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 2015  agosto 29 Sabato calendario

CALCIO E SUOI DERIVATI

Che a lanciare l’allarme sia Arturo Vidal, il centrocampista cileno passato dalla Juventus al Bayern Monaco per 37 milioni, suona un po’ paradossale, ma le parole dell’ex bianconero ben fotografano l’attuale momento del calciomercato in Italia e in Europa. «Le cifre che girano sono fuori dal normale», ha affermato l’ex stella della Juve mercoledì 26 agosto ai microfoni della radio cilena Adn, aggiungendo: «Alcuni giocatori dovrebbero fare 3 o 4 gol a partita per essere pagati così tanto.
Sono cifre troppo alte. Nonostante i vincoli del fair play finanziario che, seppur recentemente ammorbiditi, continuano a imporre ai club di non spendere più di quanto incassano, la sessione estiva del calciomercato 2015/16 è stata contrassegnata da una corsa agli acquisti milionari. Un processo innescato dai club della Premier League inglese, che grazie ai faraonici contratti siglati con le televisioni, sono arrivati a spendere quasi 1 miliardo di euro, incassando grazie alle cessioni solo 522 milioni. Ma anche in Serie A, nonostante la situazione finanziaria di alcuni grandi club non sia affatto rosea, gli investimenti non sono certo mancati. Secondo le rilevazioni di Transfermarkt, a pochi giorni dalla chiusura ufficiale della finestra di mercato estiva, i 20 club di Serie A hanno investito complessivamente 527 milioni, incassando 468 milioni. A fare la parte del leone sono stati i campioni d’Italia e vicecampioni d’Europa della Juventus, che potendo contare su un bilancio più solido delle dirette rivali per lo scudetto, hanno messo sul piatto circa 115 milioni (di cui 32, più 8 di eventuali bonus, solo per il giovane talento argentino Paulo Dybala), incassandone quasi 70. Ma anche le due milanesi non sono state a guardare. Secondo le rilevazioni di Transfermarkt, Milan e Inter hanno investito in questa sessione di mercato rispettivamente 90 e 63 milioni. E se i rossoneri dovrebbero aver terminato lo shopping con l’arrivo dal Genoa del centrocampista Juray Kucka e con il ritorno in prestito dal Liverpool di Mario Balotelli, il conto relativo ai nerazzurri potrebbe essere presto aggiornato, nel caso dovessero concretizzarsi le trattative in corso con il Wolfsburg per Perisic e con il Paris Saint Germain per Lavezzi.
Ma ragionare semplicemente in termini di entrate e uscite non aiuta a cogliere il reale impatto delle operazioni di mercato concluse sui bilanci delle società. Se è vero infatti che la Juventus ha acquistato 7 nuovi giocatori per un valore complessivo di 115 milioni, è altrettanto vero che il peso sui conti 2015/16 del club presieduto da Andrea Agnelli, almeno dal punto di vista contabile, sarà di gran lunga inferiore, considerato che gli investimenti sui cartellini dei giocatori si ammortizzano a quote costanti (solo il Napoli utilizza un metodo differente) per il numero di anni di contratto.
Non solo, grazie alla cessione di Vidal il club bianconero ha realizzato una plusvalenza di 31,7 milioni, che dovrebbe compensare l’effetto negativo sul bilancio degli investimenti effettuati.
Ragionare, come spesso fanno i tifosi al bar, in termini di mero saldo tra uscite e entrate rischia di essere fuorviante anche per comprendere l’impatto del calciomercato sui conti dell’Inter di Erick Thohir, sotto osservazione dell’Uefa per lo sforamento dei vincoli del fair play finanziario. I 63,7 milioni in uscita fotografati da Transfermarkt non rappresentano infatti il reale valore dell’investimento effettuato dalla dirigenza nerazzurra per dare a Roberto Mancini una squadra in grado di competere per i primi tre posti e assicurarsi così un posto per la ricca Champions League. Gli investimenti dell’Inter appaiono infatti più modesti di quello che in realtà sono perché il club ha deciso di spesare gran parte degli acquisti effettuati non sul bilancio relativo alla stagione appena iniziata ma su quello successivo (2016/17). Bilancio che, se la scommessa di Thohir dovesse essere vincente, dovrebbe poter contare sui 40 milioni di ricavi in più garantiti dalla Champions. Per questo la dirigenza nerazzurra ha scelto di utilizzare per gran parte degli ultimi acquisti (solo Kondogbia e Murillo sono stati acquistati a titolo definitivo) una formula contrattuale che sta prendendo sempre più piede tra i club di Serie A: il prestito oneroso del giocatore con obbligo di riscatto a una cifra predeterminata. In questo modo il club può limitarsi a iscrivere tra i costi del bilancio relativo alla stagione in corso solo i costi legati al prestito, che di norma non sono particolarmente alti, iscrivendo poi a bilancio il reale costo del giocatore solo dalla stagione successiva. Una formula utilizzata per portare in maglia nerazzurra l’attaccante montenegrino Stevan Jovetic e il difensore brasiliano João Miranda e che dovrebbe essere impiegata anche per l’eventuale acquisto di Perisic.
