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 2015  agosto 27 Giovedì calendario

SE SBAGLIARE I NUMERI È IL MALE MINORE

Doveva succedere. Prima o poi, nella sarabanda di dati che vengono pubblicati con periodicità e che servono a misurare lo stato di salute del nostro Paese, l’errore poteva capitare. Martedì il ministero del Lavoro ci ha visto doppio, e così il numero dei contratti a tempo indeterminato attivati tra gennaio e luglio di quest’anno, in più rispetto allo scorso anno, sono diventati 630.858 anziché 327.758. Dal ministero si fa notare che, anche correggendo i dati, resta indiscutibile l’effetto positivo degli sgravi per le assunzioni stabili. «Stanno aumentando in maniera importante i contratti a tempo indeterminato e crollano le collaborazioni» ha spiegato il ministro Giuliano Poletti. Trascurando forse che il dato più deludente del rapporto del ministero, che non è stato smentito, né precisato, sono quelle 47 assunzioni a tempo indeterminato in più, al netto delle stabilizzazioni. In una parola: l’occupazione si stabilizza ma non aumenta. Forse per questo avrebbe senso legare la decontribuzione, qualora, come sembra, dovesse venire prorogata nella prossima legge di Stabilità, al fatto che riguardi posti di lavoro aggiuntivi. Costerebbe di meno e forse centrerebbe l’obiettivo. Il condizionale è d’obbligo perché, come è noto, le imprese non si caricheranno mai di lavoratori in più se non avranno la certezza che l’economia è davvero ripartita. Sarà per questo che la verifica periodica dei dati è diventato un appuntamento così ossessivo. Tutti cercano il segno di una ripartenza che ancora non c’è. Ma la prova che questi dati inequivocabili non ci sono ancora sta nell’assoluto equilibrio tra quanti li possono legittimamente commentare in positivo e quanti invece, altrettanto legittimamente, ne deducono pessimi segnali. Insomma, finché il paziente non si alzerà dal letto, si potrà dire che sta riprendendo forze. Oppure che, ahimè, è messo molto male.