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 2015  agosto 27 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - ALTRI MIGRANTI TROVATI MORTI IN UN TIR IN AUSTRIA


REPUBBLICA.IT
BUDAPEST - Tragedia dell’immigrazione in Austria: da 20 a 50 rifugiati sono stati trovati morti in un tir abbandonato lungo l’autostrada orientale A4 tra il Burgenland Neusiedl e Parndorf. I migranti sarebbero rimasti asfissiati nel cassone. L’episodio arriva dopo l’ennesima strage nel Canale di Sicilia: ieri sono state trovate morte 51 persone su un’imbarcazione diretta dalla Libia all’Italia.
In una conferenza stampa, gli inquirenti austriaci hanno spiegato che c’è il sospetto che i profughi fossero morti già da un giorno e mezzo o due. Sarebbero morti prima di varcare il confine tra Ungheria e Austria. Il camion era fermo su una piazzola d’emergenza sull’autostrada orientale A4, tra le città di Neusiedl e Parndorf. Alla guida non c’era nessuno. La polizia sta dando la caccia al conducente del veicolo, del quale non si ha alcun indizio. Il camion ha richiamato l’attenzione degli agenti perchè da varie ore era fermo. Il capo di Gabinetto del premier ungherese Viktor Orban ha fatto sapere che la targa del veicolo è ungherese, intestata ad un cittadino romeno. La polizia ungherese sta lavorando con le autorità austriache per scoprire che cosa sia accaduto e chi sia responsabile dei decessi dei migranti.
Migranti, decine trovati morti in un tir in Austria
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Appello all’unità dalla Ue. Da parte della Commissione Ue è arrivato un appello all’unità, davanti alla tragedia. In una nota si invocano "azioni comuni e solidarietà tra tutti": "C’è la necessità urgente che tutti gli Stati membri sostengano le proposte avanzate dalla Commissione, anche chi sinora è stato riluttante". Si sottolinea inoltre come ci si trovi di fronte "non a una crisi italiana, greca, franco-tedesca ungherese, ma europea".
Il ministro dell’Interno austriaco, Johanna Mikl-Leitner, ha chiesto all’Ue di istituire subito dei centri di accoglienza sui confini dell’Unione europea "per permettere il trasferimento in sicurezza di profughi nei 28 stati membri". Poi ha aggiunto: "Questo è un giorno buio, è necessaria tutta la forza e tolleranza zero contro i trafficanti di esseri umani".
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha espresso la propria solidarietà, amicizia e vicinanza al Cancelliere austriaco Werner Faymann di fronte alla drammatica notizia dei morti asfissiati nel camion. "Una morte assurda, che sconvolge la coscienza di ognuno di noi e che sottolinea, una volta di più se ce ne fosse ancora bisogna, la centralità e l’urgenza del tema dell’immigrazione in una Europa dove tornano ad erigersi muri".
Migranti, decine trovati morti in un tir in Austria: "Asfissiati in un cassone"
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"Siamo tutti sconvolti dalla notizia agghiacciante dei profughi morti nel tir. Questo è un ammonimento all’Europa a offrire solidarietà e a trovare soluzioni", ha affermato la cancelliera tedesca Angela Merkel a Vienna alla conferenza sui Balcani occidentali. Poi aggiunge: "Troveremo il modo di distribuire il carico e le sfide in modo equo". Poco prima era intervenuto anche il ministro dell’Interno tedesco Thomas De Maiziere che ha ribadito in una conferenza stampa a Berlino "l’urgenza dei centri in Grecia e Italia" da allestire entro la fine di questo anno. Un invito che era arrivato pochi giorni fa anche dalla stessa Merkel e dal presidente francese Francois Hollande.
Migranti asfissiati, Merkel: "Siamo tutti scossi, l’Europa deve intervenire"
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"Abbiamo un obbligo morale e legale di proteggere i rifugiati" e serve un "approccio europeo" alla gestione della crisi in corso, ha affermato l’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini, che ha rivelato che si sta lavorando a nuove proposte, con l’elaborazione di "una lista comune di Paesi d’origine sicuri e un meccanismo di ricollocazione".
