Filippo Ceccarelli, la Repubblica 29/8/2015, 29 agosto 2015
IL PREFETTO CON TRE LAVORI NELLA POLITICA STILE WOLF “RISOLVIAMO PROBLEMI”
Super prefetti, super eroi, super poteri, super tutto e il contrario di tutto (e di tutti).
Dalle più antiche divinità italiche ha origine, nella notte dei tempi, una creatura poi identificata come Giano bifronte perché dotata di due facce. Ai nostri giorni annunciano di continuo i potenti: “Ci metto la faccia”. Che si tratti spesso di una scorciatoia comunicativa è legittimo sospettare, ma tant’è.
Di sicuro c’è che per decreto Franco Gabrielli, il Prefettissimo, ha sfondato i confini della mitologia e di facce ce ne sta per mettere tre. Una è quella di rappresentante del governo nella capitale, che già basta a dargli un bel po’ di lavoro; la seconda faccia è quella di assistente e controllore del sindaco di Roma, in verità non molto presente, né troppo consapevole dei guai che affliggono l’Urbe, tanto che Dagospia l’ha ribattezzato “Ignaro” Marino. La terza faccia infine è quella che Gabrielli, ormai definitivamente uno e trino, dovrà metterci per accompagnare il Giubileo della Misericordia, su cui non è che le opere previste siano proprio in anticipo, anzi.
Si tratta insomma di tre diversi e assai gravosi compiti affidati nel giro di qualche giorno a una medesima persona che gode di un’unica fiducia preliminare quale depositaria di onnipotenza, onnipresenza e illimitata responsabilità.
Come si vede, e anche senza ricorrere alle categorie della teologia politica, Gabrielli assomma su di sè in prima persona caratteristiche proprie di una divinità - nel caso di Giano decisamente pagana. Non è chiaro come pur essendo un valido funzionario potrà farcela; né dove mai troverà il tempo per spacchettarsi in tre. Lui è mister Wolf di Pulp Fiction: “Risolvo problemi”. Ieri ha spiritosamente detto al Corriere che avrebbe bisogno di giornate di 36 ore. Ma dopo tutto, e restando nell’ambito delle esigenze fisiologiche, si è mostrato perfino ottimista. Considerati anche gli sforzi di concentrazione, con le necessarie pause e gli immancabili rinvii e contrattempi, 36 ore paiono pochine. Ma questi sono problemi pratici. I vantaggi delle tecniche di comunicazione risiedono nella capacità di oscurarli, rendendoli trascurabili, irrilevanti, secondari, prerogativa dei maliziosi o dei disfattisti.
La vera faccenda, a pensarci, sta piuttosto nell’automatismo con cui tale concentrazione di compiti in una sola figura viene ritenuta non solo accettabile nella sua normalità, ma anche e specialmente efficace sul piano delle realizzazioni e comunque senza alternative.
O così o niente, secondo i codici forti e istantanei di un Super Potere che a partire dagli anni 80, prima con Craxi, poi con Berlusconi e ora con Renzi, procede comunque dall’alto, in nome di un’ineluttabile modernità. E pazienza se pure Bertolaso, con il suo pullover blu, era il classico uomo solo al comando e infatti gestiva i terremoti e le beatificazioni, le alluvioni e i grandi eventi sportivi.
Contro gli itinerari tortuosi, gli sforzi di prevenzione e riordino, le inevitabili resistenze burocratiche e lungaggini corporative, ma in generale contro la molteplicità dei soggetti e dei centri di decisione, una vera e propria cultura si è ormai insediata nel vivo delle decisioni collettive sulla base di quei capisaldi che, come nel caso del Gabrielli trifronte, rispondono a decisionismo, verticalismo e personalismo.
Così la politica, sempre in affanno e smaniosa di risultati, nomina un povero faraone e lo pone in cima alla piramide; questi accetta, addirittura lusingato, e cerca di fare quel che umanamente può; in mezzo la frustrazione dei dignitari vira presto verso il silenzioso sabotaggio; in basso le moltitudini seguitano a coltivare il più comprensibile disinteresse. Nulla mette mai radici. Si va da soli diritti alla meta, presto e male.
Filippo Ceccarelli, la Repubblica 29/8/2015