Notizie tratte da: Renzo Paris, Il fenicottero. Vita segreta di Ignazio Silone, Ed. Elliot Roma, pp. 333, 19,50 euro., 27 agosto 2015
LIBRO IN GOCCE NUMERO 69
(Il fenicottero. Vita segreta di Ignazio Silone)
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IGNAZIO SILONE FRA STENTI E GRAN LETTERATURA –
Secondino.Secondino Tranquilli, alias Ignazio Silone, nato a Pescina dei Marsi, provincia de L’Aquila, il 1° maggio 1900, figlio di Paolo, possidente, e di Marianna Delli Quadri, donna di casa.
Silone . Lo pseudonimo Ignazio Silone, ispirato a Poppedio Silo, capo della resistenza dei Marsi nella guerra contro Roma, e a Ignazio, il santo di Loyola. Via Poppedio Silo era anche la strada in cui Secondino aveva abitato a Pescina, poi diventata via Fontamara.
Cafoncello. «Prima del terremoto… Silone era un ragazzo di strada, con la camicetta e pantaloncini sporchi, scarpe rotte. Molto discolo. Il padre era morto di tisi. Il fratello Domenico, di cinque anni più grande, era afflitto da morbo di Pott con gobba. La madre, Mariannina, gestiva un negoziuccio. Secondino era un cafoncello “Giamburrasca” che tirava sassi con la fionda» (Panfilo Giorgi, Radiografia di Ignazio Silone).
Terremoto. Il terremoto della Marsica, che rase al suolo Pescina, Avezzano e altri borghi, uccise la madre di Silone (rimasta schiacciata sotto una trave) e ferì il fratellino Romoletto, che rimase giorni sotto le macerie. Secondino si salvò mettendosi a cavalcioni su un’architrave.
Prete. Spedito da don Orione in giro per collegi, prima a Roma, poi a Sanremo, infine a Reggio Calabria, ne uscì molto provato. In una lettera alla nonna: “Dovevo diventare prete anche se non sentivo più niente? Come faccio a raccontarti quel che succedeva nei collegi? I marsicani li odiano, leggevo sui muri del cesso Marsi cani… Andavo bene a scuola, ma mi facevano pagare anche quello, nonna!”.
Stenti. Rientrato a Roma nel 1919, continuò la sua attività clandestina accanto a Gramsci ma visse di stenti. A mezzogiorno una zuppa di latte, la sera una minestrina. Alcune volte sentiva i crampi della fame e allora recitava il Dies irae in marsicano: «Diasilla diasilla! Senti i corp cumma strilla e strilla pe ragione perché non ha fatto collazione!».
Commissario. La collaborazione con il commissario Guido Bellone, un debole per i ragazzi soli, durata anni. Silone gli passava informazioni sul partito in cambio di uno stipendio da centocinquantamila lire. Scriveva in terza persona e si firmava Silvestri. Quando non riuscì a salvare il fratello Romoletto, socialista pure lui, dal carcere e dalla morte, decise di mettere fine al doppio gioco.
Piano.«Io mi trovo in un punto molto penoso della mia esistenza. Il senso morale… non mi fa dormire. La mia crisi di esistenza non ammette che una sola via d’uscita: l’abbandono completo della politica militante… Vivere ancora nell’equivoco mi è impossibile. Io ero nato per essere un onesto proprietario di terre nel mio paese. La vita mi ha scaraventato lungo una china alla quale ora voglio sottrarmi. Ho la coscienza di non aver fatto un gran male né ai miei amici né al mio paese… Lei, data la sua funzione, si è sempre comportato da galantuomo. Perciò le scrivo questa ultima lettera perché lei non ostacoli il mio piano». Firmato Silvestri (lettera di Secondino da Locarno al commissario Bellone).
Fontamara.Da “Nuova Antologia”: «Scrissi Fontamara nel 1930, durante la crisi che mi condusse fuori dal Partito Comunista… in Russia potei constatare che il regime comunista era esattamente l’opposto di quello che noi sognavamo … Per alcuni di noi divenne dunque intollerabile rimanere in quel movimento e con un vero strazio… avvenne la separazione. Mi rifugiai in Svizzera… a Davos, dato che anche il mio fisico era malridotto. Mi trovavo solo, senza denaro, senza passaporto. In quelle condizioni cominciai a scrivere Fontamara… Scrivere per me era un bisogno, un modo di ricordare. I ricordi… erano la mia forza, poiché in essi era la riserva morale e direi anche religiosa con la quale affrontare le avversità della vita».
Moravia. Nel 1932 andò in Engadina per conoscere Alberto Moravia, che soggiornava in una pensione. Lo trovò a letto con la febbre. “L’ho conosciuto” raccontò Moravia “si fermò sulla porta, mi disse chi era e se ne andò. Non scambiammo una parola”.
Giorgio Dell’Arti, Il Sole 24 Ore 21/8/2015