Record di arrivi in Ungheria. Intanto la rotta balcanica continua ad essere presa d’assalto dai migranti. Le previsioni espresse dall’Unhcr nei giorni scorsi sembrano trovare conferma nella realtà: nelle ultime 24 ore, secondo quanto riferito dalla polizia magiara, tremila migranti (tra cui 700 bambini) hanno raggiunto l’Ungheria. Si tratta del numero maggiore di arrivi in un solo giorno in Ungheria, dove dall’inizio dell’anno sono entrati 140 mila migranti della rotta balcanica, più del doppio rispetto all’intero 2014. Secondo il governo ungherese si potrebbe arrivare alla cifra di 300mila migranti alla fine dell’anno.
Nonostante la decisione di Budapest di erigere la barriera metallica lungo il confine con la Serbia (nei piani del premier Orban dovrebbe essere terminata il 31 agosto) i migranti riescono comunque ad oltrepassare il confine, e per questo le autorità hanno disposto l’invio di ulteriori 2.100 poliziotti alla frontiera, con cani, cavalli e l’appoggio degli elicotteri.
Il partito del premier Viktor Orban intende inoltre chiedere al Parlamento l’autorizzazione all’invio dell’esercito per bloccare l’enorme flusso migratorio.Secondo la polizia tale incremento di arrivi si spiega con il desiderio dei migranti di raggiungere l’Ungheria prima del completamento del muro "difensivo" previsto entro la fine di agosto.
Ieri la polizia ungherese ha lanciato gas lacrimogeni contro i profughi siriani nell’affollato campo d’accoglienza di Roszke, presso la frontiera con la Serbia. Gli scontri sono scoppiati dopo il rifiuto dei migranti di farsi registrare e prendere le impronte digitali, nel timore di essere poi costretti a chiedere asilo a Budapest, mentre il loro obiettivo è raggiungere il nord Europa.
Il grande afflusso di migranti sulla rotta balcanica, iniziato con l’approdo di migliaia di persone sull’isola greca di Kos, ha messo a dura prova Serbia e Macedonia, chiamate a fronteggiare un evento di difficile gestione. Oggi Belgrado e Skopje hanno chiesto un piano d’azione all’Unione Europa per rispondere alla crisi. "A meno che non abbiamo una risposta europea a questa crisi, nessuno si deve illudere che possa essere risolta", ha detto il ministro degli Esteri macedone, Nikola Poposki, intervenendo al vertice, in corso a Vienna, tra la Ue ed i Paesi balcanici.
La questione dell’immigrazione è ovviamente al centro del "Western Balkans Summit", secondo vertice del "Processo di Berlino" avviato con la conferenza dello scorso agosto. Vi partecipano capi di Governo e ministri di 6 Paesi dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Serbia), di Germania, Austria, Francia, Italia, Croazia e Slovenia, ed inoltre il presidente della Commissione Ue, l’Alto Rappresentante Ue per gli Affari Esteri e il Commissario UE per l’Allargamento. Per l’Italia è presente il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni.


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CRONACA
LA GIOR NA TA
Migranti, strage infinita 51 morti sul barcone In arrivo 20mila profughi
Uccisi dalle esalazioni dei motori mentre attraversavano il Canale di Sicilia Soccorsi 10 gommoni, salvati in 3 mila.Centri per rifugiati al collasso
ROMA.
Alba di urla e disperazione nel Canale di Sicilia, per un’altra strage annunciata. Sono morti tutti i 51 migranti che erano stati rinchiusi dai trafficanti di uomini nella stiva di un peschereccio. Uccisi dalle esalazioni dei motori. «Chi tentava di uscire veniva picchiato», ha raccontato uno dei 439 che hanno viaggiato sul ponte, sono stati salvati dai marinai della nave svedese Poseidon. È stata una corsa contro il tempo per soccorrere i 3.000 migranti individuati ieri mattina su dieci imbarcazioni malandate. Anche tre donne sono morte, una era incinta. Non hanno resistito alla traversata.
