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 2015  agosto 29 Sabato calendario

REGIONE PIEMONTE, CONTI TRUCCATI

Così fan tutti. Nel gioco delle tre carte della finanza pubblica le Regioni fanno i biscazzieri, i governi ammiccano, i controllori non controllano oppure arrivano quando i buoi sono già scappati.
A scoperchiare la pentola è la Corte Costituzionale. La sentenza riguarda il Piemonte ma gli accusati assicurano che gran parte delle Regioni si sono comportate allo stesso modo. In pratica un assalto alla diligenza, cioè alla Cassa depositi e prestiti. Il fatto: la Regione Piemonte, nel 2012-2013, presidente il leghista Roberto Cota, riceve, come le altre Regioni, un gruzzoletto che bypassa il piano di stabilità. Si tratta di una montagna di denaro, 2,55 miliardi di euro, che il governo allora guidato da Mario Monti decide di erogare (complessivamente una ventina di miliardi) attraverso la Cassa depositi e prestiti affinché le Regioni paghino finalmente i fornitori della pubblica amministrazione, in attesa da anni e col rischio di fallire. Uno sciroppo ricostituente nel momento di più aspra crisi dell’economia e di carenza di liquidità. Nei piani del governo questa immissione di denaro a favore di artigiani e imprese avrebbe dovuto avere un effetto di volano per l’economia asfittica.
Invece cosa succede? Le Regioni incamerano i finanziamenti ma anziché trasferirli alle imprese li usano per ridurre il deficit, cioè per proprie finalità, con buona pace della maggior parte dei fornitori che rimangono col portafoglio vuoto, ad aspettare. Certo, Cota può sbandierare a fine 2012 un risultato di bilancio sorprendente, il passivo che da 1,1 miliardi diminuisce a 363 milioni. Oltre ad annunciare che nel bilancio 2013 ci saranno risorse aggiuntive e quindi spese a go-go. A finire cornuti e mazziati sono i fornitori. Il governo è maldestramente aggirato? Sembra di no, perché Cota confessa a un sito web piemontese, Lo Spiffero: «Non solo l’impiego, ma anche le varie fasi del procedimento sono stati sempre condivisi con i ministeri dell’Economia. La situazione era tanto chiara quanto drammatica, c’era il buco ereditato dalla precedente amministrazione di centrosinistra guidata da Mercedes Bresso, c’erano i tagli da fare alla sanità. Quell’operazione serviva per far entrare nel nostro bilancio risorse che faticosamente eravamo riusciti a recuperare da Roma per sanare situazioni create dalla precedente giunta di sinistra. E questa impostazione era stata concordata con il governo».
Quindi, secondo Cota non solo la colpa è del centrosinistra ma il governo Monti (e poi quello Letta) erano consenzienti e tutti insieme, governo e Regioni, hanno usato la Cassa depositi e prestiti, allora presieduta da Franco Bassanini, come bancomat, adducendo un nobile motivo, la velocizzazione dei pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione, ma consapevoli che in realtà si sarebbero solamente turate le falle dei bilanci regionali.
Risultato: l’assestamento di bilancio 2013 è stato ora dichiarato illegittimo dalla corte costituzionale poiché quel gruzzolo è stato utilizzato in modo improprio. A poco è servita, in udienza, la difesa dell’allora presidente del Piemonte secondo cui il suo comportamento fu avvallato dai ministri dell’economia Vittorio Grilli (governo Monti) e Fabrizio Saccomanni (governo Letta).
È scritto nella sentenza della Corte Costituzionale, depositata il 24 luglio: «la liquidità, anziché essere impiegata per il pagamento dei debiti pregressi è stata acquisita nella disponibilità finanziaria dell’ente, finendo per alterare in modo non veritiero il risultato di amministrazione».
Dunque, una legge dello Stato, nata per porre rimedio agli intollerabili ritardi nei pagamenti, «ha subìto, per effetto della non corretta attuazione da parte delle disposizioni regionali impugnate, una singolare eterogenesi dei fini, i cui più sorprendenti esiti sono costituiti dalla mancata spendita delle anticipazioni di cassa, dall’allargamento oltre i limiti di legge della spesa di competenza, dall’alterazione del risultato di amministrazione, dalla mancata copertura negli esercizi futuri del deficit antecedente alle erogazioni Per quanto considerato deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale».
L’attuale governo è stato inflessibile, il ministro Pier Carlo Padoan s’è rivolto alla Consulta e se l’è presa innanzi tutto col Piemonte: colpirne uno per educarli tutti. Anche perché quella parte dei 20 miliardi distribuiti lungo la Penisola e che non sono arrivati ai fornitori chi li tirerà fuori adesso? Padoan non ne vuole sapere ma se di fronte ai creditori inferociti dovrà aprire i cordoni della borsa sarà un altro duro colpo all’austerity e al programma di abbattimento delle tasse annunciato da Matteo Renzi.
Il fatto è che Padoan è entrato direttamente in rotta di collisione coi suoi predecessori poiché pure l’allora vice-presidente della Regione nonché assessore al Bilancio, Gilberto Pichetto, giura: «Certo che c’erano contatti e agli uffici del dicastero conoscevano tutto quello che stavamo facendo e lo hanno condiviso. Non solo. Quel provvedimento è passato anche dal tavolo Massicci, l’organismo del ministero per il rientro dal deficit in Sanità con a capo Francesco Massicci e che verificava ogni spesa».
Invece la Corte dei Conti ha impugnato l’assestamento di bilancio e la faccenda è finita alla Consulta che ha sentenziato come quel comportamento abbia finito per fissare «in modo non veritiero il disavanzo d’amministrazione dell’esercizio 2013 nell’importo di euro 364.983.307,72» mentre il disavanzo veritiero risulta «di euro 2.554.603.200,01, non essendo possibile ridurlo attraverso la contestata modalità di copertura».
La patata bollente passa ora nelle mani del neo-presidente della Regione, Sergio Chiamparino, che dovrà vedere in che modo far quadrare i conti e che sbotta: «Cota e i leghisti dovrebbero smettere di sproloquiare sui social network e chiedere scusa ai piemontesi per i danni che hanno fatto». Prosegue la sentenza della Corte: «Il governo ha cercato di individuare soluzioni normative e finanziarie capaci di venire incontro alle esigenze delle imprese, avviando un’azione di graduale liquidazione dei debiti, attraverso modalità compatibili con le vigenti preclusioni di carattere finanziario. Ne consegue che quei fondi assegnati alle Regioni erano finalizzati a questo utilizzo e quindi ogni altro uso è da considerarsi improprio.
Il caso sta creando qualche sommovimento nella Lega, col neo-presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che dice: «L’impressione è che si approfitti dell’errore di qualcuno per attaccare tutte le Regioni». Cota respinge la colpa: «Con Zaia ci chiariremo». Intanto però il ministero dell’Economia sta verificando in che modo sono stati spesi quei finanziamenti in ogni Regione e già si profilano all’orizzonte altri casi-Piemonte.
Giorgio Ponziano, ItaliaOggi 29/8/2015