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 2015  agosto 27 Giovedì calendario

La storia Il tuttofare dei canestri saluta la «sua» Nazionale «Odi, amori, vizi e fughe» L’uomo che sussurra agli azzurri

La storia Il tuttofare dei canestri saluta la «sua» Nazionale «Odi, amori, vizi e fughe» L’uomo che sussurra agli azzurri. Nella dolcezza istriana, tersa e malinconica, di Portorose, il tono della voce basso e gli occhi che si strizzano di passione e commozione nel ricordo dei suoi 40 anni al servizio del basket, nella Federazione italiana pallacanestro, sotto 6 presidenti (Coccia, Vinci, Petrucci, Maifredi, Meneghin e oggi ancora Petrucci) e 6 c.t., che lui chiama sempre per nome: Sandro (Gamba), Valerio (Bianchini), Ettore (Messina), Boscia (Tanjevic), Charlie (Recalcati) e Simone (Pianigiani). E un uomo, nominato sempre e solo come «signor Rubini». Claudio Silvestri è il capo delegazione che accompagnerà le speranze dell’Italia a Berlino per l’imminente Europeo. Sarà l’ultima volta: 66 anni, Silvestri andrà in pensione a dicembre. «Non mi annoierò: ho una piccola società di quartiere, il Gruppo Sportivo Esquilino con 400 ragazzi di ogni età ed etnia, da mandare avanti con mia moglie». E racconta delle sue 481 partite con la Nazionale, di ori, argenti e cocenti delusioni. Delle sue origini contadine a Gualdo Cattaneo nei Monti Martani, cuore verde dell’Umbria: «Sono cresciuto sui trattori». Il primo incontro con il basket perché sua sorella aveva sposato Maurizio Martolini, grande arbitro. Prima chiamata in Fip, nel 1973; poi nel 1978 arriva Gianni Petrucci, come segretario, che lo chiama alle squadre nazionali con Massimo Blasetti: «Assunto da Petrucci, andrò in pensione con Petrucci. Il cerchio si chiude». Università (geologia) e basket. Fatiche improbe, a volte: «I rimborsi spese per gli azzurri si facevano cash. Partivo con il mio gruzzoletto, prendevo un tavolino e liquidavo le spese brevi manu: solo Renatone Villalta mi faceva penare, inventandosi lunghe e improbabili percorrenze per raggiungere il raduno». Lontane tenerezze: «Tito Vrbas (ex Jugoslavia), campionato europeo juniores: Enzino Esposito idolo della Vojvodina perché ogni momento libero lo passava al campetto del paese a giocare con i ragazzi». E ancora, quando…? «Quando soffrivo, negli anni in cui la Nazionale era come fare il militare e tutti cercavano di evitarla». «Quando, nel lamentare la difficile gestione di Andrea (Meneghin) e Carlton (Myers), il signor Rubini mi liquidò con un lapidario: i bravi ragazzi cantano nel coro della chiesa». «Quando venne il 1998, l’anno orribile, il più difficile: Myers faceva la pubblicità per il Tartufone e aveva divorziato dalla moglie, cose che Tanjevic, nel suo integralismo, non gli perdonava. Gli scontri avvenivano in territorio neutro: la mia stanza. Contemporaneamente Andrea Meneghin era in fase di ribellione: sfidava tutti con la famosa maglietta Ailati, che era Italia al rovescio». «Ma anche il pianto di gioia e le risate, quando, dopo lo splendido oro europeo di Parigi 1999, Carlton dedicò la vittoria a me che ero in lacrime. Oppure quando il Grinta Dell’Agnello sosteneva che negli hotel americani alla mattina presto, al posto del lattaio, passasse “il bruttaio” che selezionava il personale e quelli brutti li caricava sui camion per spedirli oltre il confine messicano». E ancora, chi o cosa…? «Dino Meneghin: non c’era aeroporto al mondo dove non ci fosse qualcuno ad aspettarlo. Gianluca Basile, che mia moglie avrebbe voluto come figlio. Costa, Magnifico e Brunamonti… Uno solo non sono riuscito a capire: Stefano Rusconi». E poi e poi…: «Le storielle di Boscia Tanjevic su Muyo e Suyo, il saggio e lo sciocco del folklore balcanico, Boscia che perdeva due chili a ogni allenamento, lasciando immaginare quel che faceva ai ragazzi». «Come potrei dimenticare Gregor Fucka, l’airone di Kranj? Amore e odio, mi faceva impazzire a cercargli il latte di soia, i cuscini senza piume e le tavolette da mettere sotto il materasso». E oggi? A Berlino? «Il risultato ha troppe variabili, ma questa Italia è pronta. La pietra angolare, anzi la pietra focaia che può accendere la squadra, è Danilo Gallinari. Per tutti l’iper-professionalità e la cura dei dettagli di Pianigiani».