Un esodo dal Nord Africa senza precedenti. Che non si fermerà: il Viminale prevede infatti altri 20 mila arrivi entro fine settembre. Mentre la macchina dell’emergenza rischia di entrare in crisi. E bisogna cercare al più presto altri spazi per ospitare i migranti.
Le ultime indagini dei magistrati siciliani dicono che i trafficanti di uomini in Libia si stanno attrezzando velocemente per recuperare altri barconi. Intanto, i migranti vengono stipati fino all’inverosimile, anche nelle stive. L’hanno confermato alla polizia di Ragusa alcuni siriani sbarcati a Pozzallo: «Ci hanno chiusi nella stiva - dice un uomo- e quando abbiamo capito che potevamo morire soffocati abbiamo sfondato la botola per potere prendere aria e respirare». Così, è stata evitata un’altra strage. Anche alcuni minori arrivati a Catania dopo essere stati salvati da una nave militare croata hanno raccontato le stesse scene agli operatori di Save the children. «Per uscire dalla stiva e prendere un po’ d’aria dovevano pagare». E chi si provava a protestare veniva picchiato. Così è accaduto anche ai 49 migranti morti nella strage di Ferragosto. Lo hanno rivelato in tribunale alcuni dei sopravvissuti, che nell’ambito di un incidente probatorio hanno riconosciuto gli otto scafisti: il comandante è un libico di 20 anni, gli altri hanno da 16 a 23 anni. Sono le nuove leve del traffico di uomini, che continua a ritmo serrato.
Con una nuova tecnica, spiegano gli investigatori della squadra mobile di Palermo: gli scafisti non arrivano quasi più a destinazione con il loro carico, sanno delle pesanti condanne che rischiano in Italia. Così, abbandonano l’imbarcazione a metà viaggio, lasciando i migranti al loro destino. Per il nuovo esodo che si prevede, in crisi rischiano di andare anche le procure di Palermo e Catania, impegnate in prima linea in questa emergenza. E pure le squadre mobili, che si occupano quotidianamente di lotta alla mafia.
(vla.po.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
I SOCCORSI
Uno dei barconi soccorsi dalla Guardia Costiera di Lampedusa al largo della Libia

Come tutti gli altri che sono in quella stiva di sei metri per quattro, altezza un metro e venti. (I MORTI DI FERRAGOSTO)

In questi giorni, il vecchio investigatore è tornato tante volte - neanche lui ricorda più quante - a vedere i volti di questi uomini morti nella strage di Ferragosto, sono adagiati dentro una grande cella frigorifero della nave norvegese Seim Pilot. Il poliziotto è tornato a guardarli uno ad uno quei volti dopo aver passato in rassegna gli oggetti che avevano in tasca le vittime, per tentare di scoprire un particolare ancora delle loro vite. Alla fine, solo sei uomini sono stati riconosciuti dai propri familiari che viaggiavano sul ponte del barcone. (IDEM)


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CRONACA
Il retroscena.
Scatta l’allarme per l’aumento dei flussi: “Partiranno finché ci sarà bel tempo”.Allo studio anche l’ipotesi di attrezzare aree industriali non utilizzate
Anche ex carceri per l’accoglienza ecco il piano del Viminale
VLADIMIRO POLCHI
ROMA. L’ondata d’arrivi non rallenta. La piena è prevista ancora per un mese. Il Viminale suona l’allarme: «Fino al 30 settembre prevediamo l’ingresso di altri 20mila nuovi profughi». Per questo si è pronti a tutto. Se la rete d’accoglienza dovesse collassare, si apriranno vecchie caserme, aree industriali in disuso e perfino ex penitenziari, a cominciare dal carcere di Morcone, in provincia di Benevento.
