Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 27/08/2015, 27 agosto 2015
BRUNO SOGNA INES E IL MARE SI VENDICA
Spesso i racconti e i romanzi di Goffredo Parise si aprono con definizioni stagionali molto precise, come se lo scrittore sentisse, come prima esigenza, quella di dare alla narrazione un’impronta atmosferica che poi determinerà il corso delle cose, influenzando l’agire dei personaggi. Ecco l’incipit del suo libro giovanile, Il ragazzo morto e le comete: «Questa è una sera d’inverno. Prima che il buio e il gelo arrivino...».
I Sillabari, la raccolta di racconti apparsa sul Corriere tra il 1971 e il 1972, sono quasi equamente divisi tra mesi caldi e mesi freddi. Uno di questi si intitola Mare, ma il mare quasi non si vede. L’estate è per Parise, con poche eccezioni, una bella occasione perduta. Il mare è lì, si sa che c’è, ma non si vede. Tranne una volta, quando l’operaio quarantenne Bruno, vedovo, che in agosto si trova in villeggiatura solitaria a Jesolo, dove ha trovato un posticino per la sua tenda in un affollato campeggio, indossa il costume e decide di scendere al lido: «La spiaggia e anche il mare, piatto come la spiaggia, erano pieni di gente ma egli fece lo stesso un piccolo bagno tentando di vedere il fondo ma senza riuscirci a causa appunto delle alghe rossastre».
Bruno distende l’asciugamano in uno spazio libero, si sdraia e dorme fino al tramonto. «La spiaggia era quasi deserta e sul mare a piccola distanza un bragozzo veneziano, con la vela color arancione e un grande sole a lingue di fuoco dipinto sulla vela, si allontanava in quel momento con un suono di trattore». Dunque Bruno torna alla tenda e si fa la doccia. Ignorando il mare, impiegherà i giorni che gli restano per inseguire la bella Ines in pizzeria, in birreria, al luna park. Un’illusione, perché dopo un fugace contatto, il 18 agosto Ines e le sue amiche partiranno lasciandolo solo con Corvo Selvaggio, il buttafuori del camping Metropolis. Si risentono, con Ines, e promettono di rivedersi il 31 di dicembre per festeggiare insieme il capodanno. Quando arriva il giorno dell’appuntamento, vicino a Jesolo, Ines non c’è. Per consolarsi, la mattina dopo Bruno va a rivedere i posti della sua vacanza, senza trovare nulla di quel che ricorda, solo un mare «furioso con grandi onde e spume» che sembra volersi vendicare della sua indifferenza estiva. L’estate è una nostalgia,
qualcosa di molto concreto e insieme di astratto, una sensazione fisica che finisce per svaporare, come sono molti dei Sillabari di Parise. Nostalgia è un altro racconto estivo, in cui Laura, una donna sulla quaran-
tina dal «carattere allegro e facile alle illusioni della vita», si sta preparando per una gita sul cocuzzolo di una collina dall’aria fina. Un clima non di beatitudine, avverte Parise, ma almeno increspato di serenità avvolge spesso i suoi racconti. Dal piccolo ospizio per vecchi adibito a pensione di vacanze, Laura si incammina con una improbabile brigata di villeggianti, lasciando al gioco il figlio dodicenne, aspirante bombarolo clandestino.
Sono canti e incanti del paesaggio: «Il cielo era uno di quelli sereni di agosto, quasi bianchi, dove il sole come diluito nell’aria non si guarda e non si vede, i profumi delle erbe e degli escrementi degli animali molto forti, gli alberelli di bacche verdissimi e quasi unti, i praticelli sassosi coperti di puntini volanti e ronzanti tra i quali, di tanto in tanto, come una madre superiora appariva una farfalla nera». L’escursione però viene interrotta dal boato di un’esplosione che arriva dal paese. Il figlioletto di Laura ha trovato la combinazione chimica giusta per minacciare il campanile.
Ma è con il racconto intitolato Estate che l’estate scopre la sua essenza evanescente e più dolorosa. C’è uno slittamento temporale che spiazza: «Un giorno di ottobre sul battello Ischia-Capri un uomo appoggiato al parapetto di prua contro il vento e il sole guardava fisso e senza pensiero il blu del mare e le spume bianche». L’uomo dice: «L’estate è finita». E poi: «Chissà dove sarà», immagina di avere al suo fianco una figurina di donna, la giovane moglie che non vede più da anni, e da quella presenza immaginata parte il vertiginoso flash back di una remota (e felice) giornata a Capri.
È la prima estate con la ragazza diciannovenne, una giornata magica che culmina in un pomeriggio da sogno, dopo il lauto pranzo consumato sulla terrazza «Da Luigi»: «Dormirono abbracciati su un materassino su uno scoglio, coperti da un asciugamano di ciniglia blu, con un grande delfino, un bordo giallo e una piccola iniziale. Anche lui dormì (meno), con la guancia appoggiata a quella di lei già un po’ madida». Arriva il tramonto, si tuffano in acqua, passano la notte insieme tra bianche lenzuola tenendosi per mano. Era luglio, venne agosto e l’estate passò lasciando una nostalgia d’amore. Una dolce occasione mancata, come sempre.