggite alla morte, anche se hanno dovuto lasciare per molti anni il loro paese. È una delle pagine più belle dalla nostra diplomazia. Ed è stata scritta proprio lì, nella Casa degli spiriti , al numero 1359 di calle Miguel Claro a Santiago.
Bruno Arpai, la Repubblica 30/8/2015