Da mesi i tecnici del ministero dell’Interno non nascondono le preoccupazioni. Le cifre vengono aggiornate quotidianamente. A ieri i migranti giunti in Italia nel corso dell’anno hanno raggiunto quota 111.354: per lo più eritrei (29.019), nigeriani (13.788), somali (8.559), sudanesi (6.745) e siriani (6.324). Dunque in gran parte migranti che hanno diritto a una qualche forma di protezione internazionale. Il sistema d’accoglienza è già al limite: attualmente ospita 93.608 profughi, tra centri governativi e strutture temporanee regionali. Le regioni sostengono il carico maggiore con ben 64.224 migranti ospitati sul loro territorio. Le più investite sono la Sicilia (che accoglie il 16% dei migranti), la Lombardia (13%), il Lazio (9%), la Campania (8%), il Piemonte (7%) e il Veneto (7%).
Ma ciò che allarma maggiormente è la tendenza degli ultimi giorni. «Dopo i 4mila profughi soccorsi in mare pochi giorni fa — ragionano dal Viminale — si pensava che il flusso avrebbe cominciato a rallentare, invece no. Assistiamo anche oggi (ieri, ndr ) a nuove ondate di arrivi. Non solo. Aumentano le vittime e i trafficanti si fanno sempre più feroci, anche senza apparenti spiegazioni, come se avessero fretta di liberarsi del grosso del “carico” entro l’estate». In autunno infatti, col peggioramento delle condizioni atmosferiche, gli arrivi via mare solitamente rallentano. «Ma nel prossimo mese la pressione non dovrebbe alleggerirsi ». Non è tutto.
Il Viminale monitora con attenzione altri due fenomeni, che stanno caratterizzando gli ultimi arrivi. Primo, il flusso via mare di cittadini marocchini: migranti economici, che solitamente non hanno diritto all’asilo. «È da tempo che non accadeva — confermano dal ministero — probabilmente la chiusura della frontiera con la Spagna li ha spinti su una nuova rotta verso l’Italia. Ma i marocchini li rimandiamo tutti a casa, abbiamo infatti un buon accordo di riammissione con il Marocco». Ancora più allarmante è l’altro fenomeno, che impegna il sistema d’accoglienza: il flusso imponente di arrivi di minori stranieri non accompagnati. Per lo più 16-17enni egiziani. Nazionalità solitamente soggetta a espulsione. «Ma i minori sono soggetti vulnerabili, la legge ci impedisce di rimandarli indietro fino al raggiungimento della maggiore età».
Di fronte a questo flusso costante di arrivi, il nostro Paese resta in attesa delle decisioni che dovrebbero essere prese la prossima settimana con riunioni a livello tecnico a Bruxelles, proprio per andare incontro alle difficoltà di Italia e Grecia. Dal Viminale esprimono poi «grande apprezzamento per la decisione presa dalla Germania di sospendere il regolamento di Dublino per i siriani in arrivo», ma sanno che ancora per un po’ dovranno farcela da soli. «Non possiamo fare sconti a nessuno, sindaci, prefetti, governatori di regione dovranno fare la loro parte, secondo il sistema delle quote approvato nel 2014».
All’orizzonte resta la possibilità di attivare immobili pubblici inutilizzati. «Non solo quelli messi a disposizione dal ministero della Difesa, come ex caserme — precisano dal ministero dell’Interno — ma anche strutture degli enti regionali, come centri di sviluppo industriale fermi o mai utilizzati». E ancora: beni confiscati alla mafia, soprattutto in Calabria. E poi, immobili di proprietà del ministero della Giustizia. Un esempio? «Potrebbe essere presto utilizzata la struttura dell’ex carcere di Morcone, in provincia di Benevento, mai entrata veramente in funzione».
