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 2015  agosto 28 Venerdì calendario

LA VERA STORIA DI MISTER POLLO


[Harland Sanders]

Infine fu il pollo fritto. La deprecabile storia gastronomica degli States conosce un picco di originalità con la ricetta del colonnello Sanders destinata a divenire una mania nazionale. La vicenda del Kentucky Fried Chicken e del suo vulcanico inventore, ora sono il piatto forte della nuova mostra permanente dello Smithsonian Institute di Washington Dc, la venerabile organizzazione governativa dedicata alla documentazione sociale. American Enterprise è l’esposizione multimediale che racconta la storia dello spirito d’impresa in America, dal Settecento ai giorni nostri. E una delle personalità meglio celebrate nelle sue sale è Harland Sanders, la cui vicenda umana e la cui parabola di businessman sono esemplari dell’irruento, ottimistico stile con cui tanti americani hanno cercato la fortuna nel XX secolo, contando solo sulle proprie energie, sull’intuito e sulla libertà di movimento che la nazione offriva loro.
Sanders è una leggenda e un’icona che ogni americano impara subito a riconoscere, con quella banderuola che sventola su ogni punto vendita del Kentucky Fried Chicken (il KFC) con lo sfondo rosso e il disegno del mitico colonnello coi capelli bianchi, il pizzetto, il doppiopetto candido e il cravattino a coda di rondine. Un logo fortunato e immutabile, dietro cui si nasconde un’avventurosa vicenda di ostinazione e fiducia nelle opportunità, che racconta, meglio di tante teorie, la privilegiata condizione di «americanità» grazie alla quale uomini e donne piegarono il destino alle loro aspirazioni di successo.
Harland Sanders nasce nel 1890 in una fattora dell’Indiana. Quando ha sei anni suo padre muore e, con la madre fuori a lavorare, tocca a lui cucinare per i fratellini. Presto la mamma si risposa e il patrigno lo spedisce da una zia a guadagnarsi da vivere. A scuola Harland non torna più, ma in compenso fa ogni genere di lavoro, nella tradizione della ruspante America del tempo. Entra nell’esercito, fa il fuochista sui treni, vende assicurazioni e pneumatici, diventa elettricista, gestisce un traghetto. A 40 anni suonati acquista una pompa di benzina a Corbin, Kentucky, sulla Statale 25. Camionisti e turisti di passaggio non fanno che lamentarsi, mentre si riforniscono da lui: «Da queste parti non c’è un posto decente per mangiare!». Harland non se lo fa ripetere: cucinare è la prima cosa che ha imparato. Butta giù nella rimessa un pavimento di linoleum e un paio di tavoli e comincia a servire pasti fatti in casa: prosciutto caldo, puré di patate e soprattutto pollo fritto. «Non potevo essere peggio dei ristoratori della zona!», ricorda nelle sue memorie. Presto la stazione di servizio si guadagna una bella reputazione per la bontà del suo cibo. Sanders chiude la pompa e converte il tutto in un ristorante vero. E intanto sperimenta in cucina. Il suo pollo speciale è cucinato con una ricetta segreta che comprende «11 erbe e numerose spezie», cotto in una pentola a pressione elettrica, per dare alla carne la giusta consistenza.
Col tempo Sanders diviene così popolare che nel 1950 il governatore del Kentucky lo nomina addirittura «colonnello», massima onorificenza dello Stato. E lui si cala nella parte, assumendo l’aplomb di un vero colonnello in pensione, secondo la più felice delle intuizioni pop. Nel ’52 raggiunge un accordo con l’amico ristoratore Pete Harman: questi potrà commercializzare il pollo cucinato alla sua maniera e usare il nome Kentucky Friend Chicken e a lui andranno 4 centesimi per ogni piatto venduto. Pete è un creativo: sarà sua l’idea di lanciare il caratteristico contenitore a «secchiello» per vendere grandi porzioni di pollo ed è sempre lui a inventare il motto finger-lickin’good, buono da leccarsi le dita. L’accordo tra lui e Sanders comunque non è un’esclusiva e Harland cede lo stesso diritto ad altri ristoranti in giro per il Paese. Sembrano piovere soldi, ma sono solo di passaggio: il governo federale modifica il tracciato della Statale 25 e taglia fuori Corbin dalle sue mappe. Complici altri investimenti sbagliati, in pochi mesi Harland è rovinato. Nel ‘56 vende il locale e sembra avviato a una malinconica pensione. Ma non è nella sua natura. Il Colonnello ricomincia da capo: «Per me» ricorderà «mollare non è un’opzione. L’unico problema è da dove ripartire».
Con la moglie carica sull’auto pentole a pressione e condimenti misteriosi. Comincia a girare il Paese: entra nei ristoranti, offre di cucinare il suo pollo e vende la ricetta al proprietario. Per risparmiare, dorme in macchina. Va in cerca di piccole trattorie familiari, gli piace trattare con «quelli che lottano», come li chiama lui. «Mi accoglievano bene e io ho ricambiato trasformando molti di loro in milionari».
Nel 1963 sono 600 i ristoranti che offrono KFC, ma ancora non esiste una vera catena, regolarmente depositata. È l’investitore Jack C. Massey a intuire le potenzialità dell’impresa: nel ’65 acquista per due milioni di dollari (pari a 15 di oggi) i diritti di sfruttamento del marchio e le ricette segrete di Harland. Presto in tutto il Paese compaiono i ristoranti take away che preparano il famoso pollo. Sanders ha già 75 anni e, accettando di fare il testimonial a vita della sua invenzione, ottiene un salario extra di 75 mila dollari e un posto nel consiglio d’amministrazione. Oggi i biografi sostengono che abbia capitalizzato poco, visti i riscontri del prodotto. Ma le cronache raccontano il relativo disinteresse di Sanders per la dimensione industriale della sua creatura. Fino alla fine, il Colonnello resterà invece maniacalmente attento a preservare la peculiarità che pubblicizzava nei suoi vecchi slogan: «Serviamo il piatto della vera ospitalità americana», oppure «Sette giorni alla settimana, il pollo della domenica».
Oggi KFC è parte del colosso del fast food Yum! Brands, lo stesso che controlla Pizza Hut e Taco Bell. Sanders muore nel 1980 e stenterebbe a credere che il suo ristorante oggi ha 20 mila punti vendita in tutto il mondo, di cui 5.000 in Cina. A Corbin gli hanno eretto una statua e qualche anno fa è stato ritrovato il libro che non ebbe tempo di pubblicare. Dentro non c’è la ricetta del suo imbattibile pollo, ma le lezioni di vita del Colonnello che non divenne ricco quanto avrebbe potuto, se gli fosse importato davvero.
Storie come quella del Kentucky Fried Chicken, dei suoi attori e delle loro trovate, sono materia prima per capire le metamorfosi dell’America da sonnolento Paese agricolo in superpotenza economica. Questione di spirito d’iniziativa, individualismo e audacia, inseguendo quel famoso «sogno americano» che presto sarebbe divenuto un luogo comune. Cose che oggi vengono celebrate e festeggiate da una grande mostra. Che si rivela l’effetto di una grande nostalgia. E, soprattutto, un’appassionata dichiarazione d’amore.
Stefano Pistolini