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 2015  agosto 29 Sabato calendario

PERCHÉ LA YELLEN RISCHIA DI RIPETERE LO STESSO ERRORE FATALE DI TRICHET

È «ancora troppo presto» per dire che cosa farà la Federal Reserve a settembre in materia di tassi d’interesse. Lo ha detto Stanley Fischer ai microfoni di Cnbc venerdì 28 agosto. Secondo il vicepresidente della banca centrale americana, le condizioni che permetterebbero la fine della politica dei tassi a zero avviata nel dicembre 2008 sono abbastanza forti, ma la volatilità osservata sui mercati finanziari nelle ultime settimane influenza i tempi della decisione.
Fischer ha parlato da Jackson Hole, la località montana del Wyoming, dove era in corso la tradizionale riunione informale dei governatori delle banche centrali, dei ministri dell’economia e dei più grossi operatori finanziari del mondo. Una riunione dove spiccavano le assenze della presidentessa della Fed, Janet Yellen, e del numero uno della Bce, Mario Draghi. E così le luci dei riflettori si sono accese su Fischer, che nel corso della sua lunga carriera è stato anche governatore della Banca centrale d’Israele, dal 2005 al 2013. Stavolta il comitato di politica monetaria della Fed sembra essere spaccato in due. Il rialzo dei tassi alla riunione del 16-17 settembre era considerato molto probabile fino a quando lo scorso 11 agosto la Cina non ha annunciato di avere svalutato lo yuan. La mossa ha creato grande scompiglio sui mercati e ancora non si sa se la burrasca è passata. I piani della Fed erano stati esposti con chiarezza dalla Yellen: rialzo dei tassi entro la fine dell’anno, seguito da una pausa per valutare con attenzione gli effetti delle decisione, seguita da nuovi aumenti a ritmo moderato. Ma Pechino ha rimescolato le carte. Al punto che Lawrence Summers, segretario al Tesoro ai tempi dell’amministrazione Clinton, e Ray Dalio, numero uno di Bridgewater, il più grande hedge fund del mondo, hanno chiesto alla Yellen non solo di rinviare il rialzo dei tassi ma addirittura di lanciare il QE4. Mentre il presidente della Fed di New York, William Dudley, ha dichiarato che un aumento del costo del denaro a settembre è diventato «meno urgente». Ma secondo Jacob Frenkel, presidente di JP Morgan Chase, le turbolenze aumenterebbero in caso di rinvio del rialzo dei tassi: i mercati penserebbero infatti che la situazione è davvero difficile. Stesso ragionamento ha fatto il governatore della Banca del Giappone, Haruihiko Kuroda, secondo il quale l’aumento darebbe un segnale di fiducia sullo stato dell’economia Usa. E tuttavia c’è il rischio che alzando i tassi la Yellen commetta lo stesso errore dell’allora presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, quando il 3 luglio 2008 aumentò il costo del denaro di 25 punti base al 4,25%, preoccupato per l’aumento del prezzo del petrolio (il Wti era a 145 dollari, ora è a 45) e dei generi alimentari. Un intervento decisamente sbagliato. Si era nel pieno della crisi dei mutui subprime e due mesi dopo, il 15 settembre, Lehman Brothers finì in bancarotta, innescando un disastro da cui l’economia globale non si è ancora davvero ripresa. Un appuntamento al quale Eurolandia arrivò con un’economia in forte frenata anche per colpa del rialzo deciso da Trichet. In quell’occasione il presidente della Bce volle dare l’idea che la crisi finanziaria era sotto controllo e quindi l’Istituto di Francoforte doveva preoccuparsi solo dell’aumento dei prezzi. Per rassicurare i mercati, la Bce finì col darsi la zappa sui piedi. Ora la Yellen rischia di sottovalutare la crisi della Cina per lanciare lo stesso messaggio: tutto va bene madama la marchesa. Chissà che cosa ne pensano a Pechino.
Marcello Bussi, MilanoFinanza 29/8/2015