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In Calabria saranno usati come campi anche gli immobili sequestrati alla mafia
Migranti sbarcati a Palermo



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MONDO
LA GIOR NA TA
Il pugno della Merkel contro i razzisti
Duro discorso della cancelliera a Heidenau dopo gli scontri anti-profughi: “Contro gli stranieri violenza abietta” Ma è tensione con un gruppo di abitanti del luogo: “Sei una traditrice”. Contestazione della destra xenofoba
DAL NOSTRO INVIATO
GIAMPAOLO CADALANU
BERLINO. Per una fetta di Germania, la cancelliera è una «traditrice»: così l’hanno chiamata, adottando uno slogan del movimento anti-islamico Pegida, alcuni abitanti di Heidenau, dove Angela Merkel è voluta andare ieri per ripetere che non ci sarà tolleranza per gli «atti di abietta xenofobia». Nel momento più caldo della crisi dei profughi, dopo aver appena bacchettato insieme con il francese Hollande i partner europei che non fanno la loro parte, e dopo aver ieri mattina varato un pacchetto finanziario pari a un miliardo di euro per gli enti locali, perché affrontino adeguatamente l’emergenza, la Merkel ha deciso di sottolinearlo senza esitazioni: la Germania ha preso impegni robusti, legati al suo ruolo economico-politico ma anche alla sua storia, e dunque nessun rigurgito di razzismo verrà tollerato. E non ci poteva essere miglior tribuna che la cittadina dove alcune centinaia di neonazisti ubriachi hanno ingaggiato una battaglia con la polizia per le strade per impedire l’arrivo degli autobus di profughi. Alla cancelliera i nostalgici gridavano: «Noi siamo il branco», in riferimento ironico alle parole di condanna usate nei giorni scorsi dal vicecancelliere Sigmar Gabriel. La Merkel non si è fatta intimorire: «Non ci sarà tolleranza per quelle persone che offendono la dignità degli altri, né per quelli che non vogliono dare una mano quando aiuto legale e umano è richiesto», ha detto alla gente di Heidenau: «Più lo sottolineiamo, più saremo forti».
Ma la crisi dell’estate 2015, mettendo a dura prova anche la capacità di accoglienza tedesca, sta stimolando anche la parte peggiore del Paese.
L’estrema destra xenofoba ha deciso di approfittare del disagio e sta rilanciando le sue offensive violente.
Nella notte di martedì uno sconosciuto ha cercato di appiccare il fuoco a un ostello per stranieri a Lipsia. A Parchim la polizia ha arrestato due persone armate di coltello penetrati in un’altra struttura di accoglienza.
Gli stessi profughi accolti ad Heidenau hanno confessato alla stampa di voler andar via quanto prima, magari per cercare una sistemazione nella Germania ovest: «Lì ci sono meno pericoli di attacchi razzisti».
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La cancelliera Angela Merkel

settimana scorsa sono entrati in Ungheria 1500 profughi al giorno, ieri ne hanno contati 2.500. Dall’inizio dell’anno, nel paese di Orbán sono approdati 140.000 rifugiati. Il capo della polizia, Karoly Papp, ha varato un corpo di duemila uomini per pattugliare il confine con sei raggruppamenti e mezzi speciali: «Non avranno l’ordine di sparare », assicura. Bontà sua. Bastano gli sciacalli che offrono passaggi a tariffa, piccoli trafficanti di esseri umani in miniatura, a raccontare il peggio dell’Europa di frontiera.

LA STAMPA DI OGGI
«Nessuna tolleranza per chi mette in dubbio la dignità di altri uomini e non è pronto ad aiutare quando è richiesto da umanità e diritto». Queste sono le parole chiare e forti pronunciate da un capo di governo incurante delle contestazioni e degli insulti. E alle parole sono seguite iniziative molto concrete. Questa è la cancelliera Angela Merkel.
La Germania accoglierà tutti i profughi dalla Siria, anche quelli entrati nell’Ue dall’Italia, dalla Grecia, dall’Ungheria. In deroga alla norma (cosiddetta di Dublino) secondo cui i profughi dovrebbero rimanere nel Paese di arrivo. Non è un dettaglio burocratico: è la correzione ragionevole di una norma fissata a suo tempo, in modo astratto e formalistico, che si è rivelata di fatto contraria ai criteri di «umanità e diritto», di cui - in teoria - va fiera l’Europa. (GIAN ENRICO RUSCONI)

GRIGNETTI
Occorrerebbe un disegnatore alla Gustave Doré per raccontare al mondo quel che accade sui barconi della disperazione. Per farci capire come piccoli gusci di legno si possano trasformare in gironi danteschi. Con centinaia di corpi che si stringono l’uno all’altro e dove però ci sono disgraziati di serie A e disgraziati di serie B. Già, perché se si è neri di pelle, se si viene dal Mali o dal Gambia o dal Senegal, su quei barconi si finisce immancabilmente nelle stive.