Un’altra società di Serie A che ha fatto un uso smodato di questa formula contrattuale è la Roma di James Pallotta, l’altro club italiano finito sotto osservazione dall’Uefa per aver sforato i limiti del fair play finanziario. A parte Nainggolan, di cui i giallorossi hanno acquistato la seconda metà dal Cagliari per 9 milioni, e Iago Falqué (il prestito dal Genoa si trasformerà in acquisto a titolo definitivo dopo la prima presenza in gare ufficiali), tutti gli altri calciatori (Dzeko, Salah, Digne, Rudiger) messi sotto contratto dal ds Walter Sabatini sono arrivati a Roma con la formula del prestito oneroso che si dovrebbe trasformare in acquisto a partire dalla prossima stagione. In questo caso il condizionale è d’obbligo perché nei comunicati ufficiali della Roma, che è una società quotata in borsa ed è tenuta pertanto a dare una maggiore disclosure sulle operazioni di mercato rispetto agli altri club, si parla in tutti i casi di «diritto d’opzione per l’acquisto a titolo definitivo a decorrere dalla stagione sportiva 2016/2017».
Ma la dirigenza della Roma, al pari dell’Inter che ha fatto cassa per 35 milioni e abbellito i conti 2015/16 con una plusvalenza di 27 milioni grazie alla cessione di Kovacic al Real Madrid, è stata abile sul fronte del mercato in uscita. Anche in questo caso sperimentando nuove forme contrattuali più in uso nel campo del merger and acquisition di aziende che in quello del trading di calciatori. Emblematica in questo senso è stata la cessione di Alessio Romagnoli al Milan. Il giovane difensore, fortemente voluto dal tecnico rossonero Sinisa Mihajlovic, è stato ceduto a fronte di un corrispettivo fisso di 25 milioni di euro, che ha generato una plusvalenza di pari importo sul bilancio 2015/16 dei giallorossi. La Roma, che nell’ambito della trattativa puntava a incassare 30 milioni per Romagnoli, in caso di futuro trasferimento a titolo definitivo del difensore a un altro club, si è assicurata il diritto di ottenere dal Milan un importo pari al 30% del valore eccedente i 25 milioni. Una sorta di earn out tipico delle operazioni di cessioni d’aziende fatto dai fondi di private equity, che consente al venditore di beneficiare di eventuali rivalutazioni degli asset in caso di successiva rivendita.
Insomma, nonostante i tentativi di Uefa e Figc di rendere maggiormente trasparente il calciomercato e il suo impatto sulle finanze dei club, gli addetti ai lavori sono stati capaci di fare leva su nuovi accorgimenti per dilazionare nel tempo l’impatto degli acquisti, per abbellire i conti con plusvalenze grazie al trasferimento di giocatori. Il passaggio di Andrea Bertolacci, sempre dalla Roma al Milan, per 20 milioni, per esempio, ha consentito di iscrivere una posta contabile positiva sia sul bilancio dei giallorossi sia su quello del Genoa di Enrico Preziosi. Pur essendo il centrocampista un prodotto del vivaio giallorosso, nella sessione estiva del calciomercato 2012/13 la Roma aveva ceduto Bertolacci in compartecipazione al Genoa per 2 milioni di euro, realizzando già allora una plusvalenza di 875 mila euro, e riacquistandone contestualmente il 50% del cartellino per un milione. La comproprietà, prima che la Figc decidesse di abolirle, era poi stata rinnovata nelle successive due stagioni. Prima di cedere Bertolacci al Milan il club presieduto da Pallotta ha quindi dovuto sciogliere la comproprietà del giocatore, versando al Genoa 8,5 milioni (che ha così fatto una plusvalenza di 7,5 milioni, avendo pagato il 50% del cartellino un milione). Ma anche i giallorossi hanno avuto la loro bella fetta di guadagno. Il prezzo di carico di Bertolacci sui libri della Roma prima della cessione al Milan era infatti pari a 9,5 milioni (il milione pagato per il 50% e gli 8,5 milioni per sciogliere la comproprietà). Pertanto la plusvalenza dovrebbe attestarsi a 10,5 milioni (20 milioni - 9,5 milioni = 10,5 milioni).
Questa ritrovata voglia di investire di molte società di calcio italiane, che rimangono comunque alla prese con bilanci ancora non in equilibrio, non è passata inosservata ai piani alti della Figc. «Tanti club hanno speso moltissimo questa estate? Questa è l’ultima stagione senza regole chiare amministrative», ha avvertito pochi giorni fa il presidente federale Carlo Tavecchio. «L’anno prossimo vedremo chi sarà pronto e in regola. Chi non lo sarà, dovrà evitare acquisti e altri investimenti». Tavecchio, che dopo il fallimento del Parma, si è fatto promotore di un sistema di regole nazionali, sul modello del fair play finanziario della Uefa, non ha nascosto la sua preoccupazione sullo stato di salute dei club italiani. «Quest’anno abbiamo dettato le norme a valere nel futuro, altrimenti avremmo dovuto fare una cura da cavallo che avrebbe ucciso il cavallo stesso. Il prossimo anno sarà quello della resa dei conti, bisognerà presentare bilanci che hanno sostenibilità e conti economici che siano attivi».
Andrea Di Biase, MilanoFinanza 29/8/2015