Questione di soldi, ma anche di razzismo. Lì nelle stive i libici sistemano i ragazzi che vengono dall’Africa nera, i sottouomini, i «black-black». Sopra, a respirare lungo la traversata, ci stanno invece i siriani, i tunisini, gli egiziani. E sono questi ultimi - è drammatico raccontarlo - che si trasformano in aguzzini dei loro compagni di sventura. Nelle traversate sono quelli che stanno fuori a tenere a bada quelli che stanno dentro. E che poi muoiono come mosche.
I racconti che la Squadra mobile di Ragusa, guidata da Antonino Ciavola, raccoglie da un anno a questa parte a ogni sbarco sono orribilmente uguali. Tragedie seriali, si potrebbe dire. Non per questo meno drammatiche.
L’ultima serie di interrogatori, ieri, raccontano di 200 migranti che erano chiusi nella stiva di un barcone da 14 metri, con altri 200 sopracoperta, e che si sono ribellati e sono riusciti a svellere i boccaporti per respirare «quando ci siamo accorti che stavamo per morire senza l’aria». Particolare drammatico: da sopra hanno lasciato fare perchè c’era lì vicino una prima imbarcazione della Guardia costiera. Non hanno temuto che la risalita dalla pancia del peschereccio potesse compromettere la linea di galleggiamento. Anche se si fosse ribaltato lo scafo, c’erano pronti i marinai italiani. E per una volta si è evitata un’ennesima strage di asfissiati.
«Il demonio»
Ecco, l’asfissia. Gli investigatori della polizia non credevano alle loro orecchie, un anno fa, quando hanno sentito per la prima volta che se 49 persone erano morte nella stiva era perché «posseduti dal demonio». Lo diceva il primo, lo diceva il secondo, lo diceva il terzo. E alla fine gli investigatori hanno capito, aiutati dai testi di medicina legale: nulla di demoniaco, i testimoni raccontavano i sintomi dell’asfissia. In casi del genere, con troppa gente in poco spazio, al cervello comincia a scarseggiare ossigeno, così le persone dapprima gridano, pregano, implorano sempre più forte perché hanno bisogno di aria nuova; dopo poco, però, comincia una frenesia mortale che anticipa la morte. Le braccia e le gambe si muovono da sole, le teste sbattono in maniera meccanica. Molti perdono di lucidità e picchiano a sangue contro il legno delle paratie.
Legati mani e piedi
Quello che c’è nei verbali di polizia è un racconto raccapricciante. Intanto, mentre quelli che stanno sotto vanno incontro alla morte, quelli sopra li osservano sgomenti e non sanno che pensare. Vedono solo degli africani che si agitano sempre più. E li considerano «invasati». Ne hanno paura. Nel caso della strage scoperta un anno fa, i soccorritori trovarono molti morti che avevano mani e piedi legati con lacci di fortuna. Si pensò che fosse un’estrema crudeltà degli scafisti. Emerse che a legarli erano stati gli altri passeggeri perché choccati dagli spasmi dei morituri. Per questo motivo la procura di Ragusa ha rinunciato a perseguire gli scafisti di omicidio. A rigore, nessuno di loro aveva ordinato di legare e tenere quei disgraziati in stiva. Ma anche se fu un gesto di folle autodifesa, di crudele scelta tra vita e morte, sono quelli che mettono questi scafi in mare i veri responsabili di queste morti.
Ieri i sopravvissuti di Ragusa hanno fatto arrestare i due scafisti, un marocchino e un tunisino. Quest’ultimo contava su un rimpatrio coatto a spese dell’Italia. A casa lo aspettava il saldo per il suo lavoro, 2500 euro. Il gruppo criminale che ha organizzato la traversata in un colpo solo ha guadagnato 700mila dollari.

CORRIERE
ANDREA PASQUALETTO
Non siamo al porto di Amburgo e il tariffario non è propriamente una preisliste , fissa e indiscutibile. Per i trafficanti libici di Zuwara conta anche il colore della pelle e se è nera il destino è segnato: stiva. La Squadra Mobile di Ragusa, la più esperta in tema di migranti del mare con i suoi 98 scafisti arrestati nel 2015 e gli oltre 300 indagati in due anni, ha elaborato una sorta di prezzario, molto elastico ma orientativo, che prende in considerazione diversi parametri: tipo di imbarcazione, posto, equipaggiamento e origine del migrante. Poco importa se fugge da guerre o carestie o se parte per un sogno.
I migranti dell’Africa nera devono fare i conti anche con un certo razzismo dei mercanti costieri che riserva la «cambusa» ai disperati del Sud, eritrei, etiopi, sudanesi, somali, nigeriani, ghanesi, ivoriani, senegalesi, uomini donne e bambini dell’area subsahariana che prima di attraversare stremati il mare di Sicilia hanno attraversato quello di sabbia. Prezzo? Dai 750 ai 1.500 dollari. Dipende da vari fattori: il momento, il peschereccio, i rischi, l’umore del trafficante, quello più indefinito della sua organizzazione e dal connection man , da colui cioè che si occupa di mettere in contatto la gente di un certo paese con i signori del mare. Costoro finiscono sottocoperta, nel posto dove i pescatori libici gettano normalmente il pesce. Posto assai rischioso per via dell’aria che manca e delle esalazioni di idrocarburi che possono trasformare l’ambiente in una trappola senza via di scampo. «Stiamo parlando di imbarcazioni in legno, con uno spazio vitale di circa 16 metri quadri. Le autopsie effettuate in questi mesi parlano chiaro: asfissia per carenza di ossigeno. Nel 2014 solo a Pozzallo sono arrivati in 73, intendo cadaveri», faceva recentemente il quadro Nino Ciavola, il Capo della Mobile di Ragusa che si occupa di migranti da tre anni e mezzo. Ma i disperati delle stive, secondo lui, non sono nemmeno l’ultima categoria di chi tenta la traversata della vita. Ci sono infatti quelli dei gommoni per il trasporto fluviale e mercantile, qualche Zodiac. Qui il rischio è l’inabissamento per il peso eccessivo. Elemento che viene scontato nel prezzo: dai 500 ai 600 dollari.
Attenzione: in questo panorama ci sono delle eccezioni. Alcune di carattere «orientale» che mescolano i giovani bengalesi agli africani e altre dovute a fattori imprevedibili, per cui nei posti peggiori finiscono talvolta anche i maghrebini. Come testimonia Giovanna Di Benedetto, volontaria di Save the children, che ieri a Catania ha avuto modo di parlare con 33 ragazzi egiziani appena sbarcati: «Erano minori non accompagnati. Hanno raccontato di aver fatto la traversata nella stiva e che se volevano uscire per prendere una boccata d’aria dovevano pagare».
Nel mare dantesco i «privilegiati» sono i siriani. Loro normalmente hanno studiato, conoscono i pericoli dell’acqua e, soprattutto, hanno più dollari a disposizione. Viaggiano così sopra coperta, anche perché il prezzo è decisamente più alto. Il tariffario si fa quindi più articolato. «Si va dai 2.500 ai 3.000 dollari in media a persona. Si tratta di famiglie allargate, anche di 20-25 persone. Se possono si muovono così, i siriani. I prezzi vanno dai 500 euro per il bambino ai 3.000 del capofamiglia». È compreso il necessaire per sopravvivere: acqua pane e biscotti. Esistono gli optional: «Il life jacket viene 200 euro, il satellitare 1.000». C’è un top: «Alcuni siriani, per ragione di sicurezza, prendono lo yacht in Turchia, verso Antalya. In questo caso il costo va dai 6 agli 8 mila euro».
Mentre nelle stive, ammassati come gli schiavi dell’Ottocento che lasciavano l’Africa per le Americhe, ondeggia la folla dei dannati. Se va bene trovano una nave salvifica che li porta in Sicilia. Se va male, bussano sopra coperta, ribussano. Poi iniziano a urlare. E muoiono.

MARIA SERENA NATALE
Quando in Notre-Dame de Paris il campanaro Quasimodo strappa Esmeralda all’impiccagione, la porta in cima alla cattedrale e la solleva sul mare di folla gridando «Asilo». Esmeralda è salva. Sulla soglia di Notre-Dame, scrive Victor Hugo, «cessava ogni giustizia umana».
Da sempre rifugio degli ultimi e dei perseguitati, l’asilo è un pilastro del diritto internazionale, regolato da un ampio corpo di convenzioni e protocolli. L’istituto giuridico che nella recente storia europea ha soccorso figure come Thomas Hobbes, Cartesio e Voltaire, oggi torna al centro del dibattito sulle norme Ue incapaci di fare ordine e garantire la dignità dei rifugiati. La Germania di Angela Merkel ha appena fatto ricorso alla «clausola di sovranità» per sospendere in stato d’emergenza e limitatamente ai cittadini siriani l’applicazione del Regolamento di Dublino, pietra angolare del sistema d’asilo europeo. L’urgenza di ripensare Dublino è stata riaffermata ieri dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni intervistato dal Corriere . «Dublino III» ed «Eurodac II» sono i regolamenti del 2013 che rappresentano la versione più aggiornata di un’architettura nata con la Convenzione del 1990 e modificata con «Dublino II» nel 2003. Si tratta in sostanza di un insieme di norme e meccanismi con il quale l’Unione Europea stabilisce su quale Stato ricada la competenza per l’esame delle richieste di protezione internazionale. «Eurodac» è un database comunitario di impronte digitali.
Il controverso principio base è quello del Paese di primo accesso: salvo eccezioni, l’onere spetta «in primis» allo Stato che abbia svolto il maggior ruolo rispetto all’ingresso e al soggiorno del richiedente asilo in territorio Ue. L’obiettivo principale è evitare che più Stati si ritrovino a trattare una stessa domanda. In questo modo però il sistema scarica una pressione insostenibile sulla «prima linea»: Italia e Grecia, alle quali nelle ultime settimane si è aggiunta anche nelle dichiarazioni ufficiali di Bruxelles l’Ungheria del premier nazionalista Viktor Orbán, che forte di un implicito ruolo di «baluardo» sta alzando un muro di filo spinato al confine con la Serbia. Paese di primo accesso teme di diventare ora anche la Bulgaria che ha appena schierato blindati e guardie di frontiera. Dublino si fonda su presupposti astratti che hanno subito ceduto al peso della realtà. Pur ampliando i dispositivi per una maggiore tutela dei diritti, soprattutto dei minori, «Dublino III» ha mantenuto tutti i limiti che rendono la gestione delle pratiche disfunzionale e inumana. Nell’Unione non esistono infatti livelli omogenei di protezione: tempi e condizioni di accoglienza variano da Stato a Stato e i criteri «oggettivi» fissati non tengono conto delle esigenze dei migranti, spesso decisi a raggiungere familiari già in Europa, in alcuni casi trattenuti in veri centri di detenzione. Da anni Italia e Grecia sono accusate da Paesi come Germania e Svezia — che mantengono il record d’accoglienza perché la maggior parte dei rifugiati finora arrivava con «tradizionali» viaggi in aereo — di non registrare i migranti e lasciarli proseguire verso il Nord. Proprio per dare sollievo agli Stati di primo accesso è stato pensato il «sistema hotspot» dell’Agenda Immigrazione Ue: una serie di centri per il controllo e la registrazione gestiti dalle forze nazionali in cooperazione con le agenzie comunitarie. Soluzione parziale e già superata dagli eventi. Un ulteriore passo verso la revisione di Dublino è il piano tedesco in dieci punti «per una nuova integrazione della politica europea dell’asilo» appena presentato dal vice cancelliere Sigmar Gabriel e dal ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier. Ancora uno strappo della Germania ormai leader nella gestione di una crisi che è una corsa contro il tempo. L’ultima tragedia è quella di un 15enne somalo soccorso da una nave di Medici senza frontiere. Prima di prendere il mare era stato torturato, non ce l’ha fatta.
Maria Serena Natale